In un tempo in cui l’emergenza ambientale è diventata una costante, Silent Spring è il racconto visivo di una generazione che non accetta di restare in silenzio. Dalle strade italiane alle foreste tedesche, dalle miniere dismesse del Portogallo alle piazze francesi, Michele Borzoni e Rocco Rorandelli, fotografi del collettivo TerraProject, attraversano l’Europa seguendo le tracce dei movimenti ecologisti più radicali. Non si limitano a osservare: si immergono. Documentano l’impegno quotidiano dei giovani attivisti che scelgono la disobbedienza civile come strumento di cambiamento. Il progetto prende spunto dal libro omonimo di Rachel Carson, pubblicato nel 1962, che per prima lanciò l’allarme sull’impatto della chimica industriale sulla natura. Oggi, quella “primavera silenziosa” torna come metafora di un risveglio collettivo: non più una denuncia isolata, ma una mappa viva delle nuove forme di lotta, spesso invisibili ai media mainstream. Tende, barricate e assemblee, scioperi, blocchi, o azioni dirette, ma anche gli spazi di cura, di relazione, di comunità. Silent Spring è un progetto in divenire, iniziato nel 2021 e ancora con un orizzonte aperto. Le immagini raccolgono le storie di gruppi come Extinction Rebellion, Ende Gelände, Last Generation, Code Rouge e Soulèvements de la Terre. Ragazzi e ragazze che scelgono di fermare i treni, interrompere eventi istituzionali, bloccare infrastrutture fossili. Non per odio o ideologia, ma per amore verso un futuro che sentono minacciato. Le loro azioni, spesso criminalizzate, esprimono una consapevolezza nuova: non si può salvare la Terra senza cambiare radicalmente il sistema che la consuma. Volti e corpi e storie diventano testimoni di una scelta esistenziale prima ancora che politica. Non c’è retorica, ma una forza pacata e radicale. Non più slogan, ma gesti. Non eroi, ma comunità di un futuro incerto. E proprio qui sta la potenza di questo lavoro: nel mostrarci che la protesta ecologista non è solo opposizione, ma costruzione, un diverso rapporto tra umanità e ambiente. Allestita dal 24 aprile all'8 giugno a Palazzo Da Mosto, nell’ambito del Festival della Fotografia Europea di Reggio Emilia, la mostra invita a rallentare, a fermare lo sguardo e ad ascoltare: non solo ciò che urla, ma anche ciò che cresce nel silenzio.

La polizia tedesca durante lo sgombero del villaggio di Lützerath, occupato per oltre due anni da attivisti ambientalisti, che lo hanno difeso dalla demolizione dovuta all’allargamento della vicina miniera di lignite di Garzweiler. Nei giorni precedenti lo sfratto, centinaia di persone sono arrivate da tutta Europa per sostenere i residenti e gli attivisti locali.

Lotte Milow, un'attivista ventenne di Lützerath, in Germania. La vecchia fattoria di Lützerath è stata occupata da circa 400 attivisti che si opponevano all'espansione della vicina una miniera di lignite.

Neurath, una centrale elettrica tedesca alimentata a lignite. Di proprietà di RWE, è stata nominata il secondo maggiore inquinante per emissioni di anidride carbonica nell'Unione Europea nel 2019 dal Gruppo Trasporti e Ambiente dell'UE.

Una barricata costruita dagli attivisti all'ingresso del villaggio di Lützerath per impedire lo sgombero da parte della polizia. La polizia tedesca ha impiegato più di una settimana per sgomberare l'accampamento di Lützerath, allontanando oltre 300 attivisti barricati al suo interno. Gli attivisti che occupavano il villaggio di Lützerath resistevano da oltre due anni all'espansione di un'enorme miniera di lignite in Germania.

André, 23 anni, studente alla Faculdade de Psicologia da Universidade de Lisboa, durante un'occupazione universitaria End Fossil: "Questa è la mia prima occupazione. La mia motivazione deriva dal rendermi conto che l'attuale sistema economico non è sostenibile. Ignorarlo è illogico. Dal momento che le istituzioni non sono dalla nostra parte, sono necessarie azioni dirette e un approccio dal basso".