La lettera
Presidente, aiuti gli italiani che vogliono essere davvero cittadini
Il prossimo inquilino del Quirinale dovrebbe, come prevede la Costituzione, favorire le persone che partecipano alla vita pubblica e si prendono cura dei beni comuni, delle persone fragili o affinché venga riconosciuto un diritto. Nelle forme che vanno oltre i partiti sempre più in crisi
Cara/o futura/o Presidente,
noi cittadini contiamo su di lei. Intanto per continuare l’opera cominciata dal suo predecessore, che come ha sottolineato Giovanni Moro in un editoriale su Repubblica di qualche giorno fa “ha incorporato nelle responsabilità costituzionali del Quirinale la cura per lo stato e lo sviluppo della cittadinanza in Italia”, occupandosi di questioni come l’indebolimento dei legami sociali, le disuguaglianze, la cittadinanza per le seconde generazioni di migranti. Ma soprattutto contiamo su di lei affinché, all’interno del grande perimetro della cittadinanza, favorisca col suo settennato il potere e la pratica della cittadinanza attiva.
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D’altra parte, lei sarà il garante della Costituzione e lì, nell’articolo 118, questo favore è proprio previsto: i cittadini, persino singoli, se e quando svolgono attività di interesse generale, devono essere favoriti dalle istituzioni. Una straordinaria rivoluzione - converrà Presidente - nell’idea di democrazia, con i cittadini riconosciuti potenziali fautori di interesse generale tanto quanto le istituzioni, emancipati in Costituzione dall’idea di essere egoisti, interessati soltanto al proprio tornaconto o incapaci, incompetenti, bisognosi di sottostare a una guida, a uomini o istituzioni forti in grado di contenere la loro immaturità istituzionale. Una rivoluzione anche rispetto all’interpretazione riduttiva che è stata data dell’articolo 49 della Costituzione stessa, con i cittadini vincolati a partecipare solo attraverso i partiti laddove, fra le forme di partecipazione, l’unica a essere in crisi è proprio quella.
Al contrario, Presidente, i cittadini sempre di più partecipano organizzandosi in gruppi formali o informali, attivandosi per prendersi cura dei beni comuni, per sostenere soggetti in condizione di fragilità, per tutelare diritti riconosciuti dalle leggi ma disattesi nella realtà o per reclamarne altri inspiegabilmente in ritardo rispetto alla coscienza collettiva. Questo è cittadinanza attiva, cittadini che oltre a essere cittadini, depositari di diritti e di doveri, decidono di fare i cittadini, cioè di esercitare in prima persona poteri e responsabilità.
Uno status che non ne fa necessariamente persone migliori, ma solo più consapevoli perché non vi è superiorità morale ma scelta politica nell’idea di praticare la cittadinanza attiva, di adoperarsi per contribuire a eliminare le ingiustizie avendole, spesso, subite per primi, a rendere la realtà migliore per se stessi e per gli altri, a fare i conti con cose concrete e con i desideri delle persone “in carne e ossa”. E lei, futura/o Presidente, farà molto per i tanti cittadini attivi del nostro Paese se interverrà per rendere riconoscibile il loro ruolo di soggetti che contribuiscono al governo delle politiche pubbliche, anche quando occorra percorrere la via stretta del conflitto: potrà contribuire a impedire, per esempio, il fatto che siano imbrigliati in modi che sono conformi soltanto alle aspettative delle istituzioni, come è avvenuto, almeno a oggi, con il Codice del terzo settore; o che la loro azione sia intesa come l’offerta di servizi che lo Stato non offre più, come condivisione di responsabilità unicamente di tipo amministrativo e che dunque vada regolamentata; o che invalga l’idea che debba essere la cittadinanza attiva a strappare i partiti dal loro declino, facendone una sorta di vivaio per persone da prestare alla politica tradizionale o limitandone il campo a una funzione pre-politica.
Eppure c’è tanto di intervento diretto, di effetti reali di cambiamento della realtà che è possibile fuori e oltre le norme, e che di fatto viene assicurato dai cittadini attivi: dall’informazione che diffondono, dalla formazione che garantiscono, dai dati che producono, dai servizi che disegnano e valutano, dalla cultura che disseminano, dai rischi che gestiscono, dalle carenze che evidenziano e soddisfano. Insomma, dal potere e dalla responsabilità che esercitano soprattutto quando i loro diritti sono compressi, schiacciati, disconosciuti.
Cara/o futura/o Presidente, c’è tanto che lei può fare con riferimento a questi aspetti, cambiando la narrazione sui cittadini di questo Paese, valorizzando il disegno di una democrazia in evoluzione che riconosca alla cittadinanza attiva quella centralità che, nel fare quotidiano, già esercita. Mentre i partiti rischiano di avvilupparsi, spesso svuotando di forza le stesse istituzioni come è per il ruolo del Parlamento, sarebbe bene che fosse chiaro che i cittadini del nostro Paese sono maturi, e anche nella pandemia lo hanno saputo dimostrare. Ma il legame di fiducia fra loro e le istituzioni va ricomposto, e non sarà facile, attraverso scelte tangibili e sostanziali, a cominciare da una comunicazione pubblica autentica ed accurata: uno dei tanti modi per dare concretezza a quel verbo favorire vergato dalla Costituzione.
Anna Lisa Mandorino è segretaria generale di Cittadinanzattiva