I medici? Qualcuno dice che sono puttane... Non è la frase che ci si aspetta di sentire da un accademico anziano e un po' solenne come Jerome 'Jerry' Kassirer, già direttore del prestigioso 'New England Journal of Medicine', ora docente alla Tufts University di Boston. Ma il professore sta solo citando: è così che la moglie di un medico si riferisce all'abitudine del consorte di accettare denaro dalle case farmaceutiche. Ed è così che Kassirer, che ha abbandonato il 'New England Journal of Medicine'proprio perché in conflitto con l'editore sull'indipendenza della rivista, va all'attacco dei suoi ex colleghi. Perché lui, che ha diretto una delle maggiori platee mondiali dove si presenta e si valuta tutta l'innovazione medica, e ha toccato con mano quanto le aziende siano capaci di pilotare scienza e mercato, vede nella corruzione dilagante in sanità non soltanto un orrore etico, ma anche, e soprattutto, un vero e proprio attacco alla nostra salute. Secondo Kassirer, una volta ricevuto un favore o una prebenda il medico non può, fisiologicamente, conservare la sua autonomia di giudizio.
Kassirer è a Bergamo, per partecipare a Bergamoscienza, e affonda: "Ogni volta che un medico ha una relazione di tipo economico con un'azienda, si tratti di ricevere omaggi o di partecipare a un viaggio, si crea inevitabilmente un pregiudizio favorevole nei confronti di quell'azienda". Da poche settimane l'Università di Stanford ha proibito a studenti e docenti di accettare perfino penne, bloc notes o tazzoni decorati con il logo delle aziende. Difficile pensare che basti qualche omaggio a influenzare professionisti esperti. Eppure, spiega il medico, "ci sono processi psicologici che ci spingono a essere ben disposti nei confronti di chi ci offre qualcosa. Particolarmente se si tratta di cibo, che ha un impatto emotivo molto forte. Ci sentiamo in dovere di ricambiare, di aiutare chi è stato gentile con noi: è uno dei principi su cui si basa la convivenza umana ed è difficile resistere". Anche se le conseguenze possono essere pesanti. Perché inevitabilmente le aziende promuovono i farmaci più nuovi e costosi. Che non sono necessariamente i più efficaci. O non sono i farmaci di prima scelta per quel disturbo.
Come è avvenuto, ad esempio, con il Nesiritide, approvato solo per l'insufficienza cardiaca acuta, "e che invece è prescritto diffusamente, nonostante i pesanti effetti collaterali", denuncia Kassirer. In altri casi invece si tratta di farmaci che si affermano sul mercato prima che se ne conoscano i rischi, come è successo per il Phen Fen, la combinazione di fenfluramina e fentermina usata come dimagrante. Non solo i danni per la salute sono inevitabili con questo sistema di regali-riconoscenze. Inevitabile è anche l'aggravio dei costi, che pesano sul servizio sanitario nazionale. "Se i medici prescrivono troppi farmaci, e le aziende continuano a promuovere i prodotti più nuovi e più costosi, alla fine ci saranno pazienti privati delle terapie di cui hanno bisogno", commenta Kassirer.
È un meccanismo perverso. In cui i medici giocano un ruolo importante, anche se non sono loro l'unico obiettivo di Big Pharma: "Non dimentichiamo che anche le organizzazioni dei pazienti sono pesantemente condizionate dalle case farmaceutiche. Che poi coinvolgono abitualmente con regali e pranzi anche le infermiere e il personale degli studi", aggiunge il professore. E la musica non cambia quando si parla degli organismi che dovrebbero vigilare sull'integrità della professione medica, come le associazioni di categoria. "In queste associazioni", rivela l'ex direttore del New England: "Ci sono persone legate alle aziende, e questo spesso influenza le linee guida che dovrebbero definire le terapie ottimali per diverse patologie. Pensiamo a quelle dell'American Hearth Association sull'ipercolesterolemia, molto favorevoli all'uso delle statine: sette dei nove specialisti che le hanno firmate avevano interessi economici con almeno tre aziende produttrici di statine. Certo, ufficialmente non si tratta di corruzione, ma non saprei come altro definirla".
I cosiddetti esperti sono portati in palmo di mano dalle aziende che li coprono di regali, li fanno viaggiare nel più lussuoso dei modi. Perché, di fatto, sono loro a influenzare i medici di base o gli ospedalieri di minor calibro. Come? Dice Kassirer: "Pensiamo ai medici che partecipano a congressi o simposi e ascoltano la conferenza di uno specialista pagato dall'industria, spesso in presenza dei rappresentanti dell'industria stessa. La vasta platea dei medici non ha sempre gli strumenti per capire quando si tratta di interventi sbilanciati a favore della terapia proposta dall'azienda promotrice". Non solo, spesso non è facile distinguere tra le conferenze organizzate dalle società scientifiche e i simposi promossi dalle aziende. Solo all'ultimo congresso dell'American Psychiatric Conference ce n'erano almeno 46: le ricerche presentate ai congressi hanno superato un controllo scientifico, mentre quelle proposte durante i simposi possono essere pura pubblicità.
Un problema che si ripropone durante in corsi di formazione per i medici. "La maggior parte della formazione è in mano alle aziende. I corsi e il materiale informativo sono strumenti attraverso cui esse fanno passare i contenuti che gli interessano", spiega Kassirer. Il risultato è un'assistenza medica costosa e inappropriata unita a una totale perdita di fiducia da parte dell'opinione pubblica. Che comincia a non fidarsi più di ciò che sente in materia di medicina. Nemmeno di stampa e riviste mediche: giorni fa 'Lancet' ha stigmatizzato l'abitudine di 'Medline', la Bibbia a cui tutti si riferiscono per sapere se uno studio o una persona sono affidabili, di includere nel proprio archivio articoli apparsi sui supplementi promozionali delle riviste, e non sottoposti a controllo scientifico.
L'informazione pilotata dalle aziende insiste sui farmaci e glissa sul più economico dei rimedi, la prevenzione. Quando non trasforma in patologie condizioni fisiologiche, come la menopausa, o sociali, come la timidezza. Una banale introversione, come racconta Kassirer, "viene ribattezzata fobia sociale, per spingere i medici a intervenire con i farmaci".