Cultura
14 luglio, 2009

Cibo ti odio

Mangiare? È una pratica immorale. Tipica dei dittatori. Uno scrittore ironizza sull'ossessione di dover essere virtuosi. E sui peccati di gola

George Saunders, 51 anni, è un celebre scrittore americano. I suoi libri in Italia sono stati pubblicati da Minimun Fax e Einaudi

Ovviamente mi sono sentito onorato quando mi è stato chiesto di scrivere un saggio sul cibo e la gola, ma sono rimasto anche un po' perplesso, perché è da quattro anni che ho smesso di mangiare. I fattori che mi hanno portato alla totale astinenza dal cibo sono numerosi. Innanzitutto ero stufo di mangiare. Aveva cominciato a sembrarmi monotono. Sempre la stessa solfa: che tipo di animale morto, che tipo di ortaggio strappato/frutto caduto, come volevo cuocerlo per tentare di mascherare il fatto che stavo mangiando uno della solita sfilza di animali morti/ortaggi strappati/frutti caduti? Le spezie e i condimenti mi apparivano strumenti di una grande menzogna planetaria. Giorno dopo giorno, mi ritrovavo a riprodurre lo stesso ciclo: mangiare, farsi venire fame, rimangiare. Ho cominciato a immaginare il mio stomaco che si riempiva e si svuotava, immaginavo la mia bocca che masticava e deglutiva. A volte, invece di lavorare, passavo ore seduto nel mio cubicolo a immaginare il mio stomaco gonfio e la mia bocca strapiena di schifezze, e ricordo che è stato allora che ho iniziato a saltare il pranzo.

E poi c'era il risvolto morale. Ogni volta che mangiavo, mi rendevo conto che stavo sfruttando qualcuno. La mucca, sì, è logico, e il maiale, l'anatra, ma anche il contadino, il camionista, il cuoco, il lavapiatti e il cameriere. Sul serio, a ogni boccone che mandavo giù, mi sentivo sempre più un oppressore. Ma da quando non mangio più, no. Non mi sento quasi mai un oppressore. A ogni pasto che salto, mi rendo conto che da qualche parte c'è una mucca, un maiale, un asparago, un broccolo, un cameriere, che rimane indisturbato. A volte sì, quando bevo, mi sento ancora un oppressore. Se magari sorseggio un po' d'acqua, mi rendo conto che sto sfruttando i pesci, le alghe, i microorganismi, quelli che hanno costruito le tubature, gli addetti all'impianto di depurazione, la signora che ha fabbricato il bicchiere da cui sto bevendo, il cameriere schiavizzato che mi ha portato il bicchiere d'acqua, curvo come un servo della gleba. Spero di smettere di bere presto, anche se, a tale proposito, debbo confessare una certa pavidità morale. Mi piace bere. In particolare mi piace bere alcolici. Forse è un meccanismo di compensazione, per controbilanciare l'astinenza dal cibo, non saprei. Non sono uno psicologo. So solo che da quando non mangio più, sono quasi sempre ubriaco. Magari penserete: be', grazie che è sempre ubriaco, quella povera anima santa si sarà ridotta a una larva a forza di non mangiare e l'alcol ci metterà molto meno a fargli effetto. Invece no. La verità è che da quando non mangio più, ho messo su quasi 35 chili.

Stranamente, da quando non tocco più cibo, sono diventato grosso come una casa.

Qualcuno dirà: be', questo increscioso aumento sarà dovuto alla costante assunzione di alcolici. Macché. Non può essere, perché ho preso a ubriacarmi regolarmente parecchio tempo dopo aver messo su i 35 chili. La verità è che bevo per dimenticare, per dimenticare che, anche se non tocco cibo, ho messo su quasi 35 chili e non mi entrano più i calzoni. Il mese scorso ho tentato un esperimento. Ho smesso di bere alcolici e ho iniziato a bere solo acqua che, con umiltà, prendevo personalmente dal rubinetto. La prendevo dal rubinetto saltando a piè pari la fase oppressiva del bicchiere, raccogliendola direttamente nelle mani a conca e portandomela docilmente alle labbra. Indovinate un po'? Ho comunque messo su i miei soliti cinque chili mensili! Così ho pensato: ma chi te lo fa fare, e ho ripreso a bere alcolici. Inutile dire che l'astinenza totale dal cibo non è stata facile. Penso al cibo costantemente. Penso ai pasti luculliani che ho consumato in esotiche località internazionali. Penso ai pasti insulsi che ho consumato in località grigie e monotone. Negli ultimi tempi, depresso come sono dai chili che ho accumulato, mi scopro addirittura a pensare ai terribili immangiabili pasti che ho consumato in luoghi minacciosi e ostili, dove in sostanza mi toglievano la forchetta con uno schiaffo sulla mano vomitandomi insulti in faccia.

