«Ma come si fa?». Le ultime battute della campagna elettorale, in Liguria, sono l’occasione per uno scontro tra democratici ed ex democratici, tra Pippo Civati, l’ex dissidente che ha lasciato il partito di Matteo Renzi twittando #raggiungoPastorino, e Pier Luigi Bersani, ex segretario col mito della “Ditta”, che guida l’opposizione interna nel Pd, ma che è andato a Genova a sostenere Raffaella Paita, candidata renziana: foto, comizio, e un’iniziativa in una storica società di Mutuo soccorso.
Da qui la polemica di Civati: «Come si fa a sostenere una candidata entusiasta del Jobs Act, delle riforme, dell’Italicum, dello Sblocca Italia, tutte cose che non si sono votate in aula?», ha scritto sul suo blog «come si fa a sostenere una candidata che non ha detto una parola sulla riforma della scuola, ma è sicuramente favorevole? Come si fa a organizzare convegni e correnti sulla necessità di ricostruire la sinistra e poi fare campagna per chi candida gli impresentabili e si allea con la destra?». Civati può continuare a lungo, alzando sempre di più le accuse: «Come si fa a dire di voler rappresentare gli ultimi, i lavoratori, i non rappresentati, e poi si chiede il voto per chi conosce solo logiche di potere e favorisce gli amici degli amici?».
Civati ricorda ai suoi ex colleghi gli endorsement arrivati a Paita da esponenti della destra (come Franco Orsi, ex senatore scajolano) durante le primarie vinte contro lo sconfitto Sergio Cofferati, che ha denunciato i brogli e ha lasciato anche lui il partito, per sostenere Pastorino. E poi Civati ricorda le candidature «trasformiste» comparse nelle liste civiche che sostengono la candida dem.
Tra queste c’è quella dell’ex vicesindaco di Imperia, Luca Lanteri, anche lui vicino all’ex ministro Claudio Scajola, ma almeno dal 2013 riconvertito al renzismo: «È naturale e positivo» ha però obiettato Paita all’Espresso, «che elettori e dirigenti delusi dal sogno liberale di Berlusconi, tradito, si avvicinino a una sinistra riformista di governo. Di accordi elettorali, con la destra, noi non ne abbiamo fatti».
Tra queste c’è quella dell’ex vicesindaco di Imperia, Luca Lanteri, anche lui vicino all’ex ministro Claudio Scajola, ma almeno dal 2013 riconvertito al renzismo: «È naturale e positivo» ha però obiettato Paita all’Espresso, «che elettori e dirigenti delusi dal sogno liberale di Berlusconi, tradito, si avvicinino a una sinistra riformista di governo. Di accordi elettorali, con la destra, noi non ne abbiamo fatti».
E se Bersani dice «nei momenti difficili bisogna esserci», «se ci son battaglie da fare si fanno nel Pd», è evidente che Civati preferisce la posizione di chi, come Stefano Fassina, pur essendo ancora nel Pd, dice che in Liguria voterrebbe il candidato della sinistra, il civatiano Luca Pastorino: «Certo non voterei per Raffaella Paita» ha detto Fassina all’Espresso, «ci sono molti democratici, elettori del Pd, che trovano nel progetto che in Liguria rappresenta Pastorino risposte che il Pd non dà più, e da tempo». Ma Fassina dal Pd è praticamente uscito: è noto che lascerà il partito quando il Senato approverà la riforma della scuola.
Per Bersani la prospettiva è evidentemente un’altra. Lo sa bene Civati, che infatti la critica: «Come si fa a temporeggiare», scrive ancora, «guardando a un congresso di partito che non si terrà prima del 2017, e chiudere gli occhi di fronte a ciò che succede nel Paese giorno dopo giorno?». Replica Bersani: «Per me lo slogan è 'tornare al Pd', un partito saldamente di centrosinistra, ulivista, alternativo alla destra». «Io non è che sono estraneo agli argomenti di Civati e ai temi che sollevano alcuni compagni» ha continuato l’ex segretatio, «ma io dico a loro: ma dove andate? Dove state andando? il Pd è un bambino che ha appena otto anni e ne camperà cento. Quante ne vedremo? C’è modo di migliorare. Ma dove andate?».
Twitter @lucasappino
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