La Terza Repubblica non è ancora nata, ma si sentono già i suoi primi vagiti: a base di parolacce e termini vernacolari. Per questo fa impressione che papa Bergoglio, invece, sia sempre così educato
di Denise Pardo
5 aprile 2013
Da un punto di vista glottologico il rinnovamento è in atto. Sia o meno lodato, il fenomeno è sotto gli occhi di tutti ed è generalizzato, celestiale o demenziale, dialettale o surreale, mai più convenzionale.
Prendiamo Beppe Grillo , più vivido che mai: Monti Berlusconi e Bersani sono «padri puttanieri» che «chiagnano e fottono » e poi «ci prendono per il culo», in fondo è il corollario della filosofia del "governo ladro". Nelle stesse ore circa l'assessore alla Cultura della Regione Sicilia Franco Battiato (che pochi giorni prima aveva deprecato «Grillo sta esagerando») in una conferenza stampa a Bruxelles segnalava che il nostro «Parlamento è pieno di troie che farebbero tutto». L'uscita avveniva nella sede del Parlamento europeo, Battiato era seduto tra Andrea Cozzolino e Mario Pirillo eurodeputati Pd (in prima fila l'ex ministro Paolo De Castro) e senza che nessuno dei presenti dicesse una sola parola di presa di distanza.
Nel mezzo del bailamme di insulti e male parole, piovono come gocce purificatrici e surreali le parole di Antonino Zichichi, fisico di fama mondiale, assessore appena rimosso dal governatore della Sicilia Rosario Crocetta pubblicamente seccato per le sue assenze e per il suo eccessivo interesse verso i raggi cosmici. «Ma senza i raggi cosmici non potrebbero esistere le nuvole» ha spiegato sconvolto al "Corriere della Sera" lo scienziato «e senza nuvole niente piogge». Poi sulle ragione delle sue assenze: « A Ginevra sono impegnato da dieci anni nella ricerca del supermondo». Ecco, forse lo troverà in Svizzera. Di sicuro, il supermondo ha lasciato l'Italia da un pezzo.
Più o meno negli stessi giorni, Ignazio Marino, stimato scienziato e medico, candidato alle primarie Pd per la famigerata soglia del Campidoglio, ha scelto come slogan della sua campagna "Daje !", siamo lontani dall'I care di Walter Veltroni, più vicino all'idioma sociale di Enrico Montesano. Non è piaciuto a tutti. «Qual è il problema? Perché no?» hanno chiesto gli ammiratori. «Bisogna dare il messaggio, indicare la via» è la tesi dei critici verso l'esortazione romanesca a darsi una mossa. Fatto sta, Marino sembra invece aver intercettato lo Zeitgeist linguistico: "Daje !" va a ruba. Tanto che per lo stesso obiettivo, il Comune di Roma, il Movimento 5S ci si era buttato a pesce, inaugurando i "Daje tour". Naturalmente è seguita la zuffa d'ordinanza tra grillini e marinofans. Si consiglia ai piddini napoletani di correre a registrare la ghiottissima espressione politica "iamme ia".
In questo rinnovamento glottologico non si può dimenticare il Santo Padre. Adorato da tutti, e come non si potrebbe, persino dai laici fino al midollo, semina qualche perplessità presso la nobiltà capitolina. Che ne apprezza profondamente l'estremo valore, figuriamoci, ma quel vezzo del dito alzato all'americana quando gira sulla papamobile turba, è il pontefice, non è un cow boy. Anche l'augurio papale «Buon pranzo!» fa un po' impressione, si teme presto l'arrivo del «Buon appetito!» (prospettiva altamente disdicevole, probabilmente ispirata dal diavolo). Come si dice, a ognuno la sua croce.