Chi sono i più favorevoli all’eutanasia: gli elettori grillini. E chi sono i più critici sull’immigrazione: insieme alla Lega e Fratelli d’Italia ancora i sostenitori dei 5Stelle. Bastano questi due dati, tra ?i tanti disponibili nell’eccellente studio appena pubblicato dal Mulino (M5S. Come cambia il partito di Grillo), per capire quanto sia anfibio il M5S. ?Il suo appello si estende dalla destra populista alla sinistra antagonista: da un lato, la sindaca Raggi e il neo leader Di Maio lanciano anatemi contro l’immigrazione incontrollata, e dall’altro, il vicesindaco di Torino parteggia con i no-global che contestano il G7 della Scienza. La forza dei Cinquestelle è proprio questa: attrarre consenso da quasi tutto lo spettro politico alternando messaggi d’ordine ad altri più barricadieri, senza curarsi di dar loro un quadro comune se non quello dell’“opposizione”. Perché l’importante è essere contro, sempre e comunque, e smarcarsi da tutti gli altri, criticandoli e demonizzandoli in quanto corrotti, imbelli e servi dei potenti. Con questa retorica, i grillini assumono le sembianze di angeli vendicatori dei torti e delle inettitudini, delle ruberie e dei favoritismi. E agli occhi di molti sono ?i più credibili nel mercato politico in quanto più nuovi di tutti gli altri. ?In fondo, anche Matteo Renzi è stato sospinto verso il successo grazie al suo nuovismo. Ma la novità, per sua natura, deperisce in fretta. I grillini sono vicini ?al punto di rottura?
Fin qui le loro contraddizioni non hanno svuotato il serbatoio dei consensi, grazie a quello strato denso e vischioso ?di opposizione radicale che circola nell’opinione pubblica e che non bada tanto alle compatibilità e alla coerenza. Il M5S intercetta questo antagonismo totale e rabbioso perché ha sparso intorno a sé una aura di purezza incontaminata, sdegnosa di ogni rapporto con gli altri partiti. Per questo viene sostenuto. E non è ancora scalfito dalle manifeste incapacità di alcuni amministratori locali. L’ostilità anti-establishment, la collera e l’indignazione travolge ogni valutazione critica sull’operato dei rappresentanti ?del movimento.
Data la persistenza del sentimento antipolitico, solo i grillini, allo stato attuale, possono distruggere il meccanismo perfetto che hanno creato. Ci sono già ?i primi segnali di una incrinatura. Passa ?per tre linee di frattura: quella classica, sinistra-destra, quella territoriale nord-sud, quella “di ruolo” tra parlamentari e aspiranti tali. La prima frattura è ormai emersa chiaramente perché il M5S ha incominciato a prendere posizione su una gamma di temi più ampia rispetto al passato e sono emersi interpreti autorevoli di visioni diverse. Il recente scontro tra Fico e Di Maio non è che la punta di un iceberg. Del resto queste tensioni sono inevitabili in un Movimento che è nato sulla spinta di istanze ecologiste-libertarie con una prima ondata di rappresentati nelle istituzioni maturata nei movimenti sociali ?e nell’associazionismo di base (ricordiamo quanto consenso ha raccolto tra i NoTav), e sta ora trasfigurandosi in una formazione “populista” in senso proprio, cioè mossa solo dall’antipolitica. Le nuove leve puramente antipolitiche vengono in gran parte dal Mezzogiorno dove il M5S si è espanso, a gran velocità, solo a partire dal 2013. Questo sbilanciamento territoriale porta con sé uno slittamento verso un moderatismo venato di qualunquismo: tendenze che ?si sono ben coniugate con la leadership di Di Maio.
A questo cambio di pelle ?si aggiunge poi un passaggio decisivo nella capacità di tenuta del M5S: la compattezza del gruppo parlamentare ?di fronte alle nuove elezioni. La competizione per rientrare in parlamento potrà dar vita a spettacoli poco edificanti, in contrasto drammatico con la mitologia del “portavoce dei cittadini “. Qui si giocherà la reputazione del movimento. ?E non è detto che lo scontro destra vs. sinistra intrecciato con quello settentrionali-antemarcia vs. meridionali-novizi, non esploda nella definizione delle liste. È qui che potrebbe infrangersi la diversità del M5S e causarne la battuta di arresto, se non il declino.