L’Italia ora è la terza potenza nella Ue. ?Ma non si vede una strategia per approfittarne

il referendum britannico cambia la geopolitica europea. Tre le conseguenze principali. In primo luogo, dopo il Brexit l’Ue sarà ancora più tedesca. Secondo, l’Italia ne è già diventata di fatto il numero tre, al posto del Regno Unito e dopo Germania e Francia. Infine, ma non per importanza, in tutto il continente prendono slancio e coraggio movimenti secessionisti e partiti anti-europei di estrema destra, alcuni a forti tinte xenofobe.

Vediamo per punti. Anzitutto, quando il distacco verrà consumato - certo non molto presto, viste le incertezze britanniche e i tentativi di invertire l’esito del voto - l’Unione Europea sarà amputata del 12,5% della sua popolazione e del 14,8% della sua economia, oltre che del principale centro finanziario al mondo (almeno per ora): la City ?di Londra. Già questo fatto sposta i pesi e i contrappesi in seno alla famiglia comunitaria, rafforzandone il paese oggi dominante: la Bundesrepublik.

Quale uso farà Angela Merkel di tale più robusto primato? Vorrà conservare un profilo basso, anche in vista delle prossime elezioni politiche, previste per il 2017, o invece seguirà la tentazione di alcuni leader tedeschi, favorevoli a costituire finalmente l’Euronucleo, ovvero formalizzare l’Europa tedesca centrata su Berlino, nella quale non è scritto che rientri l’Italia? Temperamento della cancelliera e introversione dell’opinione pubblica tedesca inclinano al primo scenario. Anche perché un’Europa più stretta e unita sarebbe un formidabile incentivo per gli euroscettici dell’Alternativa per la Germania, partito di destra radicale ?che minaccia di erodere il bacino elettorale della Cdu.

Per quanto riguarda l’Italia, non c’è dubbio che il voto britannico offra a Matteo Renzi un’occasione di protagonismo, esplicitata nel primo vertice post-referendario tenuto ?a Berlino insieme a Hollande e Merkel, sanzione della nostra promozione a “terzo grande”. Allo stesso tempo, l’allentamento del vincolo anglo-americano dà risalto ?alla nostra posizione nella Nato, dove Washington è a caccia di alleati affidabili. Occasioni entrambe da non sprecare, perché difficilmente ricapiteranno. Ma abbiamo una strategia e la capacità di perseguirla, nelle turbolenze della politica nostrana?

Il terzo mutamento è il più visibile e immediato. Dopo l’esempio britannico, referendum sull’appartenenza o meno all’Unione Europea potrebbero tenersi il prossimo anno in Danimarca e Olanda. I quattro paesi di Viségrad - Ungheria, Polonia, Cechia ?e Slovacchia - non vogliono andarsene perché godono ancora di importanti sovvenzioni comunitarie, ma il loro scetticismo sul senso dell’Unione Europea è sempre più esibito. ?Si sta coagulando all’interno dell’Ue una galassia euroscettica, anzi eurofoba, destinata ad alimentarsi quest’estate con i prossimi flussi migratori. Persino in Francia si discetta ?di un possibile plebiscito pro o contro l’Ue, cavalcato dal Front National di Marine Le Pen. Infine, non dimentichiamo la dimensione interna al Regno Unito: la secessione scozzese ?e la riunificazione irlandese sono probabilità concrete.

Il senso generale del voto è la sfiducia popolare nei confronti delle élite. Le quali tendono a reagire lamentando l’ignoranza del “popolo bue”. E architettando machiavellici progetti di rovesciamento del risultato britannico, magari con un altro referendum. ?Ma siamo così sicuri che in tal caso vincerebbe il Remain?