LA RICCHEZZA OFFSHORE dei potenti del mondo non è nascosta solamente a Panama. I tabulati di Mossack Fonseca sono la punta di un iceberg. Fortune gigantesche sono occultate nei luoghi più impensabili del pianeta.
SANTA CLOUD Il sistema detto “Santa Cloud” è stato inventato pochi anni fa da un giovanissimo hacker americano, John Smith, già inventore di un algoritmo che crea pseudonimi insospettabili. Consiste nel trasferire i capitali in una nuvola informatica, totalmente inaccessibile a ogni sistema di controllo o di indagine. «Santa Cloud», spiega Smith, «è il più raffinato metodo di occultamento di denaro mai visto al mondo. Come ogni software, non è ancora perfetto: una volta immesso il denaro nel sistema, il cliente stesso non ha più alcuna possibilità di rintracciarlo. Ma questo è un bene, perché significa che i margini di perfezionamento sono ancora enormi. Sono sicuro che entro pochi anni Santa Cloud sarà in grado non solamente di immagazzinare denaro, ma persino di restituirne almeno una parte agli investitori». John Smith è diventato multimiliardario in due settimane e nemmeno i più esperti analisti della New economy riescono a capire dove ha preso tutti quei soldi.
ISOLE MATERASSE Sono una decina di isole artificiali, a forma di materasso, che galleggiano, a seconde delle stagioni, nei mari meno frequentati dalle rotte navali. Da quando depositare il denaro in banca non rende più un centesimo, immensi patrimoni vengono nascosti sotto le Materasse in contenitori stagni, a prova di squalo, che li custodiscono dai malintenzionati in attesa di tempi migliori. Le Materasse hanno sedi diplomatiche in mezzo mondo. L’ambasciatore onorario in Italia è Flavio Briatore.
CAYMAN Le isole Cayman, come sa anche un bambino delle elementari, non sono mai esistite. Si tratta di un nome di comodo, ispirato a un personaggio dei fumetti, usato in tutto il mondo dagli imputati di reati finanziari per trarsi d’impaccio. Uno staterello di fantasia, un non-luogo da tirare in ballo quando non si vuole rispondere a una domanda imbarazzante. Come dire l’Isola che non c’è, o Paese dei Campanelli, o Principato di Monaco.
SCATOLE CINESI Il famoso metodo detto “delle scatole cinesi” è uno dei più collaudati. Ma perché si chiama così? Perché consiste in un certo numero di scatole cinesi di grandezza variabile, da piccola a grande, nelle quali possono essere nascoste anche grosse somme di denaro. Funziona bene perché a nessuno viene in mente di cercare cose di valore in contenitori così orribili: si tratta, in genere, di scatole di bambù dozzinale laccato con coloranti tossici. Si racconta di inquirenti che hanno messo a soqquadro ville, castelli, addirittura caveau di banca senza riuscire a trovare un centesimo: avevano cercato dappertutto tranne che nelle scatole cinesi lasciate in bella vita sul tavolo (anch’esso cinese) dell’ingresso.
PUTIN Si è molto discusso dei miliardi di Putin trovati a Panama, nome in codice “conto Carriola”. Come è possibile, ci si chiede, che con un normale stipendio da capo del governo Putin sia diventato così ricco? Secondo gli esperti la risposta sarà possibile solo quando sarà stata fatta un’accurata ricostruzione storica della fine dell’Unione Sovietica: cioè mai. Beni pubblici per un totale di mille fantastilioni di fantastiliardi sparirono nelle tasche di una ventina di persone senza lasciare nessuna traccia contabile. È stato il più colossale passaggio di denaro della storia umana. Studi comparati dimostrano che né i paradisi fiscali né le società offshore possono lontanamente competere con l’ingegnoso sistema adottato a Mosca negli anni Novanta: chi gridava molto forte “questo me lo prendo io!”, possibilmente impugnando una grossa pistola, si aggiudicava i beni dell’ex Stato.
L’INCHIESTA Ma come hanno fatto gli inquirenti a risalire ai nomi degli intestatari dei conti segreti panamensi? È stato relativamente semplice: è bastato ritrovare l’indirizzario di tutti quelli che hanno ricevuto la tradizionale strenna natalizia che ogni istituto di credito che si rispetti invia ai suoi clienti. Si trattava di un’edizione da sessanta chili, rilegata in mogano, del volume fotografico “Gli escavatori in opera lungo il Canale dal 1920 ai nostri giorni”, con prefazione di Flavio Briatore.