Per partito preso
Anche un mero 0,1 per cento del Pil, se piazzato in settori strategici, può fare la differenza
di Carlo Cottarelli
Una delle questioni che sta creando tensione tra il governo italiano e quelli di Germania e Francia riguarda la risposta ai sussidi che gli Stati Uniti stanno introducendo per sostenere nella transizione verde le imprese che producono negli Usa. Nei media la questione è stata presentata nei seguenti termini.
Primo, gli Stati Uniti stanno avvantaggiando le proprie imprese. Secondo, Francia e Germania vogliono rispondere con sussidi nazionali e sono riusciti, per far questo, a ottenere un allentamento delle regole Ue sugli aiuti di Stato. Terzo, l’Italia che ha un debito più alto non può fare la stessa cosa e il suo tentativo di avere un sostegno europeo alle nostre imprese attraverso un Fondo per la transizione ecologica non ha avuto successo al Consiglio europeo del 10 febbraio. Quarto, come ha detto Giorgetti, per lo meno i vincoli europei sul debito devono essere allentati per consentire anche a noi di indebitarci per sostenere le nostre imprese. Quinto, Francia e Germania sbagliano ad andare a Washington a negoziare con Biden da soli, escludendo l’Italia. Questa narrativa è solo in parte corretta.
Partiamo dai dati. Il principale strumento di sostegno introdotto da Biden è l’Inflation reduction act (Ira). Si dice che vale 2 trilioni di dollari. È una bufala. Biden aveva provato a introdurre un piano di infrastrutture da 2 trilioni, ma non è riuscito a farlo passare in Senato e si è dovuto accontentare dell’Ira. L’IRA vale 738 miliardi, secondo il Congressional budget office. Due precisazioni. Primo, i 738 miliardi sono maggiori entrate, non maggiori spese. Queste maggiori entrate saranno usate per ridurre il deficit pubblico per 238 miliardi; alla transizione ambientale vanno 391 miliardi; il resto consiste in altre spese e tagli di tasse.
Secondo, tutte queste cifre si riferiscono ai prossimi 10 anni. Quindi, i sussidi ambientali ammontano a 39 miliardi l’anno che, visto il livello del Pil americano e il suo probabile tasso di crescita nei prossimi anni, significa sussidi di poco più dello 0,1 per cento del Pil (anche se la spesa potrebbe essere maggiore nei primi anni e minore nella seconda parte del decennio), peraltro non finanziati in deficit.
Se questi sono i numeri, la tesi per cui l’Europa non potrebbe rispondere agli Usa se non attraverso un maggiore deficit, che Francia e Germania potrebbero permettersi e l’Italia no, non sembra molto solida. Una risposta europea è necessaria perché anche un mero 0,1 per cento del Pil, se piazzato in settori strategici, può fare la differenza e alcune imprese europee si sposterebbero in America, in assenza di tale risposta. Ma non si tratta di cifre che non possono essere sostenute anche da Paesi indebitati come il nostro.
Ciò detto una risposta unitaria europea tramite un fondo per sostenere la transizione energetica e ambientale sarebbe certo preferibile, anche perché, oltre alla questione della risposta agli Stati Uniti, servono risorse anche per altre cose, come il rinnovamento dei nostri edifici, un problema particolarmente rilevante per l’Italia. E dialoghi separati con gli Stati Uniti da parte di Francia e Germania vanno evitati: questioni europee vanno discusse dalla Commissione Eu non da singoli Paesi.