Il premier italiano ha lanciato questa settimana, dal settecentesco Teatro Niccolini di Firenze, appena restaurato, la scommessa più grande del suo governo

Matteo Renzi
Matteo Renzi ha puntato tutta la sua carriera politica su un tema che sembra poco esaltante: l’approvazione della sua riforma costituzionale. Ma il giovane capo dell’attuale governo di centro-sinistra è convinto che, in un paese come l’Italia, tradizionalmente caratterizzato da esecutivi instabili e lentezza dell’attività legislativa, il rilancio dell’economia e l’attuazione del suo programma di riforme siano possibili solo cambiando le regole del gioco politico.

"E’ un grandissimo bivio tra l'Italia che dice sì e quella che sa solo dire no”, ha ribadito Renzi lunedì scorso al teatro Niccolini di Firenze, dove l’ex sindaco di questa città ha lanciato la campagna per il Sì al referendum, in programma per ottobre.

La riforma costituzionale prevede un ridimensionamento del senato e una riduzione dei suoi poteri legislativi. I suoi sostenitori credono che potrebbe rendere più efficiente il sistema politico italiano, notoriamente farraginoso, poiché i disegni di legge non rimbalzerebbero più all’infinito da una camera all’altra del parlamento. I legislatori hanno già approvato questa misura, che adesso però va sottoposta a un referendum perché non ha ottenuto i due terzi dei voti dei parlamentari.

Finora, il primo ministro sembra avere il sopravvento. Anche se il consenso al Partito democratico al governo è diminuito da quando Renzi è entrato in carica nel febbraio del 2014, gli analisti politici ritengono che gli italiani apprezzino l’idea di snellire l’azione politica nella terza più grande economia dell’eurozona.

Secondo un sondaggio condotto a fine aprile dall’istituto di ricerca Demopolis, il 58% degli italiani avrebbe votato Sì se il referendum si fosse svolto in quel momento, contro un 42% di No.

Se Renzi dovesse perdere il referendum, questo avrebbe un effetto molto preoccupante per l'Italia. Il suo governo probabilmente cadrebbe, spianando la via al potere di gruppi populisti come il Movimento 5 Stelle, il principale partito di opposizione, o aprendo una fase di stallo senza alcun governo.

Federico Santi, un analista di Eurasia Group, ritiene che vi sia una probabilità del 75% che al referendum prevalga il Si, ma nei prossimi mesi l’orientamento potrebbe cambiare.

"Mancano ancora sei mesi al voto e questo lascia ampio spazio a un capovolgimento di opinione. L’opposizione sta contestando da tempo i cambiamenti proposti, che considera antidemocratici ed eccessivamente favorevoli al Pd, ha scritto Santi in un suo rapporto. "Un voto negativo sarebbe un duro colpo e preparerebbe il terreno per un crollo del governo, con conseguenze molto destabilizzanti".

I partiti di opposizione stanno dipingendo la riforma proposta come una presa di potere da parte di Renzi che eliminerebbe il controllo democratico sull’attività dell’esecutivo in Italia, tanto più dal momento in cui la riforma elettorale approvata dal parlamento l’anno scorso garantirebbe un enorme premio di maggioranza al partito prevalente nella camera dei deputati.

"A ottobre un bel No per mandare a casa un premier mai eletto dal popolo e per ripristinare la democrazia nel nostro paese", ha scritto sulla sua pagina Facebook ??Renato Brunetta, capogruppo alla camera di Forza Italia, il partito di opposizione di centro-destra. Renzi è diventato il più giovane primo ministro d'Italia, dopo aver spodestato l’ex capo del governo Enrico Letta mediante un colpo di mano nel partito, senza ricorrere alle urne.

Brunetta ha citato anche un recente sondaggio di Euromedia secondo il quale il No era in vantaggio con un margine ristretto. Ma alcuni oppositori della riforma costituzionale vorrebbero che il referendum venisse spacchettato in diverse questioni, anziché proporre un quesito unico: segno che temono che stanno perdendo la battaglia.

Il Movimento 5 Stelle, che ha votato contro la riforma costituzionale in parlamento, accusa Renzi di distogliere l'attenzione dalle elezioni amministrative che si svolgeranno il mese prossimo, comprese quelle per il comune di Roma, dove il candidato del suo partito è indietro nei sondaggi.

"Sapendo che perderà nelle grandi città, preferisce guardare avanti", ha detto Luigi Di Maio del Movimento 5 Stelle, che è il più probabile sfidante del premier oggi in carica alle prossime elezioni politiche nazionali previste nei primi mesi del 2018.

Renzi condurrà la sua campagna referendaria in tutto il paese nei prossimi mesi, facendo apparizioni nei teatri di una serie di città. Ed ha un alleato di alto profilo: un uomo politico di grande peso come Girogio Napolitanno, il novantenne ex presidente della repubblica, che è oggi senatore a vita.

"Se si affossa anche questo sforzo di revisione costituzionale, allora è finita: l’Italia apparirà come una democrazia incapace di riformare il proprio ordinamento e mettersi al passo con i tempi” ha dichiarato Napolitano questa settimana al “Corriere della Sera”.

Ma anche l’ex presidente della repubblica aveva avvertito Renzi che era un rischio personalizzare il referendum. "Renzi ha sbagliato a metterci un tale carico politico: se vince il Sì (…) vince l’interesse generale del Paese; non è un trofeo che Renzi possa impugnare, non è un’incoronazione personale”.

(Traduzione di Mario Baccianini)

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