Nel 1878 aggredì re Umberto I con un coltellino. Fu carcerato a vita. I suoi resti sono conservati nel Museo criminologico di Roma. Ora si chiede la sua sepoltura
Da 128 anni è guardato a vista. Prima dai soldati del Regio Esercito. Ora dalle guardie penitenziarie. Giovanni Passannante è il carcerato con la più lunga detenzione della storia d'Italia. Chi lo volesse andare a visitare, lo trova al numero 29 di via del Gonfalone a Roma. Il suo attuale domicilio è al secondo piano del Museo criminologico dell'Amministrazione penitenziaria. Pagando 2 euro, di Passannante si può osservare quel che resta in una bacheca di vetro: il cranio e il cervello che un addetto si preoccupa di innaffiare di formalina per consentirne la conservazione. Giovanni è in buona compagnia, accanto a forche e ghigliottine, il mantello rosso di mastro Titta, il boia dello Stato pontificio, e la Vergine di Norimberga, un sarcofago dove si chiudevano i prigionieri.
Non ha avuto fortuna in vita e nemmeno dopo la morte, Passannante, l'anarchico lucano di un piccolo paese vicino Potenza, che il 17 novembre 1878 aggredì con un coltellino lungo 8 centimetri, buono solo a sbucciare una mela, re Umberto I in visita a Napoli. Come dirà ai suoi giudici, non voleva uccidere il re, solo compiere un gesto simbolico per protestare contro le condizioni di miseria in cui la monarchia aveva ridotto il Sud. Per aver graffiato la coscia reale, Passannante patì torture e sofferenze che nemmeno il conte Ugolino conobbe (vedi scheda a pag. 94). Possibile che questo povero cristo non possa finalmente trovare pace ed essere sepolto nella sua terra, come da più di 15 anni chiedono parenti e corregionali? Possibile. Perché alla crudeltà della monarchia di ieri si somma l'inerzia dei politici della Repubblica di oggi.
Non di tutti, a dire il vero. Perché sul caso Passannante ci sono state interrogazioni alla Camera dei deputati e alla Commissione europea e la questione della sepoltura dell'anarchico è stata portata anche al Consiglio regionale della Basilicata. Che nel 1999 approvò un ordine del giorno in cui si chiedeva la tumulazione dei resti di Passannante. Il 23 febbraio 1999 l'allora ministro di Grazia e Giustizia, Oliviero Diliberto, firmò il nulla osta alla traslazione. Caso risolto? Nemmeno per sogno.
"Chi doveva dimostrare un interesse a seppellire Passannante doveva farsi vivo", dice Emilio di Somma, responsabile del dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria: "La Regione Basilicata non si è mai manifestata per rendere esecutivo il nulla osta del ministro Diliberto. E di tempo ne è trascorso. Il nulla osta è ancora lì, valido. Certo, se la Regione si facesse viva oggi, dovrei per correttezza riproporlo al nuovo ministro, Clemente Mastella". Dal 1999, emissari della Regione Basilicata qualche viaggio nella capitale lo hanno fatto, per 'studiare la traslazione'. Vacanze romane, dottor Vito De Filippo? Il presidente della Regione Basilicata, Margherita, non cerca scuse: "È vero, siamo in difetto. Ma ci sono state le elezioni politiche, poi al ministero è arrivato il leghista Castelli... E in più nel paese di Passannante non c'era accordo su come e dove seppellirlo". E allora andiamo a Savoia di Lucania, il paese dell'anarchico, dal sindaco Rosina Ricciardi. Che si difende così: "Voglio dare degna sepoltura a Passannante. Ma perché nel cimitero? Stiamo ristrutturando il Castello e un piano potrebbe essere dedicato al nostro concittadino e alla sua storia". Ottimo, ma quel disgraziato sta ancora a Roma, intanto lo si poteva andare a prendere. E quando finiranno i lavori al Castello? "Speriamo per il prossimo giugno, dobbiamo ancora fare una gara d'appalto", risponde il sindaco. Restiamo a Savoia. Perché sulla vicenda Passannante si è aperta un'altra partita: riabilitare Passannante e cambiare il nome del paese. Sì, perché all'indomani dell'aggressione a Umberto I, il sindaco del paese, che allora si chiamava Salvia, corre a Napoli a prostrarsi davanti al re. E come atto riparatorio gli impongono di cambiare il nome alla cittadina: da Salvia a Savoia di Lucania. "Un passo alla volta", dice Giuseppe Salvatore, del comitato pro Salvia e discendente di Passannante: "Prima dobbiamo seppellire Giovanni. Poi raccoglieremo le firme per un referendum sul nome del paese. Ma sa che Diliberto era disposto a portare qui di persona i resti di Passannante? Ma siccome si era in campagna elettorale, a qualcuno quel gesto dava fastidio". Sindaco Ricciardi, ma come: vabbé che lei è della Margherita, ma il senso dell'ospitalità? E si trattava del ministro, seppur 'comunista', della Giustizia. "Come potevamo riceverlo? Stavamo ripavimentando il paese e pure al cimitero c'erano lavori", si giustifica il primo cittadino. Sarà, ma il medico Antonio Parrella, presidente del comitato pro Savoia né di Passannante, né di Salvia vuole sentire parlare: "La storia non torna indietro. Perché riabilitare quel terrorista? Qui non lo vogliamo. Anche per rispetto alla Monarchia e a casa Savoia che hanno fatto l'unità d'Italia".
