Anche il design ha il suo derby milanese: quello tra il Salone, con le aziende schierate in fiera a Rho, e il Fuorisalone delle centinaia di eventi diffusi oltre i confini della città. Una gara che diventa ogni anno più imprevedibile, da quando una serie di aziende di primo piano ha deciso di abbandonare i padiglioni della prima rassegna mondiale dell’arredo a favore dei propri show room in centro, sempre più grandi e sfavillanti, dove accogliere clienti e partner risparmiando loro file ai taxi, in metro, ai tornelli.
Quest’anno è toccato a un colosso come Molteni & C., tra i fondatori del Salone nel 1961, abbandonare la fiera e traslocare nei sette piani di un edificio imponente dai richiami liberty in via Manzoni, riadattato dall’art director del gruppo, Vincent Van Duysen. Una defezione che fa rumore, e spinge a domandarsi se e quanto la rilevanza della fiera è destinata a ridursi nel futuro prossimo. Angelo Meroni, ceo di un’eccellenza brianzola come Lema, fa la sua previsione: «Non soltanto il Salone, ma un po’ tutte le fiere sono destinate a essere sempre meno importanti. Guardiamo l’ultima edizione, l’anno scorso: grande partecipazione, certo. Ma ho sentito molti buyer dire che preferiscono essere ricevuti in show room, in un ambiente protetto. Non ho la sfera di cristallo, ma vedo crescere in tutto il mondo i flagship store di grosse dimensioni che stanno trasformando il Pianeta in una enorme fiera diffusa lunga un anno».
C’è stato un tempo, neanche troppo lontano, in cui la partecipazione al Salone era un desiderio appeso a lunghe file di aspiranti senza il blasone delle aziende storiche: nel giro di poco l’approccio è cambiato e molte realtà, specialmente di taglio medio, hanno iniziato a trovare più conveniente la città. Tra queste c’è Carpanese Home, eccellenza veneta che, come spiega l’art director Federico Peri, ha scelto di lasciare la fiera in linea con un cambiamento di rotta più profondo: «Volevamo rinnovare il linguaggio pur mantenendo salda la continuità con la storia. Il primo passo è stato accompagnare gradualmente l’identità del brand verso una nuova dimensione: due anni di assestamento in fiera, il 2022 e 2023, durante i quali abbiamo aggiornato il catalogo e iniziato a costruire una visione più contemporanea. A quel punto, il Fuorisalone ci è sembrata l’occasione ideale per uscire dagli schemi espositivi tradizionali e dialogare con un pubblico più ampio, attento non solo al prodotto, ma anche alla cultura del progetto, alla narrazione. Con un fantastico team – AtemporaryStudio per la comunicazione e le strategie aziendali, Silvia Rivoltella per le immagini e Designwork per la grafica – abbiamo lavorato per posizionare l’azienda in modo più coerente e riconoscibile. La partecipazione al Fuorisalone non è un episodio isolato, ma parte di una visione strategica più ampia, che guarda a nuovi scenari internazionali come 3daysofdesign di Copenaghen dove esporremo il prossimo giugno, l’apertura di corner store in città come Shanghai e Miami e l’apertura e consolidamento di nuovi mercati, principalmente in Europa e Stati Uniti».

Ci sono poi i sostenitori incoercibili del Salone, che non toglierebbero mai le tende dalla fiera perché, del resto, è lì che hanno visto crescere la propria storia e i fatturati. È il caso di Cts Salotti, azienda brianzola che festeggia al Salone sessant’anni di storia, senza avere mai saltato un’edizione. «La fiera resta per noi l’occasione fondamentale per incontrare quella comunità variegata fatta di architetti, partner e buyer che ci ha permesso in tutto questo tempo di diventare un’azienda solida», dice il ceo Gianluca Tanzi.
Sceglie sia la fiera sia la città un gruppo con oltre settanta candeline alle spalle come quello veneto formato da Alf DaFrè e Valdesign: mentre il ramo Alf Italia opta per Rho, il grosso del gruppo punta sulla spazio in corso di Porta Romana per mettere in scena le novità per la casa: «Il design – spiegano dall’azienda – è anche questo: pluralità di visioni, di luoghi, di momenti e di incontri. La scelta del posizionamento è parte di una strategia più ampia, che va oltre l’evento e guarda al futuro del brand. Ogni spazio in cui ci raccontiamo diventa un’opportunità per far vivere la nostra visione, perché il design non è solo estetica, ma un dialogo continuo tra chi lo crea e chi lo sceglie».