Con 395 sì, 138 contrari e 2 astenuti, la Camera ha dato il via libera all'arresto di Giancarlo Galan. Il deputato di Forza Italia ha pregato e sperato in un ennesimo rinvio che però non c'è stato. Così il protagonista politico principale del caso Mose finirà dentro con l'accusa, pesantissima, di corruzione. A Montecitorio è la seconda volta in pochi mesi che viene concesso il via libera all'arresto: Francantonio Genovese del Pd subì lo stesso trattamento. Segno che il clima è cambiato.
[[ge:rep-locali:espresso:285500327]]
I difensori dell'ex governatore del Veneto hanno comunque pronta l'istanza per la concessione dei domiciliari per motivi di salute da presentare al giudice per le indagini preliminari. Infatti Galan è ricoverato da più di una settimana nell'ospedale Este di Padova per una frattura della tibia e del perone. Per Galan nulla da fare, quindi. Il presidente della commissione Cultura dovrà preparare la propria difesa da indagato e ristretto, in carcere o nella propria residenza. Lui che ha sempre tirato fuori gli artigli per parare i colpi. E a giornali e magistrati va ripetendo che è innocente. Si definisce vittima delle manovre di persone di cui si fidava. Insomma, vittima di un complotto.
''Sono incazzato e sapete benissimo con chi...''. E' quanto ha dichiarato, dopo il via libera al suo arresto, il deputato di Fi, lasciando in carrozzina l'ospedale di Este, dove era ricoverato da una decina di giorni. L'ex presidente del Veneto e' salito su un'ambulanza che lo ha accompagnato nella sua abitazione a Cinto Euganeo sui Colli Euganei in provincia di Padova.
Ma le informative della Guardia di finanza (che accusa di gravi errori e omissioni durante le indagini) raccontano un Galan attivissimo nell'affare delle dighe mobili. Per questo la magistratura veneziana ne ha chiesto l'arresto quando un mese fa ha disinnescato il sistema di mazzette e clientele. L'inchiesta è monumentale: cento indagati, 35 arresti. Il sindaco della città, Giorgio Orsoni, accusato di finanziamenti illeciti; manette anche per l'assessore regionale alle Infrastrutture Chisso; coinvolti un magistrato della Corte dei Conti e un generale della finanza. E infine tra gli indagati eccellenti c'è pure Marco Milanese, l'ex consigliere di Tremonti al Tesoro e già finito nel mirino degli inquirenti per la vicenda della loggia P4. Un romanzo criminale in laguna che i pm hanno definito «peggio di una tangentopoli».
Il ruolo di Galan emerge dalle intercettazioni. I pm Stefano Ancilotto, Paola Tonini e Stefano Buccini tra le tante ne hanno depositato una tra il commercialista Paolo Venuti e la moglie Alessandra Farina. Parlano dei soldi che gestiscono per conto dei coniugi Galan. «Quelli in Svizzera li tengo io, quelli in Croazia li tiene lui. Un milione e otto» dice il professionista. Ma non finisce qui. Secondo gli investigatori Venuti e Farina sarebbero prestanome di Galan. Tanto che dopo gli arresti di Piergiorgio Baita della Mantovani Spa e di Giovanni Mazzacurato ras del Cosorzio Venezia Nuova, iniziano a preoccuparsi di come fronteggiare un'eventuale “attacco della magistratura”.
A parte il tesoretto messo da parte da Galan, nei verbali di interrogatorio, Baita e Mazzacurati, ricostruiscono il flusso di denaro verso i politici “amici” e sostenitori della grande opera. Regali che avrebbe ricevuto anche il deputato di Forza Italia. «L'altro importante episodio che ricordo è stata l'approvazione da parte della commissione VIA della Regione Veneto delle dighe in sasso per le quali Mazzacurati mi disse che gli era stato richiesto dall'assessore Chisso a nome del Presidente Galan il riconoscimento di 900 mila euro. Altro episodio specifico è stata l'approvazione in commissione di Salvaguardia del progetto definitivo del sistema Mose per il quale, sempre attraverso Chisso, ma a nome del Presidente Galan, fu richiesta la somma di ulteriori 900 mila euro» ha chiarito Baita davanti ai magistrati.
I manager del Mose pagavano Galan, dunque. E lui cosa prometteva in cambio? A rispondere è Mazzacurati: «Ci fu un'occasione in cui Galan é andato via, era partito, ed era nato un problema. Io chiamai Baita per vedere di fare rientrare Galan che potesse intervenire su una di queste opere che era fondamentale per poter continuare, il fermo di una di queste opere poteva avere un effetto a catena sulla costruzione. Ecco, Galan era fuori, rientrò e la cosa ebbe un effetto chiamiamolo positivo, nel senso che lui intervenne e riuscì a fare approvare queste scogliere, insomma. E' stato uno di quei momenti importanti in cui il lavoro si poteva bloccare e invece ha continuato». E alla domanda se Galan fosse un sostenitore dell'opera, e quindi del sistema, l'ingegnere del Mose, risponde senza esitazioni: «Sì, direi di sì assolutamente».
Le accuse al governatore non finiscono qui. Baita per esempio parla anche della ristrutturazione della villa di Cinto Euganeo pagata dalla società Mantovani, coinvolta nella tangentopoli Mose. Galan nega. E ricostruisce l'iter di acquisto della villa. Ma gli inquirenti non gli credono perché ci sono tre testimonianze che convergono e raccontano un'altra storia: Galan era ben consapevole del suo ruolo nel sistema Baita-Mazzacurati. Era un punto di riferimento.