È derby Inter-Roma a Milano. Beppe Sala (milanese, interista) e Stefano Parisi (romano, romanista) sbancano il primo turno delle elezioni a Milano. Vantaggio esile per il manager di centro-sinistra: 41,7 per lui, 40,8 per il manager di centro-destra, che recupera nel corso della notte un gap che nelle prime proiezioni era stato dato tra il 4 e il 6 per cento. Sala, nei sondaggi pre-voto, partiva lievemente favorito.
Terzo, molto staccato, Gianluca Corrado, il giovane avvocato penalista che rappresenta il Movimento 5 Stelle, con il 10,1. Quarto, ma con effetto disturbo su Sala, Basilio Rizzo con la sua lista di sinistra-sinistra, nata in extremis dopo la decisione di Giuliano Pisapia e dei suoi “arancioni” di appoggiare Sala sin dal primo turno.
Qualche considerazione. Uno. A Milano è molto più forte che altrove la polarizzazione del voto: insieme, i due winners coprono l'82,5 dei voti, un record in tutte le grandi città. Il che significa che nei pochi casi dove il centro-destra si presenta unito pur nella tensione nazionale tra Lega e Forza Italia può risultare competitivo: specie con un candidato credibile, preparato e moderato, dallo stile rassicurante e razionale come piace all'elettorato milanese.
Due. Sala registra, con il suo 41,7, uno dei migliori risultati in assoluto tra le città maggiori, soprattutto per un esordiente in politica proveniente dalla società civile. La sua percentuale vale quella di Piero Fassino a Torino, sindaco apprezzato e politico navigatissimo. Lo scarto con Parisi risulta minore di quanto si pensava, ma ciò non diminuisce la qualità del risultato personale; tantopiù che il Partito democratico, a Milano, non va oltre il 28,9 per cento. La sensazione è che il programma, basato su un'idea di città internazionale, a vocazione innovativa e insieme turistica e culturale, con enfasi sul rilancio delle periferie, unito all'effetto-Expo, premia la sostanziale continuità con l'esperienza Pisapia.
Tre. A Milano il movimento di Casaleggio e Grillo cresce molto meno che altrove, e decisamente non sfonda. Corrado paga il prezzo della candidatura travagliata (è stato “selezionato online” in ritardo, dopo che una prima candidata si è ritirata in circostanze caotiche). Soprattutto, i messaggi aggressivi e semplificati di certo grillismo stile “sono tutti uguali” (di cui peraltro Corrado non ha abusato) in una città internazionale, efficiente e colta come Milano risultano deboli. Come ha riassunto il ministro Maurizio Martina: «I 5 Stelle sono forti dove c'è il caos; molto meno dove c'è impresa, sviluppo, cultura».
Quattro. Le divisioni della sinistra, dovute a disagio anti-renziano e fastidio per il candidato-manager ma anche, come accade spesso, a qualche brama personale, finiscono per ridurre il gap di partenza Sala-Parisi, ovviamente a favore di quest'ultimo. Come volevasi dimostrare. È l'ennesimo capitoletto delle “divisioni a sinistra” che affliggono da tempo immemorabile questo schieramento a Milano come in Italia. In questo senso, nulla di nuovo.
Ora la sfida del ballottaggio. Difficile. Si parte da un testa a testa apertissimo. Parisi ha recuperato con merito, avendo saputo tenere abilmente a bada, o nascosta, la componente aggressiva e sempre più xenofoba della Lega di Matteo Salvini. Il tema della paura identitaria c'è anche a Milano, ma Parisi ha saputo declinarlo con una certa machiavellica sottigliezza. Soprattutto tenuto contro che la Lega a Milano resta un partito secondario, che anche stavolta non va oltre l'11,8 per cento dei voti. Mentre Forza Italia, nella città dove nel 1993 nacque il movimento di Berlusconi, mantiene un 20 per cento che altrove, nel declino generale dell'ex Cavaliere, si sognano.
Dalle primissime analisi, la partita si profila duplice. Sia Sala sia Parisi dovranno provare a sedurre l'elettorato arrabbiato dei 5 Stelle; e Parisi ha cominciato per primo, con dichiarazioni esplicite già in piena notte. Anche se l'esperienza dice che l'elettorato grillino, ove sconfitto, in parte non si ripresenta a votare. E la direzione del movimento annuncia che lascerà una sostanziale libertà di voto.
Ma mentre Parisi, è la sensazione, ha fatto il pieno di voti subito grazie alla compattezza, almeno formale, della sua coalizione, Sala sembra avere un piccolo vantaggio potenziale: quella di poter corteggiare, l'opinione di chi ha votato Rizzo all'ala sinistra.
Starà al “soccorso rosso” a decidere se dare una mano al candidato Sala, vissuto come tecnocrate, renziano e uomo dei poteri forti; o se dare una mano, non tornando alle urne, al recupero in extremis del candidato del centro-destra.
Se questo accadesse, sarebbe come regalare all'asse Berlusconi-Lega l'eredità del buon modello Milano affermatosi negli anni di Pisapia. Un regalo immeritato, a chi è contrario persino alle politiche antitraffico che sono da anni il fiore all'occhiello dell'amministrazione di centro-sinistra.
Per il piacere di dare uno schiaffo a Matteo Renzi, insomma, la sinistra-sinistra rischierebbe di fare, anziché un bel risotto color oro, una gran frittata alla milanese.