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Opinioni
marzo, 2017

Di populismo mi voglio vestire

Raccontano i cronisti d’aver visto parlamentari lasciare Montecitorio alla chetichella, da una porta secondaria, a tarda sera, per evitare fischi e insulti, o magari schivare Alessandro Di Battista che arringa i manifestanti di turno contro la “gentaglia”, cioè tutti coloro che non siano marchiati cinque stelle. Il clima è questo, e ormai la critica a sprechi e privilegi della “Casta” si è trasformata nella sensazione diffusa che tutto ciò che è politica sia brutto, sporco e cattivo. Così la polemica sulle pensioni dei parlamentari, riemersa come un fiume carsico, segnala che la campagna elettorale è cominciata, e con questi toni e contenuti. Populisti.

Già, il populismo, con o senza l’aggettivo peggiorativo “demagogico”. Naturalmente ha poco a che vedere con l’analogo movimento di fine Ottocento, ?o con la deriva peronista degli anni Cinquanta del secolo scorso, ma certo ne conserva il tratto distintivo, quel giocare sul feroce contrapporsi tra esclusi e garantiti, sul conflitto – del tutto ideologico – tra un generico popolo ?e un indefinito establishment. Per farsi trasversale, poi, il movimento bypassa ?le categorie di destra e di sinistra, mutua parole d’ordine, lancia urla; e per abbandonare il tradizionale apparato ?di partito si affida a un capo più o meno carismatico.

Esistono dunque, per capirci, populismi ?di destra e di sinistra. Ma da noi si sono mescolati in una nobile gara tra chi – Grillo, Salvini, Berlusconi, il padre di tutti i populismi – meglio assecondi proteste e rabbia. Alimentandole. Si ha addirittura ?la netta sensazione che più che offrire risposte concrete, per costoro conti dire che è l’avversario a non averne. Se poi pure uno come Renzi si lascia tentare, allora grande è la confusione, tutto si uniforma e non è più possibile cogliere l’essenza dei problemi o capire chi sia ?nel giusto e chi no.

L’ex premier, infatti, vorrebbe votare subito – ha detto – per evitare che i parlamentari maturino il loro diritto alla pensione. Ma sperando di prendere in contropiede i grillini, ha di fatto innescato una gara a chi la dice più grossa che nessuno fermerà: Luigi Di Maio, aspirante premier M5S, vuole abolire i vitalizi; Ettore Rosato, pd, gli consiglia piuttosto di pensare a quelli del Campidoglio di Virginia Raggi; ed ecco il sanguigno Michele Emiliano lanciare la sua candidatura anti Renzi con un sincero ?«Io, come è noto, sono per l’eliminazione totale degli stipendi per i politici, come nella Costituzione cubana». Hasta la miseria siempre.

Prima, però, tutti ma proprio tutti erano ?a fianco di tassisti e ambulanti (tra i quali spicca il ras Tredicine) confermando la dolente analisi di Claudio Napoleoni secondo la quale l’Italia è un paese fondato non sul lavoro, ma sulle rendite. Garantite. I populismi si rincorrono anche su altri campi, e le distinzioni sono sempre più sfumate: immigrazione, reddito di cittadinanza, Europa matrigna, euro maligno, Germania arrogante. Non si salvano neppure i compensi delle star Rai, e la povera Monica Maggioni, per difendere il merito, la concorrenza e l’azienda che presiede, è costretta a denunciare un’ondata populista. Pure lei.

In questa folle corsa a demolire tutto senza dire come né valutarne le conseguenze, non siamo soli. Il 15 marzo sapremo se l’Olanda si affiderà o no a Geert Wilders; poi toccherà alla Francia ?di Marine Le Pen, pronta a un referendum anti Ue, e quindi alla Germania anti-immigrati di Frauke Petry. L’Austria si è salvata per un pugno di voti da Norbert Hofer; Danimarca, Svezia, Polonia, Slovacchia, Ungheria e Repubblica ceca vivono con un piede dentro e uno fuori l’Ue. In Gran Bretagna, ha trionfato Brexit, e per capirlo - nota con ironia Giulio Tremonti - bastava guardare “Downton Abbey”, nostalgica fiction sul tempo che fu.

In una stagione di caos, niente è peggio che pensare di arginare la protesta assecondandola. E però la crisi economica e le diseguaglianze crescenti spingono la sinistra su sponde populiste (Bernie Sanders, Jean-Luc Mélenchon, perfino Renzi) mentre l’ondata inarrestabile di immigrati gonfia vele xenofobe; insieme, separati o fusi in uno stesso movimento, i due populismi sfidano un’Europa mai così debole ?e incerta: pretendere maggior rigore alimenterebbe la sfiducia nelle istituzioni; ma d’altra parte chiudere un occhio sulle inadempienze di partner come l’Italia aiuterebbe “sovranisti” e aedi del protezionismo proprio ora che occorrerebbero più integrazione ?e meno chiusure nazionali.

Se questo è il quadro, francamente non ?si capisce quanto convenga alle sinistre accodarsi alla demagogia dilagante tagliando le sue radici. Dinanzi alla complessità di problemi irrisolti, invece ?di affinare e utilizzare uno strumento faticosamente conquistato - la democrazia del confronto - lo stanno allegramente buttando via.

Twitter @bmanfellotto

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