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"Dopo anni di berlusconismo non si può costruire un'opposizione che modificando la scala di valori in cui si inscrive una strategia politica. Bisogna proporre una cultura che reintroduca la solidarietà, il bene comune, un'idea diversa della società. Credo anche che occorra superare la contrapposizione fra un'opposizione riformista, parlamentare, che non ha saputo imporre la sua agenda, e quella intellettuale che si ispira a valori etico-politici, che ha mancato di concretezza. Inoltre, la vera scissione in questi anni è stata fra la sinistra e il popolo che, quando è stato chiamato a essere protagonista, è stato solo per contese elettorali. Manca a sinistra l'idea di dare un ruolo attivo a questa partecipazione, invocata finora solo per decidere il leader: vorrei fosse invocata anche per capire l'agenda e costruire i contenuti".
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"Si devono fare due cose: mettere in campo un modello generale di futuro, e dare risposte concrete alle peggiori indecenze della politica. Se c'è un divario tra i problemi del Paese e l'agenda politica, bisogna mettere sul tappeto i grandi temi: ad esempio il nodo dei giovani, ma anche un modo diverso di essere italiani, visto che c'è una diseducazione civica che va avanti dagli anni Ottanta. Occorre dare poi risposte concrete: tutte le opposizioni dicono di volere cambiare la legge elettorale, ma come? La Rai: qual è il modello di riforma? Le manifestazioni dei precari o contro la riforma dell'università, com'è possibile che continuino se non c'è uno sbocco politico? E questo processo non funziona se non entrano in campo nuove energie, da quella parte di società civile che vuole cambiare il Paese e dargli un futuro diverso".
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"La formula è banale: per costruire un'opposizione vincente ci vogliono un leader, un programma chiaro e una coalizione. Il problema è che non mi pare ci siano in Italia oggi le condizioni perché le opposizioni riescano a mettere insieme queste tre cose in un anno o al massimo due, visto che appaiono divisi su tutto, dai temi economici a quelli etici. A destra c'è un leader riconosciuto, Berlusconi, un programma con alcuni messaggi chiari e una coalizione di due partiti: aspetti necessari con queste regole elettorali e con l'evoluzione che c'è stata della politica italiana. E poi ci vogliono facce nuove, perché c'è un grandissimo bisogno di rinnovamento, e idee nuove da proporre nel programma, con un'attenzione verso alcuni settori dell'elettorato berlusconiano che mostrano segni di delusione e smarrimento, come le piccole e medie imprese".
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"Credo sia necessario partire da tre punti fondamentali. Primo: ci vuole una leadership competitiva, perché questa è ormai la forma in cui si muove la politica occidentale. Il leader che verrà dovrà sapersi muovere in un'Italia cambiata dal ventennio berlusconiano, dovrà saper parlare la stessa grammatica, fare ricorso alla stessa semplificazione simbolico-linguistica estremamente efficace di Berlusconi, naturalmente di segno opposto. Secondo: bisogna riuscire a non farsi imporre l'agenda. L'opposizione al momento gioca continuamente nella metà campo del premier: deve riuscire a slegarsi dalle sue priorità, riuscire a parlare d'altro e imporre altri temi. Infine, terzo punto: il centrosinistra deve superare il complesso dei migliori, quel complesso di superiorità morale che è una caratteristica quasi antropologica della sinistra italiana, ma non è un tasto vincente".