"Double je", "Doppio io" è il nome dell'esposizione. Paillettes, lustrini, fiori di plastica le scenografie, studiate nei minimi dettagli, e nelle foto artisti famosi o modelli, spesso maschili, belli, sensuali. Tutte le immagini sono ritoccate, per rendere visibile ciò che non si vede. L'intimo, l'intangibile, la sensazione, l'emozione. Per superare i limiti della fotografia, sublimare la bellezza, l'estetica del corpo ma anche la tristezza dell'anima, la disperazione e la sofferenza. Le lacrime sono in glicerina.
Pierre e Gilles sono il Gilbert e George parigini. Il, al singolare, perché Pierre e Gilles sono un binomio indissolubile. Vivono in un atelier nella periferia parigina. Stanno assieme, professionalmente e nella vita, ormai da trent'anni. Ed ecco la giustificazione di uno sguardo retrospettivo.
All'ingresso il visitatore è accolto da un loro ritratto: Pierre e Gilles astronauti. Con delle stelle fatte con palline di natale, un decoro di fiori di plastica. Visi senza età. E poi via, in un viaggio tematico più che cronologico. Perché le ossessioni ritornano, ogni tanto. Ritratti di star, icone religiose riviste e corrette, mitologia, cultura pop, cultura gay, e tutta una serie di autoritratti in cui i due artisti finiscono, nella loro ultima opera, nel ruolo del Presidente della Repubblica nel giorno della sua foto post investitura.
Agiscono come in un concerto, barocco, fantastico, infantile: immaginano insieme l'opera finendo l'uno le frasi dell'altro, come capita alle coppie che durano. In funzione del modello, del ruolo che gli hanno attribuito. Poi creano la scenografia, come si fa in teatro, ma con tutti i dettagli, con il massimo della precisione, usando ed abusando del Dio "plastica". Segue la realizzazione dell'illuminazione dell'opera, studiata in modo che dia movimento al soggetto. Studiano e spesso realizzano abiti, costumi, maquillage.
Poi arriva il momento della foto. A realizzarla è Pierre Commoy, 56 anni. Il suo alter ego Gilles Blanchard, 53 anni, ritocca l'unico tiraggio effettuato (sono tutte opere uniche) con degli strati successivi di pittura, al fine di raggiungere, tramite un eccesso di realtà, l'immagine perfetta.
Tante star hanno ceduto al desiderio di essere ritratte, sublimate da Pierre e Gilles. Madonna è una suonatrice di flauto giapponese, Arielle Dombasle è santa Blandine, Laetitia Casta è una stracciona italiana, il miliardario François Pinault è Capitan Némo. E poi Iggy Pop, Marilyn Manson, Mireille Mathieu. Molti dei personaggi esposti invece sono anonimi. Giovani efebi dai corpi androgini. Gym Queen coperte di muscoli. Bad boy incontrati una sera.
Arte sovversiva? Provocatrice? All'inizio forse sì. Trent'anni fa, Mitterrand non era ancora passato dall'Eliseo. L'omosessualità in Francia era ancora un delitto. I bar gay non esistevano. Erano pochi gli omosessuali francesi a vivere alla luce del giorno. Poi ci sono stati gli anni "AIDS", raccontati anche quelli con oscuri riferimenti mitologici. Oggi, in un'epoca in cui la Francia si accorge che dopo il Pacs, dopo i diritti civili, sta entrando inesorabilmente nel post-gay, le provocazioni di questo duo di artisti si evolgono. E diventano, ad esempio, politiche. "L'ebreo e l'arabo" che si baciano sotto la luce della luna, "Il triagolo rosa" omaggio agli omosessuali deportati, "La Guerra d'Irak" in cui il personaggio non muore perché le immagini sono televisivamente modificate, "Il Porto di Le Havre" inquinato in cui fa il bagno un marinaio. Piccoli attacchi allo stereotipo, certo, ma forse necessari.
"Pierre et Gilles, double je" (1976-2007)
Centre Jeu de Paume, 1 Place de la Concorde, Parigi
Catalogo: Pierre et Gilles, edizioni Taschen / Jeu de paume
459 pagine, 39,99 euro