Da quando è stato approvato il ddl Varchi che rende la gestazione per altri “reato universale”, decine di coppie che avevano intrapreso il percorso all’estero si sono rivolte ad associazioni e avvocati per avere assistenza legale e risposte su quello che sarà. «Che tutele avrà nostro figlio una volta in Italia? È questa la preoccupazione di questi genitori. Non li spaventa tanto il rischio del carcere o il pagamento di quella somma prevista da un divieto in vigore nel nostro Paese da vent'anni, quanto la tutela dei propri figli. Chi accede a queste tecniche lo fa nel rispetto delle leggi degli Stati a cui si rivolgono», afferma Filomena Gallo, avvocata e segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, che ha già ricevuto richieste da parte di trenta coppie italiane. Dieci di loro sono già all’estero, la gravidanza è in stato avanzato o stanno attendendo il parto. Altre sono all’inizio della procedura, già in contatto con cliniche straniere. «E poi ci sono coloro che avrebbero voluto iniziare il percorso e aspettavano gli esiti delle votazioni in Italia per decidere se proseguire. È normale che dei neo genitori si preoccupino di cosa accadrà», spiega Gallo.

Quelle che si sono rivolte all’Associazione Coscioni sono coppie tra i 27 e i 40 anni, provenienti da diverse regioni italiane: Sicilia, Calabria, Puglia, Lazio, Toscana e Lombardia. Ventisei su 30 sono coppie eterosessuali. Un dato in linea con le statistiche, secondo cui in 9 casi su dieci a rivolgersi alla gestazione per altri sono coppie composte da un uomo e da una donna. «Per la maggior parte si tratta di donne che, grazie alla scienza, hanno superato il cancro, hanno perso l’utero ma conservato i gameti. Oppure sono donne che hanno problematiche di salute che impediscono di instaurare una gravidanza: nate senza utero o con un utero poco sviluppato, con malattie cardiache o altre patologie, soggette a terapie farmacologiche che potrebbero danneggiare la gravidanza», spiega Gallo. Eppure di questa casistica si parla molto poco nel dibattito pubblico sulla gestazione per altri. Per la segretaria dell’Associazione Coscioni, sul tema viene fatta «un’informazione semanticamente non corretta: abbiamo potuto verificare che le coppie che si rivolgono a queste tecniche sono coppie con un progetto genitoriale che vogliono portare avanti nella piena garanzia dei diritti di tutti i soggetti coinvolti. Per questo scelgono percorsi legali, dove al centro c'è la piena e libera volontà della donna che dà la propria disponibilità per portare avanti una gravidanza per altre persone e la piena tutela dei rapporti che si instaurano in seguito della nascita del bambino». In secondo luogo, le coppie eterosessuali sono meno visibili rispetto a quelle omosessuali perché i certificati di nascita dei bambini nati con questa tecnica sono tendenzialmente indistinguibili da quelli di minori nati all’estero senza gestazione per altri.

Nel certificato, infatti, non c’è scritto come è venuto al mondo il bambino: ci sono i nomi dei genitori intenzionali, non della gestante. «La legge Varchi non chiarisce come intende identificare le coppie che hanno avuto accesso alla gravidanza per altri. Immaginiamo una coppia eterosessuale, che partorisce all’estero con una gravidanza spontanea: sarà perseguita come una che si è rivolta alla Gpa? Che tipo di accertamenti verranno fatti? Cosa verrà chiesto ai Paesi dove ci sono leggi che prevedono in forma legale queste tecniche?», si chiede Gallo. È evidente, precisa, che «questa legge colpirà immediatamente le coppie dello stesso sesso».