Un governo calmo, rassicurante. Per ricucire una società lacerata
Il governo Gentiloni si sta consolidando grazie a tre punti di forza.
Il primo riguarda un diverso clima all’interno del governo dove non c’è più un reuccio che comanda e tutto accentra , ma uno spirito collaborativo. A giudicare da questo primo mese di attività sembra che Renzi fosse più un elemento di freno che di stimolo alle attività dei vari ministri. La sovraeccitazione innestata dall’ex-premier ha ora lasciato posto alla “normalità”. Grande merito di questa nuova fase va a Gentiloni al quale tutti riconoscono un garbo e una cortesia non comuni. Qualità di cui la società italiana ha un assoluto bisogno. Pensare che l’Italia possa essere governata solo da condottieri in armi significa avere una visione distorta del nostro paese. Certo che abbiamo un disperato bisogno di governo, e cioè di gestire con intelligenza e fermezza una macchina amministrativa allo sbando e una società altrettanto spaesata. Ma il ciglio inarcato da sopracciò non serve a nulla, irrita semmai, e provoca un fastidio rancoroso che prima o poi esplode (vedi l’esito del referendum). L’opinione pubblica chiede di essere compresa nelle sue difficoltà e nei suoi guai, non strattonata o illusa. Un atteggiamento altero come quello di Monti poteva essere accettato per il tempo di una sfebbratura, come una medicina fastidiosa. Non oltre. E lo stesso vale per un atteggiamento spiccio, anche se temperato da tentativi di empatia, come quello di Renzi. Gentiloni ha caratteristiche tali da entrare più facilmente, e più a lungo, in sintonia con l’opinione pubblica perché viene percepito come una persona naturalmente gentile, senza essere né curiale né affettato. Per questo, la diffidenza con la quale è stato accolto sta stemperandosi. Tra l’altro, la sua risposta alle critiche sguaiate sui soccorsi nella tragedia dell’Hotel di Rigopiano è stata da manuale: ha sorvolato sullo sciacallaggio indecente degli oppositori, ha espresso vicinanza alle popolazioni colpite, e ha lodato i soccorritori (ai quali in effetti bisognerà pur assegnare un riconoscimento per le loro gratuite fatiche). Tutti messaggi in positivo espressi con fermezza ma senza alzare la voce.
Il nuovo clima ha consentito che emergessero altri due pilastri del governo: la gestione dell’economia e della sicurezza. Sul primo versante il ministro dell’Economia Padoan non ha più le tutele soft di palazzo Chigi e dei suoi consiglieri, ?e quindi può orientare in maniera più consona alla sua competenza la nostra politica economica e dialogare con le istituzioni finanziarie sovranazionali e l’Ue senza temere controcanti o invasioni di campo. Le condizioni per un lavoro più organico e coerente, senza rischi di sovrapposizioni e contraddizioni dall’ interno del governo, ci sono tutte. In merito alla sicurezza, il ministro dell’Interno Minniti, una delle due new entry oltre alla Fedeli (che, titoli di studi a parte, non potrà certo fare peggio della più blasonata Giannini, anzi) è stato subito baciato ?dalla fortuna grazie alla neutralizzazione del terrorista di Berlino. Ma ha anche espresso una visione e una competenza rassicuranti. Ha subito preso di petto la questione dell’immigrazione riconoscendo, finalmente, che se non si interviene con misure rigide (e se non le si applica), rimane preda della demagogia di Salvini. ?E poi ha infranto un tabù dichiarando che la sicurezza è una parola di sinistra.
Dato che l’economia e l’immigrazione sono i temi caldi di questa stagione, il fatto che siano in mano a due persone competenti, liberi di agire in autonomia, costituisce un asset importante per il governo. Ovviamente non basta ben governare per durare. Gentiloni deve guardarsi le spalle da chi ha una grande voglia di rivincita e non vede al di là del proprio ego. Eppure dovrebbero capire , il segretario del Pd come tanti altri, che un governo rassicurante e rispettoso è quanto ?di meglio per ricucire quelle lacerazioni nella società di cui parlava il presidente Mattarella nel suo discorso di fine anno. ?Il buongoverno, poi, è il solo antidoto all’antipolitica.