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Opinioni
marzo, 2016

Renzi di fronte alla sfida di Draghi

La Bce mette ancora a disposizione denaro ?a costo zero per banche e imprese. Il governo deve dire cosa vuol fare per favorire gli investimenti

Investire, investire, investire… si diceva la volta scorsa su questa pagina (“l’Espresso” n.10). Crescere, crescere, crescere… è il messaggio lanciato ora verso Bruxelles dal presidente del Consiglio. Molto bene, ma indicare il fine (la crescita) non assolve dal compito di affrontare con pragmatismo il nodo essenziale dei mezzi per raggiungerlo: gli investimenti appunto. Anche perché oggi è proprio su questo terreno che lo scenario europeo appare alquanto variegato, confuso, talora contraddittorio.

Per parte italiana, per esempio, non è ancora del tutto chiaro se l’insistenza di Renzi sul tema abbia l’obiettivo contingente di ottenere lo scorporo delle spese per investimenti dal computo del deficit annuale ovvero anche quello più ambizioso di promuovere una svolta nella politica economica dell’Unione in materia. I due traguardi non sono certo antitetici fra loro, ma i caparbi custodi dell’ortodossia contabile potrebbero considerare qualche concessione sull’immediato come un buon argomento per rinviare a chissà quando ogni discorso sull’esigenza pressante di promuovere un efficace piano europeo di rilancio degli investimenti. Occorre, quindi, fare attenzione al rischio che incassando un euro oggi se ne possano poi perdere parecchi domani.

Nel gioco politico-economico comunitario gli inganni e le false soluzioni sono sempre in agguato. Lo si è visto con il fantomatico piano Juncker che dei suoi sbandierati 315 miliardi di nuovi investimenti ne ha finora messi in moto una minima e risibile percentuale. Si dirà che era evidente fin dal principio che quel “piano” era fumo negli occhi visto che si fondava sulla fantomatica previsione di poter raggiungere la fatidica quota 315 partendo da un finanziamento iniziale di 21 miliardi effettivi. Resta il fatto che tutti ci hanno creduto o comunque fatto finta di crederci pur di chiudere la partita della nomina del suddetto Juncker a presidente della Commissione di Bruxelles. E ancora oggi, seppure con qualche scarto polemico per ora virtuale del fronte socialista, si continua a credere nell’incredibile per non agitare troppo le acque stagnanti del compromesso politico su cui regge il governo dell’Unione.

Tant’è che l’unico atto davvero “rivoluzionario” in questa morta gora europea è venuto ora da un’autorità istituzionale, slegata dai giochi della politica contingente: la Banca centrale europea. In particolare, attraverso una delle misure annunciate i giorni scorsi: quella che offre al sistema bancario denaro a tasso zero, arricchito da un contributo aggiuntivo, agli istituti che lo utilizzeranno per fare credito all’economia reale. Una stima affidabile dice che per questa via potrebbero arrivare sul mercato oltre 320 miliardi di euro in tempi relativamente brevi. Cifra che da sola, oltre che per la fluidità del meccanismo, non solo scavalca ma ridicolizza tutto l’impianto del citato piano Juncker.

Una simile mossa da parte di Mario Draghi muta non poco il quadro della situazione per una serie di ragioni. Primo, perché certifica che le prospettive economiche nell’eurozona sono così allarmanti da giustificare scelte radicali e inaudite. Secondo, perché conferma che il rilancio degli investimenti è il principale nodo da sciogliere. Terzo, perché così sottolinea l’inconsistenza di tante defatiganti discussioni politiche su costi e benefici dell’austerità contabile. Quarto, perché con questa decisione si mettono in mora al tempo stesso autorità politiche e protagonisti del mercato creditizio e imprenditoriale.

Quella della Bce, infatti, si configura come una sfida, il cui eventuale insuccesso tuttavia potrà essere imputato soltanto ad altri soggetti. Alle imprese se non chiederanno denaro per progetti credibili, alle banche se non vorranno avvalersi di questa straordinaria opportunità, ai governi nazionali e locali se non sapranno promuovere iniziative di stimolo per investimenti privati e pubblici insieme. A proposito del crescere, crescere, crescere... sarebbe utile capire come Matteo Renzi intenda muoversi nella prateria aperta da Mario Draghi.

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