Chiediamo all’Egitto verità per Giulio. Ed è sacrosanto farlo. Ma siamo l’unico Paese d’Europa a non avere una legge contro le brutalità di Stato

Quanti modi ci sono per dire che un uomo o una donna sono stati vittime di tortura? Infiniti. Ma potremmo, volendo, anche omettere la parola tortura. E potremmo, volendo, anche far passare quella tortura per un atto legittimo in determinate condizioni. E potremmo, volendo, anche far finta che il reato di tortura non esista. O potremmo, volendo, far arenare la proposta di legge sul reato di tortura in Parlamento, in modo che il reato non esista davvero. Potremmo però utilizzare il termine tortura perché ci piace pensarci in prima linea nella difesa dei diritti delle persone. Potremmo fare del nostro essere un Paese civile solo una questione di parole, che però dietro non hanno nulla. Non hanno leggi che le sostengano, non condanne che facciano giurisprudenza.

Esistono atti internazionali che molto chiaramente sanciscono come torturare inteso nei suoi più diversi significati (infliggere dolore fisico per estorcere informazioni o confessioni, commettere su una persona atti brutali e sadici, procurare dolore fisico prolungato) sia un reato da giudicare e punire con procedure e sanzioni sue proprie. Dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 1984, ratificata dal nostro Paese nel 1988, ci troviamo al cospetto di atti che proibiscono la tortura ma che farebbero esplicito rimando all’esistenza di un testo che fornisca strumenti idonei a ogni singolo paese per prevenire e punire efficacemente chiunque abbia commesso questo genere di reato.
«Ciò che è accaduto attiene a una pagina nera nella storia del nostro Paese. E se vogliamo affrontare quella pagina nera, la prima cosa da fare è introdurre subito il reato di tortura». La pagina nera è l’irruzione della polizia alla Diaz durante il G8 di Genova e questa dichiarazione è di Matteo Renzi. Parole pronunciate un anno fa, quando la Corte di Strasburgo ha condannato l’Italia per gli orrori di Genova imponendo, e non solo invitando, l’introduzione nel nostro codice penale del reato di tortura.

Di fatto è rimasta l’Italia a non avere in Europa nel proprio codice penale un testo che riguardi il reato di tortura. In Inghilterra, Francia, Austria, Belgio, Danimarca, Olanda, Polonia, Portogallo, Spagna, Svezia, Svizzera e finanche in Turchia, il reato esiste e come tale è punito. E in Germania non sarebbe del tutto corretto dire che non esista, perché come lessi qualche anno fa sul “Sole24ore” ci sono «norme assimilabili alla fattispecie. In particolare i maltrattamenti fisici e psichici in generale sono puniti con la reclusione fino a 3 anni - elevata a 5 per fatti gravi - che passa da 1 a 10 se compiuti da un pubblico ufficiale».

Quindi davvero siamo il fanalino di coda, ultimi quando si tratta di far rispettare la dignità delle persone qui da noi, pronti a temporeggiare e a trovare giustificazioni e scappatoie, e sempre in prima linea quando accade, invece, che un paese straniero si comporti come noi. Scoviamo mille differenze pur di marcare la distanza. Giulio Regeni è stato torturato in Egitto e ucciso. Regeni è stato torturato e ucciso come un egiziano in Egitto, ma anche come è accaduto ad alcuni italiani in Italia. Mi si dirà: in Egitto è prassi, qui da noi non lo è. Qui da noi può capitare e il numero di persone torturare è infinitamente più esiguo. Ma a me non interessa quante persone sono state vittime di tortura, a me interessa che fino a quando non esisterà un reato di tortura, non esisterà nemmeno tortura.

Ecco perché chiedere giustizia e verità per Giulio Regeni vuol dire anche fare del nostro finalmente un Paese civile. Facciamo pressione, ma pressione vera, sul Parlamento perché passi in tempi record questa legge, soprattutto se vogliamo far valere i diritti violati dei cittadini italiani al di fuori dei confini nazionali.

Verità per Giulio significa verità anche per chi non sa che nome dare a ciò che ha vissuto. Significa tutelare le forze dell’ordine e la loro funzione che è di protezione dei cittadini.

Significa isolare chi ha commesso un reato e non schermarlo, e non nasconderlo dietro l’inesistenza di quel reato. Se torturare è reato, facciamo in modo che il reato esista perché se la situazione dovesse, nonostante gli atti gravissimi che sono accaduti nel nostro Paese, nonostante la condanna di Strasburgo, rimanere invariata, vorrà dire che torturare sarà considerato un modo solo un po’ scorretto di risolvere certe situazioni, un metodo poco ortodosso, ma non condannabile. E la volta buona, chi sa quando sarà.