Chi comprerà i beni dei mafiosi

Nel decreto sicurezza una norma sulla vendita delle proprietà confiscate. Senza garanzie che non tornino ai boss

Cosa hanno in comune criminalità organizzata, terrorismo e immigrazione? Sicuramente Matteo Salvini, che ci tiene sempre a sottolineare come l’approccio agli immigrati debba essere un approccio mediato dalla diffidenza. Si parla di immigrazione nello stesso documento che tratta di terrorismo e criminalità organizzata e non per un caso, ma perché è così che si comunica per essere ascoltati. La diffidenza verso lo straniero è ormai un sentimento trasversale e diffuso, è un sentimento di “destra” e di “sinistra”. È un sentimento che appartiene a tutti.

E quindi ora siamo qui a interrogarci sui profili di costituzionalità del cosiddetto decreto Salvini, siamo qui a indignarci per come quel “per motivi umanitari” venga sostituito ovunque da altro. È un po’ come la funzione “trova e sostituisci” di Word, trova “per motivi umanitari” e sostituisci con qualcosa che dia la sensazione forte che la pacchia sia finita, ma finita davvero. Per chi non è chiaro. Cioè, è chiaro che per gli stranieri in Italia non è un buon momento ed è chiaro anche che tra poco toccherà ai rom. E qui vale la pena fare una considerazione. Salvini nella conferenza stampa a Palazzo Chigi che ha seguito il Consiglio dei Ministri sul decreto sicurezza, ha parlato di «campi rom zero» entro la fine della legislatura e sottolinea come nel decreto non ci siano misure sui rom «altrimenti sarebbe scoppiato il putiferio».

Ma perché sarebbe scoppiato il putiferio? Semplice, perché basta un attimo e questa labile pace sociale si infrange, perché sui rom c’è un dato costante che bisogna tenere presente: è un popolo che non ha mai smesso di subire persecuzioni. Mai. Sembra quasi che in questa sorta di “allegra” ascesa nei sondaggi, giocata tutta sulla pelle dei poveri (stranieri e italiani), alla fine anche Salvini abbia capito che la corda non può tirarla all’infinito.

Ma tra le parole “immigrati ” e “sicurezza” la relazione più evidente che mi viene in mente è anche quella di tenerci occupati qui tutti a parlare di come questo governo abbia in spregio i più elementari diritti umani. Il ministro Bonafede si è vantato di aver fatto introdurre almeno la condanna di primo grado per la perdita dello status di rifugiato o della cittadinanza per gli stranieri, inizialmente si ipotizzava potesse bastare una denuncia o un’azione di polizia, senza che la magistratura dovesse intervenire in alcun modo. Come se fosse legittimo non attendere fino al terzo grado di giudizio per i cittadini di origine straniera e come se fosse legittimo togliere lo status di rifugiato o la cittadinanza in seguito a una condanna di primo, secondo o anche di terzo grado. La cittadinanza non ha nulla a che vedere con la fedina penale e con la buona condotta. Se così fosse si dovrebbe avere analogo atteggiamento verso gli italiani che delinquono per non creare una situazione di insanabile conflitto sociale che prevede l’esistenza di cittadini di serie A e di cittadini di serie B.

E però, mentre noi stiamo qui a dirci tutte queste belle cose, nel decreto del Ministro della Mala Vita, c’è una novità degna di nota: Capo II: “Disposizioni sull’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata”. Articolo 38, (Razionalizzazione delle procedure di gestione e destinazione dei beni confiscati), comma 3: «I beni […] di cui non sia possibile effettuare la destinazione o il trasferimento per le finalità di pubblico interesse ivi contemplate, sono destinati con provvedimento dell’Agenzia alla vendita».

Hai capito? Ora gli immobili sequestrati alle mafie si potranno vendere ai privati. Va da sé «la vendita è effettuata al miglior offerente, con esclusione del proposto o di colui che risultava proprietario all’atto dell’adozione della misura penale o di prevenzione, se diverso dal proposto, di soggetti condannati, anche in primo grado, o sottoposti ad indagini connesse o pertinenti al reato di associazione mafiosa o a quello di cui all’articolo 416-bis.1 del codice penale, nonché dei relativi coniugi o parti dell’unione civile, parenti e affini entro il terzo grado, nonché persone con essi conviventi». Esclusi tutti, ma non i prestanome, ovviamente.

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