L’antitaliana
Le inchieste sulle organizzazioni attaccate da Minniti. E la continuità sui migranti del governo Draghi. Indizi di nuova spietatezza politica
di Michela Murgia
Tutte le valanghe cominciano con un fiocco di neve. Questo proverbio andrebbe tenuto bene a mente ogni volta che un fenomeno di grosse proporzioni, non necessariamente naturale, si manifesta improvviso in un modo che appare casuale. Ne è buon esempio la sequenza di procedimenti giudiziari - tre in un giorno solo la scorsa settimana - aperti contro le Ong che fanno soccorso in mare ai migranti. L’accusa delle procure di Ragusa, Catania e Trapani, rivolte a Medici senza frontiere e a Mediterranea, è la stessa per la quale tutti i precedenti tentativi di rinvio a giudizio delle Ong si sono sempre conclusi con un nulla di fatto: favoreggiamento dell’immigrazione illegale, con e senza scopo di lucro. La criminalizzazione del salvataggio umanitario si ripete da anni e non ha colore politico, perché quando si parla di migranti non esistono governi amici. Le norme esplicite contro le Ong sono iniziate infatti col Pd al governo sotto il ministero dell’Interno di Marco Minniti, che da un lato stringeva accordi con la Libia per i respingimenti dei migranti e dall’altro pretendeva dalle organizzazioni umanitarie un codice di comportamento che le trattava di fatto tutte come presunte trafficanti.
Nel 2017 l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha giudicato “disumano” l’accordo italo-libico per la gestione dei flussi migratori firmato da Minniti, ma per tutta risposta Minniti è stato premiato il mese scorso con la nomina alla presidenza della fondazione di Leonardo spa, ex Finmeccanica specializzata in - così recita il sito - «un nuovo umanesimo tecnologico», curioso modo per dire che ci si occupa di difesa, sicurezza e aerospazio.
La lotta al soccorso ha però vissuto il suo apice mediatico durante il primo governo Conte, con Matteo Salvini che aveva fatto dello slogan #portichiusi il suo principale mantra da comizio e spronato le forze dell’ordine a muoversi quotidianamente per rendere difficile la vita a chi salvava la vita. Col Conte bis i più ingenui si erano illusi che avremmo assistito a un cambio di passo, a partire dalla cessazione della criminalizzazione del soccorso e dalla stipula di accordi europei che portassero a un’azione congiunta di accoglienza, non di respingimento, di chi cerca una vita migliore. Sotto il ben più discreto ministero Lamorgese le decisioni sono però andate nella direzione opposta: gli accordi con la Libia sono stati rinnovati tali e quali a dispetto delle denunce di tutte le organizzazioni internazionali, le multe alle navi Ong sono state ridotte, ma non cancellate, e anche se diminuivano gli attacchi giudiziari all’attività di soccorso, aumentavano le pastoie burocratiche che tenevano mesi e mesi i mezzi umanitari in porto per i più vari “controlli”.
Nell’era Draghi qualcosa è cambiato. Non il ministro (è sempre la muta Lamorgese) e nemmeno la linea: l’Italia del nuovo premier supporta totalmente l’agenzia europea Frontex, che quest’anno spenderà più di un miliardo di euro per pattugliare con droni, navi e uomini i confini europei whatever it takes. A essere cambiato sembra il clima politico, con un raggelamento della temperatura sociale sufficiente a far cadere quel famoso fiocco di neve da cui poi può partire il resto. Il segnale della valanga imminente non è però caduto in mare, ma a terra, e precisamente sulla testa di un uomo anziano di Trieste, Gian Andrea Franchi, e di sua moglie Lorena Fornasir. I due, 84 anni lui e 67 lei, sono noti da anni nel mondo del soccorso umanitario per essere i samaritani che prestano aiuto ai migranti che arrivano dal confine sloveno dopo essere sopravvissuti alla via gelida della rotta di terra. I due vecchi avrebbero la colpa di aver ospitato «a scopo di lucro» per una notte una famiglia iraniana con due bambini. Come è già accaduto ogni volta che la loro associazione negli anni si è vista rivolgere dalla procura la stessa accusa, è facile prevedere che anche stavolta non ci sarà niente da rimandare a giudizio, ma non è questo il punto. C’è una nuova spietatezza politica nell’aria e qualcuno spera forse che l’emergenza pandemica ci distragga dal vederla.