Salute
9 dicembre, 2025Rinunce alle cure e spesa privata a oltre 41 miliardi: basta pagare e i tempi di attesa si dimezzano fino ai casi limite di 20 giorni contro quasi un anno. Come dimostrano i dati del ministero
In Italia, aspettare una visita specialistica può significare attendere mesi, talvolta quasi un anno. Ma basta pagare per entrare in un’altra corsia: rapida, libera, parallela. È la Libera professione intramoenia, gestita all’interno delle stesse strutture pubbliche, dagli stessi medici, con le stesse attrezzature finanziate da tutti. Un sistema di cura “a due velocità”, quello del Servizio sanitario nazionale, che milioni di cittadini sperimentano ogni giorno sulla propria pelle: perfettamente legale, ma profondamente iniquo, come evidenziano i dati del ministero della Salute relativi al periodo gennaio-agosto 2024.
In Puglia, presso l’Irccs “Saverio De Bellis”, una prima visita gastroenterologica richiede 274 giorni nel canale pubblico, contro 20 giorni se si paga in intramoenia.
In Sardegna, all’Azienda Ospedaliera Brotzu, per una visita geriatrica, reumatologica o ematologica servono 272 giorni attraverso il Ssn e 6 giorni in Libera professione. Sempre in Sardegna, all’Azienda ospedaliero-universitaria di Cagliari, la differenza è tra 147 giorni dell’ordinario e 8 giorni del canale a pagamento.
Le disparità non riguardano solo il Sud. In Lombardia, all’Asst Papa Giovanni XXIII, una prima visita urologica richiede 137 giorni in Ssn contro 4 giorni in Lp. In Liguria, all’Irccs Policlinico San Martino, la neurologia registra 121 giorni di attesa pubblica contro 7 privati. Nel Lazio, al San Camillo-Forlanini, per una visita cardiologica servono 112 giorni nel servizio pubblico e 14 in intramoenia. In Sardegna, per un ecodoppler cardiaco all’Azienda ospedaliera Brotzu, si passa da 102 giorni in Ssn a 3 in Lp.
La lista attraversa quasi tutte le regioni. In Emilia-Romagna, l’Azienda ospedaliero-universitaria di Ferrara registra 153 giorni di attesa per un’ecografia bilaterale della mammella nel Ssn contro 64 in Lp. In Abruzzo, a Teramo, una visita geriatrica o reumatologica richiede 99 giorni nel pubblico e 15 nel privato interno. Nel Lazio, ancora al San Camillo-Forlanini, una visita specialistica geriatrica o ematologica comporta 86 giorni di attesa pubblica contro 10 di privata.
I dati mostrano inoltre che in diverse strutture la quota di prestazioni erogate in libera professione supera nettamente quella garantita dal Servizio sanitario nazionale. A Trento, per la prima visita ginecologica, sono state effettuate 11.453 prestazioni in libera professione contro 2.341 nel Ssn, pari all’83,0% del totale.
Nella Azienda ospedaliera universitaria delle Marche, per la prima visita urologica, sono state registrate 1.998 prestazioni in libera professione e 528 in Ssn, con una quota Lp pari all’82,9%. Nel Lazio, agli Istituti fisioterapici ospedalieri (Ifo), le prime visite geriatrica, reumatologica ed ematologica mostrano una prevalenza netta dell’attività in libera professione, con 61.320 prestazioni private rispetto a 1.443 pubbliche, pari all’81,0%.
In Emilia-Romagna, all’Istituto ortopedico Rizzoli, per la prima visita ortopedica risultano 24.490 prestazioni in libera professione e 5.809 nel Ssn, con una quota Lp dell’80,8%.
Come è possibile che negli stessi ospedali, con gli stessi medici, le attese possano essere così diverse? La risposta è lineare: la legge lo permette. La Libera Professione intramoenia nasce con il decreto legislativo 502 del 1992. Il punto critico è che la legge disciplina tutto – orari, modalità, tariffe, controlli, sistemi di prenotazione – tranne ciò che davvero determina la vita dei cittadini: il tempo di attesa. Nessuna norma impone che le liste d’attesa del pubblico debbano mantenere tempi ragionevoli rispetto alla Libera professione. Cosi i medici del Ssn, fuori dall’orario di lavoro ordinario, possono offrire prestazioni a pagamento all’interno delle strutture pubbliche. Il paziente paga una tariffa che dovrebbe essere più alta del ticket ma inferiore al mercato privato esterno, anche se nella realtà questa differenza con il privato è spesso minima o inesistente. La tariffa viene stabilita dal professionista. L’azienda sanitaria trattiene una percentuale intorno al 25%, mentre al medico, in busta paga e dopo le tasse, arriva circa il 50% della tariffa totale. Ad esempio, al San Camillo di Roma una prima visita cardiologica con il primario costa 250 euro
Il rapporto tra attività istituzionale del Servizio sanitario nazionale (Ssn) e attività libero-professionale intramuraria (intramoenia) si basa su un meccanismo che, pur essendo conforme alle norme, produce agli occhi del cittadino un effetto paradossale: nel servizio pubblico le attese durano mesi, mentre, pagando, si ottiene un appuntamento in pochi giorni.
