«Sel non è lontana dal Pd» e «non c’è rischio minoritarismo». Non secondo
Massimo Zedda, sindaco di Cagliari, con Giuliano Pisapia e Marco Doria protagonista della “primavera” dei sindaci: «Io governo con il Pd, che è la principale forza della mia maggioranza. Così fa il sindaco di Roma. Così fa Doria a Genova, Pisapia a Milano». Sbagliano Migliore e Fava, dunque, perché «il Pd ha bisogno di una forza alla sua sinistra». Ne ha bisogno per correggere lo «strabismo» che troppo spesso lo porta a guardare a destra, per tornare all’esperienza del «centrosinistra che vince». «Sono convinto che l’alleanza con Alfano sia occasionale» dice Zedda: «non mi pare ci sia qualcuno capace di contendersi la leadership di Renzi. La sfida è nel condizionare la sua piattaforma, le sue scelte». Per vincerla bisogna «ricostruire» la sinistra, sì, sapendo però che «la lista Tsipras è soltanto una lista nata per le elezioni europee».
Zedda come giudica la scelta di Gennaro Migliore e altri deputati di Sel, di avvicinarsi al Pd e al governo di Matteo Renzi?«Mi dispiace, soprattutto, perché conosco Migliore da tanto tempo e Fava da più tempo ancora».
Fabio Mussi ha parlato di una «mossa priva di senso politico», perché?«Perché stanno sbagliando, dal punto di vista politico. Perché il Pd ha bisogno di una forza alla sua sinistra. Io guardo i numeri, guarda quello che accade a Cagliari, in Sardegna e non solo. Dove e quando il Pd cresce, cresce anche Sel, e vinciamo. Se fossimo un solo partito, come qualcuno pensa dovremmo essere, non avremmo preso a Cagliari loro il 40 e noi il 6 per cento, alle Europee, con la lista Tsipras. Avremmo preso forse il 38, o anche meno».
Chi lascia Sel, pensa che restare troppo distanti dal Pd in questa fase rischia di condannare Sel al «minoritarismo» e di compromettere future alleanze.«Ma io non sono distante dal Pd. Io governo con il Pd, che è la principale forza della mia maggioranza. Così fa il sindaco di Roma. Così fa Doria a Genova, Pisapia a Milano. Io sono molto vicino al Pd perché sono vicino al centrosinistra, e senza Pd non ci sarebbe la coalizione. Solo non condivido la vicenda nazionale, il governo con la destra, pur immaginando che Renzi consideri occasionale l’alleanza con Alfano, e abbia in testa di ricostruire il centrosinistra».
Ne è così sicuro? Renzi ha una forte vocazione maggioritaria.«Renzi un po’ lo conosco. Avrà anche preso il 40 per cento alle europee, ma sa bene che alle amministrative il centrosinistra esiste, è unito, è vario, e vince. L’avvicinamento è nelle cose anche al livello nazionale. O almeno, io mi ostino a considerare un’eccezione la maggioranza dell’attuale governo».
C’è un’alternativa alla leadership di Renzi?«Non credo, o almeno ad oggi non mi pare ci sia qualcuno capace di contendersi la guida con Renzi. La sfida è però nel condizionare la sua piattaforma, le sue scelte. Come fa oggi Alfano, che immagino non sia il ministro degli interni ideale del segretario del Pd, e che però lo condiziona».
Cosa rimane, oggi, con il Pd di Renzi, del centrosinistra della “primavera” dei sindaci, che fece vincere lei, Doria a Genova, Pisapia a Milano?«Rimane poco, sicuramente. C’è nei territori, nelle regioni e nelle città, ma va ricostruito quello spirito».
Era un centrosinistra più o meno spostato a sinistra?«Era un centrosinistra meno strabico, guardava meno volentieri a destra».
Lei è tra i fondatori di Sel che venivano dai Ds, e che con Fabio Mussi decisero di non aderire al Pd. È così diverso il Pd di Renzi? Perché attira alcuni suoi compagni di allora, tra cui Claudio Fava?«Bisognerebbe chiederlo a loro. Io credo che così come col Pd delle origini, si debba e possa costruire un’alleanza».
L’alternativa alla strada tracciata da Migliore è proseguire sulla strada della lista Tsipras? Come?«La lista Tsipras è soltanto una lista nata per le elezioni europee. L’idea di ricostruzione della sinistra è cosa ben più complessa e lunga. I processi politici accelerano sotto le elezioni, ma poi sono spesso lenti, spesso più di quanto vorremmo. Io penso si debba lanciare un appello a tutti coloro che condividono alcune posizioni sulla precarietà, sulla disoccupazione, sulla trasparenza, sull’istruzione. C’è un elettorato che ha dimostrato di cercarci, di esser disponibile a spostarsi. Dobbiamo farlo parlare, senza preoccuparsi di stabilire chi è più di sinistra dell’altro».