Politica
12 marzo, 2018

La Spoon River della sinistra

Pd e LeU sono usciti pesantemente sconfitti da questa tornata elettorale. Ecco le nostre rime baciate per i protagonisti di questa batosta

Non sono affatto defunti, sia chiaro: stanno benissimo e auguriamo lunga vita a tutti loro. I protagonisti della nostra giocosa “Spoon River” sono soltanto i capi politici sconfitti del 4 marzo. A sembrare un po' trapassata, semmai, è la loro area politica: il centrosinistra. Sia nella sua versione piddina (al minimo storico) sia in quella scissionista-radicale che si è presentata col nome di Liberi e Uguali (fondamentalmente, la vecchia Sel di Nichi Vendola più diversi leader fuoriusciti in tempi diversi dal Pd, il tutto per un misero 3 per cento finale).

La nostra “Spoon River” ne ha scelti sei, di questi esponenti politici, e a ognuno sono dedicate sei quartine in rima secondo lo schema ABAB. Qualche verso forse, come nei libri di scuola, esigerebbe una spiegazione: ad esempio il riferimento alla celebre frase di D’Alema «Capotavola è dove mi siedo io», poeticamente trasformata in «Nel desco capeggia laddove sto io»; oppure il verso finale dedicato al romanzo di Franceschini “Daccapo”, il cui protagonista è un notaio che ha avuto figli con 52 diverse prostitute («ch’è storia baldracca»); così come l’ultima quartina di Minniti si comprende solo sapendo che il ministro è stato sconfitto, nel suo seggio, da un ex grillino pre-espulso per la questione rimborsi («a lui l’han beccato col Cro taroccato»).

Altre satiriche allusioni sono invece più semplici da cogliere. In ogni caso, buona lettura.


Massimo D'Alema

Un intelligente
“Nel desco capeggia laddove sto io”,
dicevo nei giorni migliori di tutti
Col cuoco Vissani mangiavo da dio orate e gran vini, champagne e prosciutti.
Con Ikaro in mare io ancor veleggiavo
con Letta crostate e la Bilaterale
col buon Walterino allegro duettavo
coi Lothar giocavo al leader mondiale
Parlavo in tivù e dicevo “diciamo”
dei poveri invero mi prese amnesia
giacché del Palazzo sentivo il richiamo
ottoni ed arazzi, è la mia biografia.
Del Colle più ambito ebbi giusto l’odore
un giorno lontano di tanti anni fa
fu un solo momento, fu un solo bagliore
poi venne la feccia che urlava “onestà”.
Venne anche quel barbaro bruto toscano
a cui subitaneo promisi vendetta
L’ottenni più tardi e lui cadde nel guano
ma di riaver tutto un po’ troppo ebbi fretta
Adesso mi cibo d’avanzi qui in mensa
perfino a Nardò mi chiedono oblio.
A Pigi ch’è accanto la birra si addensa.
Nel desco capeggia laddove sto io.

Matteo Renzi

Un romanziere
Ho perso di brutto ma non mi dimetto
non posso pensare che il tempo è scaduto
foss’anche per farvi soltanto un dispetto
rimango al mio posto tenace e cocciuto
Provengo da un borgo ch’è detto Rignano
provincia tediosa, papà faccendiere
sognavo New York, Parigi o Milano
ma non conoscevo alcuno mestiere
Di lingua ero svelto, furbetto e ciarliero
così nei partiti trovai il mio futuro
D’imberbi piddini fui poi il condottiero
e il Giglio d’amici rullò il suo tamburo
Per quasi tre anni durò quella festa
Col Lotti, il Guerini e Meb la graziosa
più qualche cappuccio a coprire la testa
degli altri invitati, che cosa scherzosa!
Ma mentre godevo di corte quei giochi
la plebe distante vieppiù s’incazzava
A dirmi “sparisci” non furono in pochi
quel quattro dicembre furioso di bava
E adesso, che sorte? Che lande mi cerco?
Mi han fatto “ciaone” strillando di petto
Se mollo mi copron la bici di sterco
Ho perso di brutto ma non mi dimetto!


