Generiche raccomandazioni su ciò che doveva essere già fatto contro il riscaldamento globale. E nulla più

Molti media nazionali e internazionali hanno riportato che l’accordo raggiunto alla Cop28 di Dubai, la ventottesima conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, è di importanza «storica». Non vorrei rovinarvi le feste natalizie, ormai prossime, ma mi sembra che di storico non ci sia proprio nulla se non la conferma dell’incapacità di risolvere il problema del riscaldamento globale. Vediamo perché.

Diversi documenti sono stati approvati durante la Cop28, con un assetto variabile in termini del numero dei Paesi che li hanno sottoscritti. C’è n’è uno su sanità e riscaldamento globale, uno su come ridurre le emissioni causate dagli impianti di aria condizionata, uno sulle risorse necessarie per aiutare i Paesi a reddito basso ad affrontare il riscaldamento globale, eccetera. Sono tutti documenti in buona parte di carattere formale, con pochi impegni precisi. Il documento principale è un documento di 21 pagine chiamato First Global Stocktake, ossia il “primo bilancio della situazione a livello globale” sulla questione del cambiamento climatico.

Il documento dice che per ora non si è fatto quasi nulla. Contiene infatti una lunga lista di sviluppi visti «con preoccupazione» (talvolta «grande preoccupazione» e «allarme»). Per esempio, si nota con preoccupazione che se si realizzassero gli impegni che i vari Paesi hanno finora sottoscritto le emissioni di gas serra calerebbero solo del 2% entro il 2030, ma che per ora l’andamento delle emissioni eccede quello che è compatibile con tali impegni: insomma, gli impegni sono limitati e neppure vengono realizzati a pieno. Il documento dice anche che quello che invece servirebbe per limitare il riscaldamento globale, più o meno, entro 1,5 gradi centigradi rispetto alla metà del XIX secolo (ossia quanto è ritenuto appropriato per limitare i danni) richiede un calo delle emissioni di CO2 del 43% entro il 2030 (rispetto al livello del 2019), del 60% entro il 2035 e l’azzeramento delle emissioni entro il 2050.

A fronte di questa situazione, che impegni precisi vengono presi? Nessuno. Nel documento finale The Conference of the Parties serving as the meeting of the Parties to the Paris Agreement (ossia la conferenza delle parti che servono come incontro delle parti dell’accordo di Parigi, quello che otto anni fa concluse che era necessario azzerare le emissioni entro il 2050) semplicemente «invita» (calls on nel testo inglese, che al massimo può essere tradotto con «incita») le parti (ossia i Paesi) a fare alcune cose come triplicare la capacità di produzione globale di energie rinnovabili, accelerare gli sforzi per ridurre gradualmente l’energia da carbone, accelerare gli sforzi globali verso le emissioni zero prima e non oltre «all’incirca la metà del secolo» e, cosa che ha attirato maggiore attenzione mediatica, transitioning away from fossil fuels in energy system (allontanarsi dai combustibili fossili nel sistema energetico), come se non si fosse saputo prima che azzerare le emissioni di CO2 richiede abbandonare i combustibili fossili.

Insomma, il meglio che si è riusciti a fare è incoraggiare i Paesi a fare cose che già si sapeva che dovevano fare. Però si è usata per la prima volta l’espressione «allontanarsi dai combustibili fossili». Ci si accontenta proprio di poco. Ci sarebbe da rabbrividire di fronte a tutto questo, ma ci penserà il riscaldamento globale a tenerci caldi.