
Ci sono poi le politiche del lavoro su cui riflettere seriamente. Non si compete solo sulla flessibilità, ma anche sulla coesione: tra i lavoratori, tra le aziende, tra i territori. Chi sa cooperare equamente, e nel mutuo vantaggio, è più forte, e sopporta meglio le difficoltà. Per ogni anello delle “catene del valore” ci sono diverse persone che lavorano, e un partito come il Pd deve prendersi cura di pari diritti e di eque opportunità e non solo di produttività. Ci sono le scuole statali e il servizio sanitario da difendere, perché istruzione e salute sono presupposti indispensabili di una cittadinanza libera e consapevole.
Non serve lamentarsi dell’ignoranza degli elettori quando tu per primo non hai fatto nulla per resistere ai tentativi delle destre di tagliare la spesa proprio in quei luoghi dove c’era bisogno di aumentarla riqualificandola, coniugando efficienza e equità in modo che le prospettive dei meno avvantaggiati fossero migliori.
Insomma vorrei un partito che non cerchi di riproporre formule fallimentari, come la Terza Via, e che invece abbia il coraggio di rivendicare i simboli e i principi del socialismo democratico. Questo vuol dire anche un partito internazionalista, che si batta fianco a fianco dei socialisti e democratici degli altri Paesi europei per un nuovo patto di solidarietà tra i popoli dell’Unione.
Un sogno? Può darsi, ma è dal “sogno di una cosa” che si parte per cambiare la società - come aveva capito il giovane Marx - perché se non hai il senso della possibilità è difficile che tu riesca a migliorare la realtà.