La Lega è una idra dalle molte teste. ?Un giorno si presenta con ruspa e felpa pronta a far piazza pulita di immigrati, ?un altro si mette giacca e cravatta e incontra manager e dirigenti d’azienda; un giorno rivendica orgogliosamente ?il proprio primato e il diritto alla guida ?del centrodestra, un altro cinguetta con vecchi e nuovi alleati; un giorno guarda oltre i confini della Padania parlando di “italiani”, un altro organizza referendum nelle regioni del nord per riaffermare l’autonomismo locale. In questo nulla di nuovo. Già la Lega dei tempi di Umberto Bossi si considerava un partito di lotta e di governo: aggressiva e tonitruante ?nei suoi messaggi, pragmatica e accomodante al governo nazionale ?o locale. Matteo Salvini ha seguito la stessa modalità alternando messaggi bellicosi per mobilitare il consenso ?a toni concilianti per costruire un fronte elettorale comune. In una prima fase ?il leader leghista ha creato e coltivato l’immagine del giovane leader ?simil-renziano, insofferente di tutele all’interno del proprio partito e di uno status di minorità nel centrodestra. Grazie all’ascesa del Carroccio e all’eclisse di Forza Italia, Salvini ha portato il suo partito al centro dello schieramento di destra ponendo con forza il problema della leadership. Già due anni fa, nel novembre del 2015, “costrinse” Berlusconi a partecipare a un meeting organizzato a Bologna per lanciare la sfida al governo Renzi.
Ora, invece, forte del successo alle amministrative dove i suoi candidati o il suo partito hanno consentito la vittoria del centro-destra in tanti luoghi, Salvini può permettersi di mettere la sordina alla questione della leadership. Si limita ad annunciare la sua disponibilità. ?Un passo di lato intelligente per favorire la ri-costituzione di una coalizione potenzialmente vincente alle prossime elezioni. Un’ipotesi, questa, non sorprendente, visto che tutti i sondaggi di questi anni indicavano che la somma di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia più cespugli vari equivaleva, grosso modo, ?ai voti di Pd e M5S. Ma rimaneva sempre in predicato la possibilità di costituire un fronte unico a destra. Adesso il profumo di vittoria consolida i rapporti tra alleati; inoltre, smussa i contrasti interni al Carroccio. La frattura tra una Lega di governo e nordista, seppure non più secessionista, e la proiezione nazionale di Salvini al di sotto degli Appennini è rimasta congelata. Qualche puntura di spillo ma nulla di più. Mentre il vecchio Bossi, ormai un’icona senza seguito, protesta, i governatori di Lombardia ?e Veneto si sono astenuti dal fare polemiche. E, corrispettivamente, il segretario del Carroccio non ha mai criticato le alleanze larghe, comprensive anche degli alfaniani, quando si trattava di competere per i governi locali.
Gli ultimi passi compiuti da Salvini per capitalizzare il recente successo alle amministrative e imprimere il marchio leghista sul centrodestra vanno in una direzione “governista”, vicina alle sensibilità dei Maroni e degli Zaia. La Lega può permettersi questo passaggio moderato perché ha acquisito da tempo il primato sulla questione dell’immigrazione: nessuno può sottrargli il vessillo dell’ostilità agli immigrati. Questa posizione costituisce la carta vincente in quanto pesca un po’ in tutti gli ambienti, compreso quello del Pd nella sua componente più anziana, la più spaventata dal fenomeno migratorio - che è anche la più perplessa della gestione renziana: un mix esplosivo per il Partito democratico, come si è visto in Emilia-Romagna dove il Pd ha perso tutti i ballottaggi contro la destra. Se poi la Lega affianca al suo richiamo trasversale su immigrati-sicurezza anche posture ?e proposte diverse, più pacate ?e pragmatiche, come ha fatto nel convegno di Piacenza del 16 luglio con un sobrio Salvini in giacca blu, la sua presa elettorale e la sua credibilità aumentano ulteriormente. Questo passaggio verso il doppio-petto verde, ancora embrionale ma sintomatico della proiezione verso le prossime elezioni, indica il consolidarsi di un gioco ?di squadra tra i potenti governatori ?del lombardo-veneto e il giovane leader per dare vita, ancora, a una Lega ?di lotta e di governo.