Opinioni
novembre, 2018

Le buche di Roma contro le bighe

Secondo nuovi studi sono stati i barbari  i primi a devastare le strade. In odio  ai lussuosi mezzi di trasporto dei ricchi

È in tutte le librerie il ponderoso saggio storico “Le buche romane dalle origini ai giorni nostri”, in quattro volumi, frutto di una intera vita di lavoro dell’inglese Cristopher Drill, allievo di McSmith, osservatore disincantato della realtà italiana e profondo conoscitore di Roma, dove ha abitato per lunghi anni prima di arrendersi all’evidenza e tornare nelle campagne del Sussex. La presentazione romana del volume è stata rinviata per il maltempo.

La tesi La tesi del libro è che Roma imperiale non avesse buche, perché la lastricatura delle strade era accurata e la manutenzione affidata a schiavi molto competenti e poco sindacalizzati. Furono i barbari a praticare le prime buche, a colpi di mazza, per ragioni ancora controverse. Sfregio alla capitale imperiale, la cui bellezza veniva considerata oltraggiosa nei loro confronti? Omaggio alle divinità del sottosuolo, con le quali cercavano di stabilire un contatto? Desiderio di veder deragliare le bighe dei ricchi? La sola certezza è che le buche romane rimangono al centro della vita cittadina per tutta l’età della decadenza (dal quarto secolo al 2018), con un breve intervallo nell’epoca delle Controriforma, durante la quale i Papi fecero rivestire le buche in alabastro, trasformandole in acquasantiere.

Opere perdute Nell’età barocca, sempre in omaggio all’horror vacui controriformista e alla fottuta mania di riempire ogni vuoto e decorare ogni superficie (oggi riscontrabile nei tatuaggi dei calciatori), le voragini più ampie vennero affrescate da pittori minori, tra i quali Aurelio Meniconi, detto il Michelangiolino, che intese dare nuova vita alle principali buche di via Merulana dipingendo con i gessetti, in quattordici di esse, le stazioni della Via Crucis. Opere delle quali, ormai, non rimane traccia perché già nel 1650 il continuo passaggio dei motorini (presenti a Roma a partire dall’Alto Medioevo) aveva irreparabilmente eroso la copertura stradale. Incessante anche il lavorio dei vandali: le prime scritte “romanisti ebrei” e “Lazio merda” cominciano a comparire già agli inizi del Settecento. «È la capacità dei romani di vedere lontano e di portarsi avanti», commenta Drill.

L’epoca moderna È di Veltroni il tentativo di redimere le buche romane grazie a una lunga serie di iniziative culturali: il festival di poesia “Una buca, un verso” vide migliaia di poeti, alcuni poco conosciuti, altri del tutto ignoti, recitare le loro opere seduti sul margine di una buca, indifferenti allo sfrecciare del traffico. È da allora che le polizze di assicurazione vita/infortuni hanno subito una impressionante impennata. Seguì il mondo del cinema con il lungometraggio collettivo “Una buca, uno sguardo”, ogni buca ripresa da un regista diverso. La critica lo giudicò interessante, ma ripetitivo. Fallito, infine, il tentativo della Giunta Alemanno di unire tutte le buche di Roma con i puntini per vedere se alla fine compariva la scritta DUX. Le riprese aeree documentarono, invece, la scritta A LI MORTACCI.

La Giunta Raggi Con la Giunta Raggi, la questione delle buche ha avuto una svolta radicale. Sir Christopher Drill la riassume così: «Nella cultura Cinquestelle la differenza tra concavo e convesso non è più percepita, come molte altre cose ritenute troppo difficili. Se i precedenti governanti, da Treboniano a Rutelli, potevano essere accusati di vedere le buche, ma non fare niente per ripararle, quelli attuali non possono essere accusati in alcun modo, perché è lo stesso concetto di “buca” a sfuggirgli. Mi sono lungamente interrogato su questa svolta, un unicum nella storia di Roma, e ho pensato che forse è questa la prodigiosa novità introdotta da quel movimento della storia quirite, nazionale e forse mondiale: l’incoscienza è il modus magistralis (avrebbe detto Lusonio il Vecchio) per sopravvivere ai problemi. Basta ignorare che esistono».

La prova La tesi di Drill ha un’ottima pezza d’appoggio. Caduta rovinosamente in una buca davanti al Campidoglio e ricoverata nel nosocomio on line “Doctor Clic”, nel quale diagnosi e terapia sono decise a maggioranza dagli iscritti alla piattaforma Rousseau, la sindaca ha detto di non ricordare l’accaduto. È stata ritenuta affetta da uno stato depressivo e le sono state prescritte pillole a caso, purché di colore giallo al mattino, e violetto alla sera, secondo la terapia dei colori che sta avendo molto successo in rete.

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