Ma so che devo tenere duro. Guardate tutti i maledetti che mangiavano! Hitler mangiava, Nerone mangiava, Ponzio Pilato mangiava, ogni dittatore assassino di mezza tacca e ogni banchiere ladro della storia mangiavano. Sì, lo so cosa state pensando: ma anche le brave persone mangiavano! Al che obietterei: sì, ma mangiavano di meno. O se mangiavano in quantità normali, se le gustavano di meno. Gesù era un buongustaio? Non credo. E Madre Teresa? Non fatemi ridere. Gandhi? Sempre a stecchetto. Quindi, se mangiare meno è bene, mangiare zero non sarà meglio? Se i grandi esempi morali hanno sempre scelto la strada del minimo godimento, non sarà più giusto scegliere la strada dell'assenza di godimento?

Negli ultimi tempi la nostra nazione è diventata aggressiva, obesa e ingorda. Presto, secondo me, il pendolo tornerà indietro e diventeremo una nazione contrita, magra e pentita. Quale miglior modo per manifestare il disgusto verso noi stessi, che astenersi collettivamente dal cibo e denunciare il perpetuo ciclo di immissione e smaltimento, il corrotto sistema globale della semina, del raccolto e della messa in tavola? Sarò lieto di farvi da guida. Certo mi sarebbe utile un po' di compagnia.

Allora, caro lettore, pensi di potere entrare nel mio movimento? Anche tu rinuncerai alla crudele oppressione del cibo? Anche tu militerai, a stomaco vuoto e a bocca asciutta, nelle schiere dei pentiti e degli eterei, gonfiandoti inspiegabilmente fino a diventare un santo di immani proporzioni, dedicandoti alla più grande forma di penitenza in assoluto, il rifiuto di qualunque cosa che sia anche lontanamente godibile? Se sì, scrivimi. Ti risponderò durante uno dei miei brevi periodi di sobrietà e ti offrirò qualche prezioso consiglio su come smettere di mangiare. Nel frattempo spero apprezzerai la seguente ricetta.

Brunch fondamentalmente fantastico (per 1-20 persone). Ingredienti:
Aria, circa 190 litri. Mezzo chilo di controfiletto di prima scelta. Tre uova. Quattro aragoste. Panna da montare, basilico, i funghi più cari reperibili sul mercato mondiale.

Procedimento:
1. Mescolate l'aria in una terrina. Mettete da parte a raffreddare. 2. Prendete il controfiletto, le uova, le aragoste sopraffine, i funghi cari arrabbiati e riportateli al negozio. 3. Tornate a casa. 4. Ricordate che avreste dovuto anche riportare indietro lo stupido basilico e la maledetta panna da montare. 5. Infilate in una busta il basilico e la panna da montare, tornate al negozio con un diavolo per capello, restituite il basilico e la panna da montare, uscite indispettiti dal negozio. 6. Tornate a casa, fingete di mangiare l'aria nella terrina. Fingete di far cadere un po' d'aria sul pavimento, chinatevi a raccoglierla con un cucchiaio, fingete di mangiarne l'ultima cucchiaiata assaporandola con piacere. Guardate la persona immaginaria alla vostra destra, scuotete lentamente il capo come per dire: Caspita che bontà!

Importante:
Se provate effettivamente piacere durante una qualsiasi delle suddette fasi, non state seguendo il procedimento in maniera corretta. Picchiatevi in testa con un batticarne finché non sviluppate un'emicrania, poi ripetete le fasi 1-6, stando bene attenti a qualunque segno di godimento. Una variante che vi raccomando è quella di andare in giro per il quartiere col muso lungo, controllando attentamente se qualcuno si sta gustando un decadente pasto luculliano. Se sì, fategli una predica sui benefici dell'abnegazione e sulla natura peccaminosa dell'appagamento personale, finché non gli passa l'appetito o vi caccia via. Tornate di nascosto più tardi e buttategli una bomba incendiaria sul barbecue.

traduzione di Cristiana Mennella

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