Cinquant’anni fa, un critico “emunctae naris” (che in Orazio significava dal naso fine, ma che ormai insinua il sospetto di puzza sotto il naso) recensiva il mio “apocalittici e integrati”, dove tra l’altro si analizzavano i fumetti di Charlie Brown, di Krazy Cat ma anche di Superman. Il critico lamentava che, per analizzare fenomeni di cultura bassa si usassero strumenti tipici della cultura alta, e diceva che lo strumento deve essere adeguato all’oggetto, come se uno studio di criminologia dovesse procedere a coltellate.
Poi paventava che Platone ed Elvis Presley diventassero entrambi degni di considerazione, e vaticinava: «Non so se questi ideali corrano il pericolo di realizzarsi. Ma se questo accadesse, fra pochi anni la maggior parte degli intellettuali italiani produrrà films (sic), canzoni, fumetti... mentre su tutte le cattedre universitarie giovani docenti analizzeranno i fenomeni della cultura di massa».
Non erano oracoli. Di fatto in quell’inizio anni Sessanta Calvino e Fortini scrivevano già canzoni, Pasolini e Robbe-Grillet facevano films (sic), e in certe università si studiavano le comunicazioni di massa. Ma forse nessuna energia oracolare avrebbe consentito al critico di immaginare che le scorse settimane nella sala Napoleonica dell’Università Statale di Milano si sarebbe celebrato il cinquantenario della nascita di “Linus”, la gloriosa rivista di fumetti (e anche d’altro) ideata e a lungo diretta da Giovanni Gandini, e nata nella storica libreria Milano Libri.
Lo stesso giorno veniva presentato il bel libro di Paolo Interdonato (“Linus. Storia di una rivoluzione nata per gioco”, Rizzoli-Lizard, 20 euro) dove della ormai storica rivista si ricostruiscono le vicende, l’ambiente milanese, e l’influenza che ha avuto su una generazione (almeno). Quella proposta di fumetti di qualità, patrocinata nel primo numero da Vittorini e Del Buono (Charlie Brown, Pogo Possum, Li’l Abner, Dick Tracy, ma a poco a poco Crepax e Hugo Pratt), oltre alle pagine disegnate ha incrociato con i suoi articoli gli umori del sessantotto e di altre vicende.
Aveva senso prendere sul serio Charlie Brown? L’ho sempre pensato, ma vorrei ricordare il mio unico incontro con Schulz, poco prima della sua scomparsa, in un bar di Parigi, dove egli voleva ringraziarmi per la mia antica prefazione al primo libro di Charlie Brown, che il “New York Review of Books” aveva ripreso trent’anni dopo. Cosa mi ha domandato Schulz quasi subito? Che cosa pensassi di Gesù Cristo. Non ricordo che cosa ho risposto, probabilmente qualche ovvietà, ma in quel momento mi si è rafforzata la convinzione che Schulz non fosse solo un disegnatore di simpatiche figurine, ma un poeta con preoccupazioni filosofiche.
Ma andiamo più indietro nel tempo. Come accadeva che Gandini e amici, a inizio anni Sessanta, amassero quei fumetti americani che in Italia nessuno pubblicava? È vero che all’edicola Algani di piazza della Scala a Milano si potevano trovare comics americani, ma erano in genere storie di Superman o dei Fantastic Four, oltre ai Paperini del grandissimo Carl Barks. È vero che uno poteva andare in America e vedere le strisce sui quotidiani. O poteva averle viste nelle mani dei primi liberatori americani, come era accaduto anche a me. Ma subito nel 1945 a Roma, prima che finisse la guerra, era apparso un giornalino, “Robinson”, che riportava le storie di Dick Tracy, Li’l Abner, Terry e i Pirati di Caniff, L’Agente Segreto X9, oltre al grande Will Eisner, eccetera. La rivista ha avuto vita breve (potete consultare www.glamazonia.it/old/articoli/ archeo/robinson.htm); quelle proposte erano troppo nuove per incontrare il gusto dei ragazzi, né degli adulti, che allora non leggevano fumetti.
Ma, come è capitato a me tredicenne, potrebbe essere accaduto al gandini sedicenne di scoprire lì per la prima volta quei fumetti proibiti. Vai a sapere, Gandini è scomparso, e io ho ritrovato a fatica alcune copie di “Robinson” (ormai carissime) sulle bancarelle. Il critico “emunctae naris” non prevedeva che sarebbe iniziata non solo la filologia ma anche l’archeologia (e il collezionismo) del fumetto.