Quando le telecamere inquadrano in tribuna Aurelio De Laurentiis, imperturbabile pure se Gonzalo Higuain ha reso possibile l’impossibile, poco distante da lui spicca istituzionale, sorriso represso ma soddisfatto assai, il sindaco Luigi de Magistris. Immancabile. Sempre allo stesso posto, evidente scelta scaramantica, come la cravatta gialla di Adriano Galliani. Certo, prima che sindaco, Giggino è tifoso, e poi è giusto che stia lì con il suo popolo, e pure a vigilare sull’andamento di una delle prime aziende della città per fatturato, immagine e rilievo internazionale.
E però la sua presenza al San Paolo inevitabilmente riporta agli antichi intrecci tra calcio e politica, soldi e consenso, affari e divertimento sui quali si sono esercitate le meglio penne e dei quali Napoli è da sempre teatro scoppiettante. Certo, non sono più i tempi di Achille Lauro, primo imprenditore, primo cittadino e padrone del Napoli Calcio che prima della partita faceva il giro del campo sorridendo alla folla plaudente e sventolando un fazzoletto bianco. E comunque, oggi come allora, dal pallone si attendono diversivi rasserenanti e pure soddisfazioni che in altre attività appaiono invece alquanto magre.
Tempo fa due big della finanza, entrambi in cerca di un salto di qualità e di una nuova immagine, indipendentemente l’uno dall’altro consultarono esperti e guru della comunicazione e si sentirono dare lo stesso consiglio: se inseguite una notorietà planetaria, e magari anche un modo di pesare in politica, comprate il Napoli. Un affare. Rifiutarono entrambi, forse si sono pentiti. Ma l’idea che il calcio sia anche altro è opinione tanto ovvia quanto diffusa. E non solo per gli scandali, da Calciopoli alle scommesse per arrivare all’ultima inchiesta sulle fatturazioni false. Spesso il pallone è stato raccontato come il detonatore, o il frutto, della rinascita di una città, anche se in realtà è sempre stato arduo combinare eventi, personaggi e protagonisti.
Il Napoli, per esempio, ha vinto lo scudetto nei campionati 1986-87 e 1989-90 ma il miracolo si deve più ai piedi di Maradona che ai sindaci D’Amato, Vitiello e Lezzi, socialisti, certo volenterosi, ma che non hanno lasciato di sé particolare traccia. È vero anche che pochi anni dopo - regnante Bassolino, al quale Ciampi regalò il G7 - la città conobbe nuovi splendori (calcio detonatore, allora?), ma è anche vero che in quello stesso 1994 cominciò per Napoli un’emergenza rifiuti che presto la ripiomberà all’inferno. E allora? Anche la Roma ha vinto due scudetti più o meno nelle stesse stagioni, 1982-83 e 2000-01. La prima volta in Campidoglio sedeva il comunista Ugo Vetere e all’Olimpico dominava Paulo Roberto Falcao; la seconda, imperavano Francesco Rutelli e Francesco Totti, un bravo sindaco e un potente capitano: proprio allora Rutelli tentò la corsa alla premiership, ma gli andò male; poi la Roma ha ripreso ad arrancare e Roma a degradare tra Mafia capitale e prefetti dell’eterna emergenza.
E ancora. Di Milano si dice che abbia testé conquistato il titolo di capitale grazie a Expo e non solo, ma il Milan non ha mai avuto tanti guai come oggi. E a proposito di Berlusconi, nel 2005, premier e presidente dei rossoneri, vide la sua squadra, reduce dallo scudetto, umiliata dal Livorno tornato in serie A dopo mezzo secolo tra gli applausi del livornese Carlo Azeglio Ciampi. Livorno sembrò cambiata, ma il sogno durò solo due anni. Nel 2011 il Milan si riprese lo scudetto ma il Cav perse Palazzo Chigi avviandosi al declino. A Torino, invece, Fiat o Fca, Agnelli o Marchionne, la Juve, ahinoi, è sempre la Juve. E dunque?
A Napoli, stavolta, oltre al profumo di scudetto c’è anche vento di novità. La Apple, infatti, assumerà seicento giovani per un incubatore di startup con sede in città. Se poi si pensa alle nuove stazioni della metropolitana, al restauro del Duomo e del Museo Archeologico e alla rinascita di Pompei ed Ercolano, ci sarebbe materia per sperare nella svolta (e allora pure nello scudetto…). Ma certo nel caso della Apple hanno pesato più la moral suasion di Matteo Renzi su Tim Cook e lo spauracchio delle tasse, che gli assist di Lorenzo Insigne. E però ci si augura che magari sia proprio la Apple ad avviare un circolo virtuoso più di quanto possano Sarri e De Magistris, e a far risorgere intorno a nuove società dell’innovazione giovani cittadini impegnati e appassionati.
In quanto ai tifosi, per loro il calcio è solo il calcio e chi ci rinuncia o non lo capisce, peggio per lui. Come mirabilmente sintetizzava la scritta apparsa sul muro di cinta del cimitero di Poggioreale subito dopo la conquista dello scudetto e l’apoteosi di Diego Armando: «Che vi siete perso!».
Twitter @bmanfellotto
Periferie21.02.2025
Dopo le Vele cosa verrà