Questo non dipende da una “priorità” data al privato, ma dal modo in cui è organizzato il lavoro dei medici ospedalieri. Le visite ambulatoriali rappresentano infatti solo una parte minima del loro tempo: la maggior parte dell’orario è assorbita da attività che non compaiono nelle agende — turni di guardia, attività di reparto, consulenze in pronto soccorso, diagnostica complessa, gestione dei pazienti cronici, urgenze e prestazioni di secondo livello provenienti da altri servizi. In molti policlinici, inoltre, accade che la visita Ssn sia svolta materialmente da uno specializzando, ma venga comunque conteggiata sul medico strutturato, che la firma e la registra come propria produzione istituzionale. Questo meccanismo fa risultare formalmente più visite “prodotte” rispetto agli slot realmente disponibili, restringendo ancora di più lo spazio per le prestazioni ambulatoriali.
Il risultato è che il tempo effettivo per le prime visite — l’indicatore principale utilizzato dal ministero della Salute per confrontare Ssn e intramoenia — è molto limitato. Ed è proprio sulle prime visite che nasce il collo di bottiglia. Per entrare nel Ssn, infatti, il paziente deve prima ottenere una visita iniziale, spesso con attese di mesi; solo dopo essere stato preso in carico, potrà accedere a controlli e follow-up più rapidi. Chi ricorre all’intramoenia, invece, salta completamente questa fase critica: paga per la prima visita, viene immediatamente preso in carico e accede subito ai percorsi successivi. Chi non può permetterselo resta bloccato nella lista d’attesa iniziale. Il risultato finale è che il pubblico è rallentato dal carico interno, mentre l’intramoenia può contare su fasce di lavoro più gestibili, rendendo l’accesso più rapido per chi paga.
È in questo scenario che il ministro della Salute Orazio Schillaci è intervenuto annunciando la possibilità di bloccare l’intramoenia quando il divario con il pubblico diventa imbarazzante: «Sei mesi di attesa nel Ssn contro due settimane a pagamento». Una dichiarazione che suona bene, ma che trascura un nodo essenziale: la mancanza cronica di personale, che rende impossibile ampliare l’offerta pubblica e vivere senza il “soccorso” dell’intramoenia.
Nel frattempo, la premier Giorgia Meloni aveva promesso una “svolta” sulle liste d’attesa. Doveva essere il decreto che sistemava tutto: più controlli, più prestazioni, tempi ridotti. La realtà è stata l’opposto. E lo dimostra anche il fatto che i dati ufficiali non vengono ancora pubblicati: non per ritardi tecnici, ma perché mostrano chiaramente che la situazione non è migliorata. In molte regioni le attese sono rimaste identiche, in altre sono peggiorate.
Il conto, inevitabilmente, lo pagano i cittadini. Nel 2024 più di 5,8 milioni di italiani hanno rinunciato ad almeno una prestazione sanitaria. E la spesa privata è salita a 41,3 miliardi di euro, con milioni di persone costrette a pagare per ottenere ciò che il servizio pubblico dovrebbe garantire.
PRECISAZIONE DELL'IFO
In merito all'articolo segnaliamo informazioni anomale in merito alle attività degli Istituti Fisioterapici Ospitalieri.
Non offriamo prestazioni di geriatria e reumatologia, non esistono agende in merito. Il nostro Istituto, con l'Istituto Nazionali Tumori Regina Elena, offre prestazioni di oncologia e servizi connessi a tale patologia.
Per l'anno 2024, per la prima visita ematologica le prestazioni del Servizio sanitario nazionale sono 1.891 e 414 in libera professione con una percentuale Alpi del 22 per cento. Nel periodo gennaio-giugno 2025 la percentuale è del 17 per cento (803 a carico del Ssn e 134 in libera professione).
Come è evidente, i dati sono assolutamente errati, sia assoluti che in percentuale.
La notizia lede gravemente l'immagine dell'azienda che si adopera costantemente per la tutela della salute dei cittadini e dei diritti dei lavoratori e che mette sempre al centro la persona e le sue esigenze.
Livio De Angelis - direttore generale Ifo
Prendiamo atto della precisazione. Ci preme sottolineare che le indicazioni, relative a "prime visite" e non al complesso delle prestazioni, vengono, come chiaramente scritto nell'articolo, dalle tabelle del ministero della Salute che, evidentemente, ha incluso attività specialistiche non eseguite. (ldb)
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