La marcia trionfale del sovanismo non conosce pause. Dopo le grandi affermazioni di Trump, Erdogan, Bolsonaro, Orbán, Salvini, nuovi leader si fanno largo in tutto il pianeta, tra le ovazioni della folla e fughe spesso tardive dei radical chic, travestiti da operai per sfuggire all’ira popolare. Spesso vengono riconosciuti dalla corretta dizione e linciati sul posto.
Il nuovo papa Per rimediare alla slavata identità mondialista di Bergoglio, Roma avrà finalmente il suo primo, vigoroso papa sovranista. Si tratta del cardinale Fernando Meniconi, che prenderà il nome di Nando I e agirà in aperto contrasto con il nefasto ecumenismo del suo predecessore. Se papa Francesco si era presentato dicendo «vengo dalla fine del mondo», papa Nando, dopo la fumata bianca, si affaccerà alla finestra dicendo «stavo ar bar qua sotto, me so’ venuti a chiamà e m’hanno detto: ma ’o sai chi hanno fatto papa? Te! A li mortacci, me pijasse un colpo!”» Tifosissimo della Roma, amico personale di Antonello Venditti, papa Nando lavorerà per la pace interna promulgando un’indulgenza per i tifosi laziali. Poi darà forma al Vaticano sovranista assumendo il titolo di Papa Re, annettendosi Borgo Pio e un paio di altri isolati, armando le guardie svizzere di bazooka al posto delle obsolete alabarde. Per rinverdire la tradizione di mecenatismo dei papi rinascimentali, e al tempo stesso dimostrare sintonia con la modernità, farà affrescare lo Stadio Olimpico da writers romanisti. L’enorme scritta “SBIRRI ASSASSINI” sarà inaugurata, con una solenne cerimonia, anche dal ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Olaf Kristiansen - Chi l’avrebbe mai detto che anche la mite, facoltosa Norvegia si sarebbe consegnata, con un plebiscito, a un leader sovranista? Kristiansen, fondatore del Kristianparti, sposato alla ex fotomodella Kristiana Kirke, che gli ha dato nove figli, pareva solo un personaggio pittoresco, che si presentava ai comizi vestito da vichingo e nei talk-show minacciava gli avversari politici con una enorme spada forgiata da lui stesso nella fucina del padre (i Kristiansen sono fabbri ferrai da venti generazioni). Invece il suo richiamo a una Norvegia tradizionale, genuina, con i fiordi ancora solcati dalle teste mozze dei nemici e le donne che cucinano l’alce sul fuoco a legna, ha fatto breccia. Dopo decenni di assurda socialdemocrazia, tutto gratis dalla scuola al dentista, ora il popolo deve tornare alle sue vigorose radici, procurandosi il cibo a mani nude. Per rassicurare le associazioni internazionali, ed evitare polemiche con lo stucchevole umanitarismo che tanti danni ha già inferto all’identità norvegese, Kristiansen ha comunque assicurato che gli immigrati non verranno espulsi, ma uccisi sul posto oppure ridotti in schiavitù e incatenati alle betulle.
Jean Paul Chombo Studi a Parigi, tre lauree, raffinata cultura internazionale, docente alla Sorbona, la vita di Chombo cambia drasticamente quando, tre anni fa, un autotrasportatore lepenista, facendo manovra con il suo furgone su un marciapiede di Saint Germain, gli grida «spostati, negro, non lo vedi che sto lavorando?». Chombo capisce che il cosmopolitismo non ha più spazio e che la sola speranza, per gli africani, è diventare stronzi come gli europei. Torna al suo paese d’origine, il Gabon, viene eletto presidente con lo slogan “prima i gabonesi”. Trasforma il Gabon in una potenza militare grazie al contemporaneo appoggio, all’insaputa l’uno dell’altro, di Stati Uniti, Russia e Cina, ai quali promette basi militari in cambio di armamenti. L’esercito del Gabon, secondo gli esperti, sarebbe in grado di aggredire e sottomettere l’intera Africa nel giro di una settimana, ma Chombo preferisce, almeno per ora, rinserrarsi entro i confini, muniti di un missile ogni cento metri, e valorizzare l’identità locale, frutto di ben tre culture: quella del Gabon settentrionale, quella del Gabon centrale e quella del Gabon meridionale.
Nanuk Vimikaostalle Un sovranismo esquimese, che escluda rapporti con le culture invasive del resto del mondo, che respinga la contaminazione mondialista, che resitituisca il popolo Inuit alla sua vita solitaria, fatta solo di foche, igloo, cani da slitta, motoslitte, cani da motoslitta, ghiaccio, buchi nel ghiaccio, con il giorno che dura sei mesi e la notte che dura per gli altri sei mesi: è il sogno a occhi aperti che ha fatto Nanuk Vimikaostalle, intellettuale esquimese. Poi ci ha ripensato ed è tornato a dirigere la sua galleria d’arte a Manhattan.