Politica
luglio, 2012

Dizionarietto della Repubblica

L'ultimo caso è il conflitto d'attribuzione sollevato dal Quirinale contro la procura di Palermo. Ma diventerà presto il penultimo, giacché alle nostre latitudini i bisticci fra i poteri dello Stato sono la regola, non l'eccezione. Da che dipende? In parte dagli umori instabili dei nostri governanti. Però è anche colpa del diritto che abbiamo messo in circolo nella Patria del diritto. Dove s'alternano pagine bianche, vuoti normativi. E pagine scarabocchiate, quando la legge scritta viene cancellata dalla regola non scritta. Eccone allora un breve campionario, un dizionarietto in quattro voci.

IMMUNITÀ PRESIDENZIALI . Si può intercettare il capo dello Stato? Deciderà, per l'appunto, la Consulta. E le toccherà colmare due lacune del nostro ordinamento. Primo: le intercettazioni indirette. La legge n. 219 del 1989 vieta quelle disposte sull'utenza presidenziale, se non dopo l'apertura di un impeachment; ma tace sull'ascolto fortuito, quando l'intercettato è l'altro, l'interlocutore. Secondo: la responsabilità per reati comuni. Nuovo silenzio della Costituzione, che si riverbera sull'uso delle intercettazioni. Perché se il presidente ne rispondesse come qualunque cittadino, il nastro registrato potrebbe diventare elemento di prova in un processo.

DECRETI LEGGE. Strumenti normativi straordinari, nella Costituzione scritta - e applicata - durante la prima Repubblica; fin troppo ordinari negli ultimi vent'anni, con la media d'un decreto a settimana. Da qui gli stop della Consulta, in ultimo con la sentenza n. 22 del 2012. Da qui conflitti fra palazzo Chigi e Quirinale, se il Colle s'azzarda a illuminare il rosso del semaforo (celebre il decreto per Eluana Englaro).

PRESIDENTE DEL CONSIGLIO. In questo caso è incerto pure il nome, dato che ormai un po' tutti lo chiamiamo premier. Sicché la nuova Costituzione materiale avrebbe soppiantato l'art. 95 della Costituzione formale, gonfiandone i poteri fino a renderlo un primus super pares, secondo il latinorum che Pecorella coniò per Berlusconi. E chi nomina questo superprimo? Il capo dello Stato, dice la carta del 1947; i cittadini attraverso l'indicazione del candidato sulla scheda, dice la legge elettorale.

PRESIDENTI DELLE ASSEMBLEE PARLAMENTARI. Organi arbitrali o custodi della maggioranza di governo? Nella prima Repubblica l'opposizione finì per ottenere lo scranno più alto della Camera (con Ingrao, Iotti, Napolitano). Nella seconda Repubblica chi vince prende tutto. Da qui una perenne fonte di tensione con le forze politiche: in questa legislatura ne è rimasto vittima dapprima Fini, più di recente Schifani. Malumori che in qualche modo si riflettono anche sul capo dello Stato. Sia perché il presidente del Senato ne è il supplente; sia perché quello della Camera è un candidato in pectore alla successione (in tempi recenti vi è riuscito Scalfaro, poi Napolitano). Insomma non mancano affatto i dubbi, le norme oscure o biforcute. Pasticci forieri di bisticci. E toh!, in tutti questi casi c'è sempre di mezzo il Quirinale. Potremmo aggiungervi il comando delle forze armate (formale o sostanziale?), il potere di decidere l'agenda del Csm (nel 1985 Cossiga vi mandò i carabinieri), il ruolo presidenziale in occasione d'una guerra (sempre Cossiga pose la questione, esaminata nel 1988 dalla commissione Paladin). Una cosa, però, l'abbiamo imparata: i conflitti divampano soprattutto alla fine del mandato, quando i partiti vogliono riappropriarsi dei poteri prestati al Quirinale, magari per indebolire il successore. E allora avanti il prossimo, purché con un elmetto in testa.

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