Con l’elezione all’Assemblea regionale siciliana di Luigi Genovese, figlio dell’ex Pd ora ?Fi Francantonio, condannato in primo grado, s’è rinverdita la gloriosa tradizione dei pargoli che seguono le preferenze dei padri (in questo caso anche degli zii, dacché Franco Rinaldi, zio di Luigi, pure lui ex Pd e condannato in primo grado nello stesso processo, ne possiede a Messina 20 mila circa).
Comunque, il prossimo della serie dovrebbe essere Piero De Luca, avvocato, primogenito del governatore campano e ras delle preferenze Vincenzo: si dice infatti, ormai da tempo, che avrà un posto sicuro nelle liste democratiche, diceria che adesso è da incrociare con quella per cui Maria Elena Boschi sarà candidata sicura giusto in Campania, a configurare in un sistema diciamo di fiducie incrociate, scambi a somma zero. Nella speranza che Piero sia prosciolto per tempo dall’accusa di bancarotta fraudolenta (è stato rinviato a giudizio a marzo), ?il Pd l’ha intanto nominato ?nella segreteria regionale e ne preserva il destino: «Non trovo giusto l’atteggiamento di chi vorrebbe impedire a Piero De Luca di candidarsi per il cognome che porta», ha scandito vibrante Matteo Orfini, a fine estate.
E ci mancherebbe. Non sarebbe certo il primo: da Renzo Bossi figlio ?di Umberto, a Cristiano Di Pietro figlio di Antonio, da Giuseppe Cossiga figlio di Francesco, a Giuseppe De Mita nipote di Ciriaco, fino a Daniela Cardinale figlia di Salvatore, eletta alla Camera a soli 26 anni (nel 2008 era un’età da record), la storia delle dynasty italiane è lunga. Accidentata, non ?di rado.