C'è un reparto di un ospedale pubblico, nuovo e costosissimo, completamente abusivo. Realizzato senza un progetto tecnico, una perizia di variante, un collaudo serio, aperto in fretta e furia perché c'era 'Striscia la Notizia' che premeva e la politica che spingeva. E in quel reparto nuovo di zecca a maggio ci sono stati otto morti in 14 giorni: una strage. Ad ucciderli, secondo gli atti dell'inchiesta, è stato proprio l'ospedale: perché l'unità di terapia intensiva coronarica era stata inventata dal nulla, trasformando i disegni tecnici per una struttura non specializzata in quelli per l'area più delicata dell'ospedale. E inserendo altri tubi negli impianti fino a trasformarlo in un labirinto di condotti che nessuno ha mai controllato. Per questo si sarebbe arrivati all'errore letale: gli otto pazienti durante tutto il ricovero nell'Unità di terapia intensiva coronarica di Castellaneta hanno respirato azoto invece che ossigeno. Veleno in luogo di aria. Ne hanno respirato così tanto che tutti "gli organi vitali di tutti i pazienti deceduti erano completamente saturi del gas letale" dicono i medici legali nella relazione che stanno per presentare alla magistratura.
Le prime conclusioni dell'indagine sulle tubature serial killer di Castellaneta arrivano nel momento in cui la malasanità nelle regioni meridionali torna al centro del dibattito politico. Il dramma della seconda sedicenne morta in pochi mesi nel centro clinico di Vibo Valentia ha spinto il governo a dichiarare lo stato d'emergenza per la sanità in Calabria. Ma i problemi ci sono anche in Puglia. Gli esperti nominati dalla Regione e dalla procura di Taranto hanno confermato il quadro più agghiacciante: a Castellaneta nella terapia intensiva appena inaugurata i pazienti respiravano azoto, come spiega il tossicologo Roberto Gagliano Candela che ha eseguito le autopsie. Erano state sbagliate le derivazioni dell'impianto, invertiti i tubi dell'ossigeno e dell'azoto: erano stati sbagliati i lavori, e (nonostante i collaudi) nessuno se n'era accorto, nessuno aveva denunciato che mancava persino il progetto. Quel reparto era abusivo, come abusiva può essere una casetta di campagna.
L'ospedale di Castellaneta è un mostro dal look futuristico: progettato negli anni Settanta, costruito con tempi biblici, è stato inaugurato di corsa nel marzo 2005. Ad accogliere i pazienti c'è una piramide modello Louvre, "un monumento allo spreco", dice il direttore sanitario, Cosimo Turi, "ogni volta che si rompe un vetro, e si rompe, sono diecimila euro di spesa". I problemi veri però sono altri. Secondo quanto ricostruito dalla commissione d'inchiesta regionale e come risulta dalle carte della Procura, in questo ospedale non doveva essere realizzata l'unità di terapia intensiva coronarica (Utic). In pratica, è spuntata dal nulla, senza una progettazione specifica.
L'attivazione viene decisa solo nel 2004 perché - raccontano - "c'erano le elezioni e bisognava accontentare tutti". Quindi viene ritagliato un po' di spazio, come si fa con i tramezzi per sistemare un loft. Scrivono i tecnici: "L'unità coronarica veniva collocata vicino alla terapia intensiva, riducendone le superfici".
Il 3 dicembre 2004 i direttori dei lavori e il responsabile tecnico della Asl - tutti indagati dalla Procura di Taranto insieme con altre 20 persone, per omicidio colposo - ordinano la realizzazione dell'unità coronarica. "Le modifiche realizzate a seguito dell'ordine di servizio non risultano supportate da alcun elaborato progettuale". Ma i lavori vengono comunque realizzati e sbagliati. In una derivazione a forma di T al primo piano dell'ospedale, qualcuno inverte i tubi. La sala è pronta dalla primavera del 2005, ma non viene usata, né controllata. La Ossitalia, ditta che si occupa di gas medicali, certifica che funziona tutto. Dopo otto mesi però l'azienda cambia idea e invia una lettera alla Asl e al ministero: "Sono state apportate modifiche al reparto di Terapia intensiva, compromettendo il funzionamento dell'impianto come da progetto". Ma nessuno si allarma: "Sino all'attivazione dell'unità coronarica, avvenuta dopo due anni, nessuno ha ritenuto di dover procedere a una preventiva verifica della funzionalità degli impianti", scrivono i tecnici coordinati dal professor Tommaso Fiore, "che, anche in assenza del tragico scambio di tubazioni, avrebbero comunque potuto presentare anomalie legate al mancato uso per così lungo tempo". E quando quei rubinetti vengono aperti, invece di ossigeno fanno uscire veleno.