Salta il regalo di Natale per i consiglieri della Regione Abruzzo. Con un balzo all'indietro, la norma che avrebbe permesso loro di intascare in anticipo l'indennità di fine mandato (Tfr) è stata cancellata. La stessa assemblea regionale che l'aveva approvata due settimane fa, inserendola come modifica “fuori sacco” tra cose ben più serie, è tornata sui propri passi e nelle ultime ore l'ha abrogata all'unanimità. Non senza lunghe discussioni e recriminazioni. Alla fine però, l'ennesimo privilegio che la casta si era concesso, è decaduto.
Tutto è iniziato con la notizia pubblicata da L'Espresso che ha acceso i riflettori su un provvedimento che era stato approvato nel più totale riserbo, sollevando clamore e indignazione e facendo velocemente il giro della rete. Lo stesso presidente di Regione, Luciano D'Alfonso (Pd), aveva dichiarato di averlo saputo dal giornale. E sempre D'Alfonso, assente giustificato nella seduta consiliare in questione, aveva subito deciso di non promulgare la legge che conteneva la mossa sull'anticipo del Tfr. Proprio mentre il governatore si apprestava a firmare il decreto di non promulgazione della norma (cosa che non era mai accaduta prima e che sollevava questioni di legittimità), il Consiglio regionale ha fatto marcia indietro.
Ma non è stato un passo indolore. In commissione Bilancio si è accesa infatti la bagarre, tra chi rivendicava un presunto ostruzionismo alla modifica della legge in questione e chi correva a presentare proposte di abrogazione. Accuse reciproche e una serie di “ve l'avevo detto”, si sono sentite arrivare da più parti. Ma nello scorso consiglio regionale, quello in cui la norma-privilegio è stata approvata, ad astenersi sono stati solo i 5Stelle. Gli stessi che ieri hanno presentato una risoluzione urgente per chiedere l'abrogazione dell'emendamento ribattezzato “pro-casta”. Come pure, sempre ieri, hanno fatto i consiglieri del Pd, con l'appoggio e la condivisione di Forza Italia. Tutti d'accordo finalmente, su un atto di soppressione che durante la seduta consiliare “incriminata” e nei giorni successivi non era venuto in mente a nessuno. Un silenzio rotto da L'Espresso.
E ora che le voci di corridoio si rincorrono, c'è chi dice che quei soldi dovevano servire per coprire le spese sostenute per la campagna elettorale. Evidentemente non bastavano i 13 mila euro che ogni consigliere si ritrova mensilmente in busta paga. Alla fine però, i soldi del Tfr, circa 60 mila euro a testa, resteranno nelle casse della Regione fino al termine della legislatura. Un “sacrificio” condiviso con ogni comune lavoratore dipendente.