Il ministro dei Trasporti sarà il re delle castronerie, ma ha già diversi temibili concorrenti. Come le compagne 5 Stelle Castelli e Manzo

Rispetto alle vette toccate or ora dallo spirito dei tempi, si viene colti sempre più spesso da un senso di inadeguatezza, servono a poco diplomi sudati, corsi serali, lauree, psicanalisi o esperienze di vita. Oggi occorre altro di fronte ai giganti del potere e del pensiero - se c’è - contemporaneo. Ecco dunque alcuni rudimenti (anche rodimenti va bene lo stesso) per essere in linea, per non sentirsi culturalmente emarginati e diversamente scemi.

Regole di vita. La regola numero uno l’ha svelata Daniela Santanché durante l’intelligente programma “Alla Lavagna” su Rai 3 dove diciotto pargoli dall’aria perfida tra i 9 e i 12 anni fanno domande all’ospite di turno. Quando un’astuta piccina con codini - sono le più pestifere - ha chiesto cosa significa per lei il denaro, Santanché ha risposto «è l’unico vero strumento di libertà» e ha ricordato che suo padre le diceva «chi paga comanda».

Impagabile. È lei, non c’è dubbio, errabonda nella destra e ora senatrice di Fratelli d’Italia, l’epigone e l’erede del Cavaliere che a una ragazza in ricerca di lavoro consigliava l’acchiappo di un marito con dobloni. Cultura, princìpi, dignità? No, meglio non nominarli, sono colpe dei governi precedenti.

Principi di diritto costituzionale. Al momento non esiste un testo ma solo due concetti facili facili. Secondo il Di Maio pensiero, vice premier, due volte ministro, ora anche costituzionalista orale di un solo postulato, «il governo è sovrano». L’ha enunciato durante “Non è l’arena” condotta da Massimo Giletti scatenando ire e tweet di Paolo Cirino Pomicino che l’ha bacchettato «è il Parlamento a essere sovrano».

Insomma. Ma l’ex ministro democristiano non sa che con la politica sovranista anche il governo è sovrano? Siamo all’abc del costituzionalismo gialloverde, che diamine. Anche l’ineffabile sottosegretaria all’Economia Laura Castelli lascia un’impronta da yeti nella storia parlamentare per aver chiesto al Pd di riferire in aula sulla legge di bilancio dei governi precedenti. Secondo il web potrebbe anche chiamare Romolo e Remo in Campidoglio per riferire sulle buche di Roma.

Fondamentali e tabù. Chi è il Capitano? Matteo Salvini è la risposta giusta, osannato con questo dai suoi e dalle folle adoranti quando appare sulle note di “Vincerò” di Puccini con la maglia da numero 1. Qual è la caratteristica di un capitano a.S. (ante Salvini)? La coerenza. Vade retro. È una parola tabù per chi sulla vicenda Diciotti e sull’autorizzazione a procedere da parte della Giunta del Senato è passato da «processatemi» e «non mollo» a «ho l’immunità», «sarebbe gravissimo». Capitan Tentenna o per il web Capitan Bau Bau.

Burloni e riferimenti. Non più “No Tav” ma “Chissenefrega Tav”, battezzata anche “il buco nella montagna”, nuovo cavallo di battaglia delle Toninelli’s comics. Per essere trendy nella società contemporanea della decrescita culturalmente felice bisogna avere un pantheon assai strutturato. Dove convivono banfismo nonplatonico (vedi i film), capitalismo Paperonista (Di Maio cita zio Paperone nella presentazione della card per il reddito di cittadinanza) e zecchinismo d’oro alla Frà Martino campanaro (nominato dal premier Giuseppe Conte alla Borsa di Milano).

Neologismi. Abbasso la Crusca, evviva la Manzo, al secolo Teresa, deputata Cinque Stelle, un talento strappato al cabaret, verrà scritturata al più presto nei migliori teatri. Il suo discorso alla Camera è un cult virale lanciato poi dal programma “Un giorno da pecora”. Un’intemerata sul «pupularsi» (pupularsi?) di opinionisti, sui giovani che cercano ricchezza e «dettaglio» (dettaglio?) all’estero dopo esser stati messi «a parcheggio» (a parcheggio?) e sui politici che non avranno più il vitalizio «a sbaffo» (sbaffo?). Adorabile. Per il suo account Instagram aveva scelto una frase di Cartesio. Ma essendo un’accademica, la Manzo non poteva non dare il suo tocco e quindi ecco «Ergo cogito sum». Nulla di strano per una che dice autoritario al posto di autorevole. Quante storie. Per i Cinque Stelle uno vale l’altro oltre che uno vale uno. È una sine conditio qua non.