Marco Minniti

Un poliziotto
Son Domenico Luca e mi dicono Marco
che pure all’anagrafe scrissi bugie
I bimbi scappavano urtandomi al parco
Ahi com’è cosa dura lo crescere spie!
A casa il papà era un gran generale
e cotanti parenti in divisa e stellette
Sognavo ogni notte di vincere il male
riunendo i segreti, le armi perfette.
Fui un po’ comunista accanto a Baffino
ma stretto a tre nodi col folle Cossiga
così del Palazzo varcai lo scalino
ignaro di quanto portassero sfiga
Divenni ministro e punii gli africani
lasciandoli in Libia senza pan né minestra
Del resto anche Max sparò sui Balcani
pur di non perdere i voti di destra
Dissi “basta coi neri a sbafo in hotel”!
e piacqui financo a Salvini e Meloni
Fui quindi lodato a Roma e a Brussèl
via quei nigeriani, non siamo minchioni.
Ma alla fin della fiera mancò il risultato
che là nel collegio arrivò un ex grillino
A lui l’han beccato col Cro taroccato
A me mi hanno trombato a Pesaro e Urbino.

Dario Franceschini

Un romanziere
Un giorno in Romagna quand’ero bambino
un sughero vidi nell’acqua al galleggio
Così colsi il senso di tutto il destino:
non affondare e impara il volteggio.
Divenni imminente un democristiano
lo Scudo crociato però disparì
sicché alla sinistra io porsi la mano
fui dunque un compagno, “mai stato dc!”
Tradii poi Veltroni e presi il suo posto,
ormai virtuosista dell’acrobazia
E se alle primarie fu un altro più tosto
Io lo assecondai nella segreteria
Ma anche Bersani un bel dì si schiantò.
Io con Pierluigi? Che dici? Giammai!
Con un Frecciarossa il Gran Bullo arrivò
così il fiorentino all’istante imparai
È questa la vita, ci vuol fiuto e la barba
bisogna pur sempre pensare al futuro
Cambiare bandiera davvero mi garba
Finito è Matteo, avanti il venturo!
Scrivo intanto romanzi pensosi e premiati
davvero, vi dico, non sono un patacca!
Leggete i miei libri, son ben rilegati
in specie il più bello ch’è storia baldracca.


Maria Elena Boschi

L'eletta
Non parlo il tedesco ma sono in Tirolo
dovevo star lungi dal luogo natio
ché degli aretini l’idrofobo stuolo
a grandi legnate chiedeva il suo fio
Del babbo dovevo salvare la banca
lo chiesi perfino all’amico Ghizzoni
Però in commissione non l’ho fatta franca
Il buco è rimasto - e sono milioni
Eppure ero dea, in stazione Leopolda
la via già spianata bramando il governo
Matteo del piddì guidava la tolda
ai gufi sinistri lanciava ogni scherno
Ma un dì a quel campione gli venne il pensiero
di fare e disfare la Costituzione
Onusta d’audacia e di spirto guerriero
la scrissi daccapo - e fu uno sfondone
Ancora ricordo il dicembre di lutto
attoniti e muti - goodbye nomination!
stavamo a buscarle davvero di brutto
un po’ come Orfini con quella Playstation
Così son finita quassù nella valle
canederli e freddo, oh zio bucaiolo!
dall’alba alla sera, rottura di palle
Non parlo il tedesco ma sono in Tirolo.

Piero Grasso

Un giudice
Vivevo scampato da mille attentati,
di bombe, picciotti, di cosche e altri danni
finché non trillò quel Pippo Civati
e subito dopo anche Nic Fratoianni
“Sei tu”, lor mi dissero, “l’unica speme!
Sei tu di sinistra il solo domani!
Approda con noi, marciam tutti insieme
con Stumpo, Gotòr, Boldrini e Bersani!
Saremo di nome i Liberi e Uguali
e valicheremo il dieci per cento
della gran Storia sarai negli annali
tra i più famosi dei nati a Girgento!
Del vecchio Pd abbiam preso la crema,
insieme alla mitica Anna Falcone
Laggiù nelle Puglie non manca D’Alema
e tu nostro capo farai un figurone!”
Sicché dal Senato discesi lo scranno
Non volli sembrare un quaquaraquà
e quando alla fine compresi l’inganno
scaduto era il tempo di farsi più in là
Così nelle urne fui infine bocciato,
assai pesantito da quelle zavorre
e adesso, solingo, sto qui incatenato,
a fare la guardia c’è un tale D’Attorre.

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