“Così com’è la riforma di Matteo Renzi non passerà mai. E non si tratta di condividerla o meno: è un pasticcio”. Il giudizio arriva dai 20 senatori del Pd che giovedì presenteranno un disegno di riforma costituzionale alternativo a quello del premier e segretario del Partito democratico. I firmatari sono i senatori Chiti, Albano, Amati, Capacchione, Casson, Corsini, Cucca, D'Adda, Dirindin, Gatti, Giacobbe, Lo Giudice, Micheloni, Mineo, Mucchetti, Ricchiuti, Silvestro, Spilabotte, Tocci, Turano.
Non vogliono passare come conservatori, sia chiaro. Anche loro sono convinti che “l'Italia ha urgente bisogno di modernizzare le istituzioni” e sono attenti alla pancia del Paese, perché sanno che “l'opinione pubblica reclama un'autentica riduzione dei costi della politica”. A Renzi riconoscono il merito di aver coinvolto “una parte dell'opposizione nel disegno riformista”, cioè Forza Italia, ma “in una repubblica parlamentare, che non ha deciso di diventare presidenzialista, le Camere possono fare di più. Molto, moltissimo di più”.
I 20 senatori propongono molto più semplicemente rispetto al “complicato” sistema di eletti di secondo livello proposto da Renzi, di dimezzare deputati i deputati, a 315, e di ridurre a 100 i senatori eletti su base regionale. A questi si aggiungerebbero solo i 6 senatori delle circoscrizioni estere, cancellati invece da Renzi. “Il taglio dei parlamentari è del 55 per cento”, rivendicano. Quindi più di quello ricercato dal premier.
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Tra le novità anche alcune modifiche, tra cui l’età necessaria per l’elezione alla Camera, che scenderebbe a 21 anni, e il rispetto del “necessario equilibrio di genere”. Via poi la possibilità di nominare 7 senatori a vita, privilegio che resterebbe solo per gli ex presidenti della Repubblica. Resta, invece, la soppressione del Cnel. Così come il voto di fiducia accordato dalla sola Camera dei Deputati. Anche il bilancio dello Stato diventerebbe una competenza esclusiva della Camera.
Riviste le competenze legislative. La funzione legislativa bicamerale resta “per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, nonchè per le leggi in materia di sistemi elettorali, ordinamenti dell'Unione Europea, tutela delle minoranze linguistiche".
Matteo Renzi non dovrà dunque fare i conti solo con le richieste di Forza Italia o con il ddl presentato su Senato e Titolo V presentato da Scelta Civica di Mario Monti. Anche dal Pd si indica una svolta diversa.
“La nostra proposta” spiegano ancora i senatori “prevede un taglio radicale, un dimezzamento dei parlamentari, e tuttavia sarebbe votata dalla “casta” dei senatori”. L’idea è che i colleghi potrebbero preferire questa soluzione, rispetto a “un senato composto da consiglieri e sindaci che vengono ogni tanto in trasferta a Roma”.