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La paura è la protagonista di un singolare esperimento compiuto da un’agenzia di comunicazione che ha fatto ascoltare durante i focus con il pubblico la voce di alcuni leader politici italiani, chiedendo ai partecipanti di indicare chi fosse e quale sentimento scatenasse.
La voce di Giuseppe Conte è stata immediatamente riconosciuta dalla quasi totalità degli intervistati e associata dal punto di vista emotivo alla paura. È il lascito dei mesi di lockdown, quando il premier si affacciava in tv alle otto di sera (alle 20.20), ma anche alle due e mezza del mattino, per portare qualche brutta notizia: chiusure, isolamento, confini sigillati tra le regioni, necessità di contenere il contagio. La paura e la richiesta di protezione. Un anno fa questo sentimento giocava a favore di Matteo Salvini: i decreti sicurezza, il blocco degli sbarchi, la legittima difesa. Oggi spinge per far volare nei sondaggi la figura del presidente del Consiglio, il PdC, il partito di Conte. La rassicurazione, l’affidarsi a un potere che si presenta come benevolo. E la risposta allo stato di emergenza. È lo stato cui si è associata la figura di Conte. Che è la sua forza, ha raccolto fiducia e consenso, ma anche il suo limite, di un politico che ha bisogno di un’emergenza continua per riaffermare la sua leadership. Prima l’emergenza sanitaria, ora quella economica.
È questa esigenza di tenere il momento in tensione che spiega l’interminabile Concilio di Villa Pamphili, blindata dalle forze dell’ordine, il reality show più lungo dell’era post-covid, con le stesse regole dell’originale Grande Fratello: porte chiuse, giornalisti fuori, immagini dall’interno suggestive e fastose, rilanciate dal sito del governo, l’ufficio immagine, il minculpop soft che regna a Palazzo Chigi.
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Ecco il premier seduto tra le statue. Il premier in ascolto dei grandi di Europa: Ursula von der Leyen che si rivolge a lui in italiano («Grazie, caro presidente») e con altre frasi sottolineate («Il tuo governo ha adottato misure audaci. Richiede coraggio, ma ha funzionato. E tu hai indicato la strada ad altri Paesi»), la direttrice del Fondo monetario Kristalina Georgieva che si sporge dal video: «Coraggio, presidente!». La regia da kolossal. La musica epica a sottolineare il momento storico. Le statue e gli stucchi come un set televisivo. Le immagini del tavolo, i ministri con la mascherina e tutti gli altri presentati come comparse: il governatore della Banca d’Italia, i presidenti di regione, le parti sociali, le associazioni di categoria. In alcuni casi, gli scatti riportavano involontariamente un consesso interamente al maschile e anche avanzato nell’età, come un concistoro di cardinali riunti attorno al New Pope di Volturara.
In mezzo, il premier con la sua solo in apparenza innocua vanità che si è fatta progetto politico. Durare l’intera legislatura, almeno fino alla elezione del nuovo presidente della Repubblica, nel 2022, e poi decidere. Se tentare il grande salto verso il Colle, l’exit strategy individuale, o proporsi come il grande timoniere di un nuovo sistema politico, fondato sullo smantellamento degli attuali partiti e schieramenti, il Movimento 5 Stelle con Beppe Grillo ormai in collisione con la sua creatura, ma anche il Pd modello Kom Sahui, come si chiama l’isola thailandese in cui si è rifugiato Goffredo Bettini durante il lockdown: è lui il vero regista dell’operazione Conte come fu quasi trent’anni fa l’inventore del modello Roma con Francesco Rutelli sindaco.
Anche il centrodestra non resterà lo stesso, è ormai una categoria dello spirito senza nessun collante. E della ricostruzione di un nuovo sistema politico Conte spera di essere il demiurgo, l’architetto.
Non abbiamo ancora visto nulla, dunque. L’autocelebrazione degli Stati Generali, man mano che passavano i giorni, si è fatta sempre più solenne, più pomposa, più senza freni. E siamo appena all’inizio. Anche se già nell’ultima settimana fuori dal cancello del casino del Bel Respiro dell’Algardi gli stati generali della propaganda governativa sono stati costretti sempre di più a lasciare spazio agli stati nervosi della società italiana. Il più allarmante è stato denunciato dall’Istituto Gaslini di Genova: gli attacchi d’ansia, i disturbi del sonno, l’aumento dell’irritabilità, i malesseri degli italiani più piccoli chiusi in casa durante le settimane di isolamento. Il 65 per cento dei bambini sotto i sei anni e il 71 per cento dei ragazzi fino ai 18 ha sofferto di problemi comportamentali e di sintomi di regressione.
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Il secondo stato nervoso è la sindrome di impoverimento. Non bastano più le promesse. Ci sono sei milioni di lavoratori in cassa integrazione, ci sono 80 mila domande relative a 870mila lavoratori che l’Inps non ha autorizzato né respinto (Valentina Conte, Repubblica, 17 giugno): sono nel limbo, come lo furono gli esodati della legge Fornero. Sono l’avamposto di quella che abbiamo definito bomba sociale che è anche una gigantesca questione politica. La cittadinanza, la fiducia, la credibilità delle istituzioni. Su questo crinale si gioca il futuro politico di Conte e soprattutto il futuro dell’Italia.
Il terzo stato nervoso è quello che ha portato nel parco di villa Pamphili il sindacalista Aboubakar Soumahoro. I diritti negati, la regolarizzazione dei braccianti che non è mai decollata, l’esistenza in vigore di quelle leggi che giustificano o addirittura aumentano le discriminazioni, quelle che Soumahoro ha chiamato spesso nella sua rubrica sull’Espresso «razzializzazione» del sistema, un meccanismo automatico e infernale di esclusione. Ne parlano sul nuovo numero la leader della sinistra americana Angela Davis (con Manuela Cavalieri e Donatella Mulvoni) e Gloria Napolitano e Antonella Bundu. Generazioni diverse di paesi con una storia diversa che ripetono la stessa domanda: com’è possibile che vi siano così tante brave persone che pensano di poter parlare per te? Una domanda che è alla base della democrazia, della possibilità stessa del discorso pubblico, il suo punto di partenza, cioè il riconoscimento di ogni legittima diversità.
I diritti negati, a partire dalla libertà e dalla vita. La vita è stata negata a Giulio Regeni e ora anche la possibilità di giustizia. La libertà è tolta dal 7 febbraio a Patrick Zaki, detenuto in un carcere egiziano. Con questa consapevolezza comincia oggi una nuova stagione, l’estate 2020 che sarà diversa da tutte le altre. Immaginando per i prossimi numeri una serie dedicata all’estate di quarant’anni fa, quella del 1980, la più tragica della storia con la sua scia infinita di sangue e di morti senza giustizia (il giudice Mario Amato che indagava sui neo-fascisti, la strage di Ustica, la strage di Bologna) si poteva pensare che fossero eventi molto lontani dalle nostre emergenze. Fino a quando ho visto Massimo Carminati uscire dal carcere, ancora una volta. E allora no, non può esserci un garantismo verso gli indagati, gli imputati e i condannati e nessun garantismo nei confronti delle vittime di mafia o di terrorismo. Quei poveri morti che non ricorda più nessuno non sono così lontani da noi, parlano del nostro presente, a saperne ascoltare la voce.