Vi siete mai chiesti come nascono le Ong? Per un attimo non fidatevi di chi vi dice che sono finanziate da ebrei ricchi con lo scopo di modificare gli equilibri europei. Non fidatevi perché l’ebreo ricco che finanzia il nero povero per marginalizzare il bianco è la teoria complottista alla base della violenza del Ku Klux Klan.
Non esiste una strategia studiata a tavolino che vedrebbe Soros finanziare Ong che vanno in Libia per portare migranti sulle coste siciliane al solo scopo di destabilizzare l’Italia. Nulla di tutto questo: le Ong esistono per prestare soccorso laddove gli Stati nazionali falliscono. Esistono per aiutare l’uomo quando non c’è nessuno a farlo.
Sono stato a parlare di immigrazione sulla Open Arms, nave che ha salvato, da quando è attiva nel Mediterraneo, oltre 60mila persone. Gli abitanti di una città di medie dimensioni: Savona, Matera, Benevento, Agrigento, Cuneo, Teramo, Siena, Pordenone. Detta così fa venire i brividi: un’intera città salvata da una piccola nave. Una nave sola.
E poi domandatevi come sono iniziate queste avventure, perché saperlo ci dice tanto su chi viene quotidianamente infangato e accusato di essere in combutta con i trafficanti di esseri umani.
Oscar Camps, fondatore della Ong Proactiva Open Arms, è davanti alla televisione con sua figlia, insieme vedono la foto del piccolo Alan Kurdi, il bambino siriano trovato senza vita il 2 settembre 2015 su una spiaggia turca. Camps fornisce sicurezza per spiagge, personale addestrato per salvare vite in mare. La figlia guarda il bimbo morto sulla spiaggia e gli chiede: perché non li vai a salvare, papà? Non è questo il tuo lavoro?
Camps, a Sandro Veronesi che lo intervista, dice: «Lesbo era a poche miglia dalla Turchia, dalla costa si vedeva morire la gente lasciata a mezza strada sui gommoni bucati e i cadaveri arrivavano a riva. Non c’era organizzazione, non c’erano mezzi, non c’era la Croce Rossa, non c’era nulla: il giorno stesso del nostro arrivo abbiamo cominciato a salvare gente a nuoto».
Così nascono le Ong, per sopperire alla mancanza di una politica europea strutturata sull’immigrazione. Con le loro missioni in mare - sempre in coordinamento con le autorità italiane ed europee - salvavano vite e testimoniavano ciò che accadeva nel Mediterraneo. Ed erano apprezzate ed elogiate per questo. Poi, improvvisamente, abbiamo smesso di guardare i migranti, abbiamo smesso di vederli uomini, di vederli donne e di vederli bambini. Sono numeri, numeri che arrivano, numeri che vengono bloccati, numeri che muoiono o che non muoiono. Numeri da tenere lontano, da tenere in Libia a qualunque costo. Numeri e non più esseri umani. Non ci specchiamo in loro, non li riconosciamo, non li consideriamo come noi.
La Open Arms è stata a Napoli per una settimana, braccia aperte alla cittadinanza e a chiunque volesse visitarla, a chiunque avesse voluto ascoltare le storie che il suo equipaggio poteva raccontare. È stata a Napoli e quando ci sono salito ho provato un’emozione fortissima.
Nella mia città, nel porto dove l’avventura di Gomorra era iniziata, ora avrei parlato, con Oscar Camps e Luigi Manconi, di ciò che le persone non vogliono vedere: un’umanità che parte per vivere e non per invadere. Mentre ero sull’Open Arms e guardavo negli occhi chi ci ascoltava, pensavo allo sconforto che come me quelle persone dovevano provare sapendo che il loro desiderio di umanità non c’era nessuno a raccoglierlo.
E invece di mettere al centro diritti, crediamo di trovare in formule matematiche già sperimentate altrove la possibilità di vincere le elezioni. Nei giorni scorsi qualcuno si domandava se non dovesse, la sinistra italiana, fare come i socialdemocratici danesi e vincere le elezioni seguendo una linea dura sull’immigrazione. Ma l’Italia lo ha già fatto e ha perso, del resto l’Italia non è la Danimarca. E mentre si continua a tenere in ostaggio migranti in mare, confermando che questa sarà un’altra estate lunga e dolorosa, la politica non lavora per cambiare le regole europee sui paesi di primo approdo. È più facile convincere gli italiani che è giusto non salvare perché è giusto non accogliere, piuttosto che fare il proprio lavoro e restituire a tutti dignità. Alla politica, agli elettori e a chi ha la sventura di prendere il mare col vento contrario.