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Opinioni
gennaio, 2021

Renata Colorni, tradire con amore

Nel suo libro la traduttrice di Sigmund Freud e Thomas Mann racconta il mestiere nobile e oscuro di interpretare un autore in un'altra lingua

Il traduttore “puro” si inoltra in una foresta fitta di contrasti: obblighi paralizzanti, insidie inattese, orgogli feriti, passioni inappagate, umiliazioni subite, desideri di possedere e rassegnazione a essere posseduto. È una selva in cui l’esploratore deve ammansire i sentimenti che lo assediano, senza spegnerli. Vive in coppia con l’opera letteraria della quale è costretto o dovrebbe seguire le orme, lo stile, il ritmo, cambiando la lingua in cui è stata scritta, che non ha spesso né lo stesso stile, né lo stesso ritmo. Deve conviverci in italiano mentre è nata tedesca, tentare di farsela amica, senza lasciarsi sopraffare dalla sua superiorità e diventarne lo schiavo. Deve creare l’intimità degli amanti. L’amante è il libro che ha tra le mani chi lo traduce lasciandogli la sua impronta, e al tempo stesso rispettandone l’anima originale, creata dall’autore in una lingua diversa, la cui parole, frasi, modi di dire tradotti letteralmente non esprimono sempre le stesse cose. Gli stessi sentimenti. Gli stessi caratteri.

Renata Colorni chiama quello che ha fatto per decenni “Il mestiere dell’ombra” (Edizioni Henry Beyle). Questo è il titolo che ha dato al suo grande, prezioso libretto in cui sono raccolti ricordi e spiegati tanti aspetti di un lavoro nobile e spesso oscuro. Forse per un vizio incorreggibile ho letto le pagine di Renata Colorni come se fossero quelle di un romanzo. Ho immaginato lei impegnata in una nuova traduzione di Thomas Mann, dove la “Montagna incantata” diventa “Montagna magica” come alle origini tedesche. Mentre dà vita, trasferendo il racconto di Mann dal tedesco all’italiano, al personaggio di Hans Castorp, venuto a trovare un cugino nel sanatorio di Davos dove rimane prigioniero della morbida esistenza che vi si conduce, e a quello di Settembrini, nazionalista e liberale, e non dimentico Naphta l’ebreo orientale favorevole all’azione violenta, al terrorismo. Senza deformare i personaggi, Renata Colorni li disegna con la nuova lingua. Considera la sua opera un’“esecuzione”. Le piace pensarsi un’esecutrice, un’interprete, un’attrice. E lo spiega: «Lo scrittore scrive con uno strumento suo, un linguaggio esclusivo. Se ne sta acquattato dentro al suo mondo, pago di sé: e noi traduttori volgiamo i suoi contenuti e forme e suoni e ritmi in una realtà linguistica e culturale altra». A volte è indispensabile allontanarsi dalla lettera, vale a dire se non proprio tradirla non rispettarla, dice ancora. È indispensabile per realizzare una fedeltà più alta all’autore, quella dello spirito; una fedeltà alla sua arte. A volte il traduttore è costretto, «tremando», a farsi scrittore.

Dalla madre Ursula Hirschmann («ebrea e socialista berlinese fuggita nel 1933 dalla Germania», la racconta Renata Colorni) ha imparato il tedesco; che le è naturale come l’italiano ereditato dal padre Eugenio Colorni, antifascista morto per le ferite infertegli dai nazisti nei giorni della liberazione di Roma. Un italiano che è anche la lingua di Altiero Spinelli, secondo marito della madre. Queste diverse eredità linguistiche non vanno dimenticate. Sono le radici della sua esistenza.

Ci si può smarrire se si scorre, senza elencarli tutti, gli autori di lingua tedesca che Renata Colorni ha tradotto in italiano: Elias Canetti, Thomas Bernhard, Franz Werfel, Arthur Schnitzler, Friedrich Dürrenmatt, Joseph Roth… L’elenco non è completo. Manca soprattutto Sigmund Freud del quale ha curato per l’editore Paolo Boringhieri Le Opere in undici volumi, più uno di Indici, in italiano. A questo lavoro la giovane laureata in filosofia medievale ha dedicato più di sei anni consecutivi. Senza occuparsi d’altro. Esistevano già alcuni testi di Freud in italiano, «ma non una terminologia condivisa, un glossario coerente e compatto del suo lessico». La prima opera di cui si è occupata Colorni è stata l’“Interpretazione dei sogni”. Uno dei libri, dice, che più ha cambiato la sua vita.


È occupandosi di molti testi di Freud, teorici e narrativi, che Colorni si è appassionata alla traduzione come lavoro letterario, ma l’ha tentata non di meno la psicoanalisi, al punto di pensare di proseguire gli studi e abbracciare la professione psicoanalitica. Le tracce di quell’antica tentazione si trovano nella sua opera di traduttrice. Il suo amore per la lingua italiana ha probabilmente pesato sulla sua decisione. In “Il mestiere dell’ombra” cita Leopardi: «L’indole della nostra lingua è capace di leggerezza, spirito, brio, rapidità… come di gravità… è capace di esprimere tutte le nuances della vita sociale…».

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