Già, i Savoia. Non sappiamo se, per la legge del contrappasso, sulla ex casa regnante sia caduta la maledizione di Passannante, ma resta il fatto che nel luglio 2003, nel rally della Basilicata, Emanuele Filiberto di Savoia con la sua Mitsubishi Pajero finì fuori strada e si cappottò. Quanto a suo padre, Vittorio Emanuele, di Potenza conosce bene soprattutto il carcere, dove ce lo chiuse nel giugno scorso il pm Henry John Woodcock per associazione a delinquere.
In questi anni su Passannante, a cui Giovanni Pascoli dedicò un'ode, si sono scritti libri, canzoni popolari. Nel centro di Savoia c'è un murales in suo onore. Soprattutto, c'è uno spettacolo teatrale, 'L'innaffiatore del cervello di Passannante', che da anni gira per la Basilicata, emozionando il pubblico, e già rappresentato a Roma e in altre piazze nazionali. Lo ha scritto e lo recita Ulderico Pesce, attore e regista lucano di Rivello. Pesce alterna ai testi classici (ha lavorato con Luca Ronconi, Carmelo Bene, Gabriele Lavia), il teatro popolare e d'impegno civile. Ha portato in scena Rocco Scotellaro e Carlo Levi. E ora le lotte degli operai della Fiat di Melfi, con lo spettacolo 'FIATo sul collo', premio Riccione 2005 sezione Marisa Fabbri, che assieme al gruppo dei Têtes de Bois reciterà a Roma dal prossimo 28 novembre al Teatro Ambra Jovinelli Piccolo diretto da Serena Dandini. Sul suo sito (www.uldericopesce. com) ha già raccolto oltre 2 mila firme per la sepoltura di Passannante. E quando Vittorio Emanuele finisce in manette a Potenza, Pesce è subito lì. Sotto al penitenziario organizza un sit-in pro Passannante e recita davanti a migliaia di spettatori il suo 'Innaffiatore'. All'ex principe Pesce invia il benvenuto con la richiesta di firmare l'appello per Passannante. E alla liberazione del Savoia, il 23 giugno, lo aspetta alle porte del carcere per offrirgli un cesto foderato di salvia, con vino, pomodori e salame, "per fare ciò che i suoi nonni non fecero nei confronti del nostro Passannante".
Presidente De Filippo, allora, quando torna a casa Passannante? "Mi impegno a seppellirlo al più presto. Se occorre, andrò personalmente dal ministro Mastella", risponde. E lei, sindaco Ricciardi? "Passannante lo riporterò a casa prima che termini il mio mandato", giura. Ulderico Pesce è scettico, e già sta preparando la prossima mossa: "Se non manterranno la parola, do appuntamento a tutti il 19 febbraio, sotto la statua di Giordano Bruno a Roma. Per festeggiare i 158 anni di Passannante reciterò il mio 'Innaffiatore'. Poi faremo una fiaccolata per via Giulia, passando sotto al 'museo-carcere' di Giovanni, per arrivare al ministero di Giustizia". n