Un'alimentazione ricca di grassi, dolci e bevande gassate favorisce tutti i big killer del nostro mondo. Ma fa anche male al pianeta. Eppure si può cambiare registro per salvare la nostra vita e quella della Terra
Qualche secolo fa, anche le nazioni che adesso chiamiamo i paesi del benessere, facevano la fame. C'erano gli happy few, i pochi felici che mangiavano sontuosamente, e c'era la quasi totalità della popolazione che stringeva la cinghia. Oggi c'è ancora metà del pianeta in quelle condizioni, ma ci si comincia a chiedere se la povertà e la fame dei Paesi sottosviluppati non sia in relazione diretta con il consumismo delle nazioni industrializzate, lo stesso consumismo alimentare, spesso guidato da scelte alimentare sbagliate, che causa i big killer del nostro mondo.
Secondo Jean Mayer, nutrizionista dell'università di Harvard, riducendo del solo 10 per cento l'allevamento del bestiame destinato alle bistecche si potrebbero nutrire con grano e legumi 60 milioni di persone nel mondo. E penso, come molti economisti, che il vegetarianesimo potrebbe essere una delle possibili soluzioni per combattere la fame nel mondo. Intanto, come per una specie di legge del taglione, sono proprio le popolazioni dei paesi ricchi ad ammalarsi per gli stili di vita scorretti (poco movimento, alcol, fumo) e per le cattive abitudini alimentari, le quali sono responsabili addirittura del 30 per cento dei tumori, senza parlare di patologie cardiovascolari come infarto ed ictus. Credo che sia giusto inquadrare in questo contesto iniziative come quella che l'Airc, l'Associazione per la ricerca contro il cancro, riproporrà anche quest'anno con le Arance della Salute, distribuite il 30 gennaio nelle piazze italiane per finanziare i progetti di ricerca, circa 140, e per richiamare tutti al progetto di una vita più sana, in cui l'alimentazione divenga la base della prevenzione.
La relazione tra alimentazione e stato di salute è riconosciuta fin dalla preistoria dall'uomo, che aveva imparato a comprendere l'effetto dei diversi alimenti sull'organismo, evitando l'assunzione di cibi nocivi o tossici, perché l'alimentazione è atto cosciente di assunzione selettiva di alimenti. Bisogna tornare a questa funzione di salvaguardia fornita dall'esperienza e dalla ragione, perché purtroppo negli ultimi decenni è successo proprio il contrario, e il modo di vivere delle società sviluppate minaccia di mandare a male i principi di un'alimentazione sana.
Tra le abitudini nefaste per la salute, c'è la consumazione di bevande gasate, creme ghiacciate, eccesso di dolci, e c'è - soprattutto tra i più giovani - il continuo sgranocchiare di alimenti grassi, che tolgono l'appetito per gli alimenti utili. Intanto si va perdendo l'abitudine ai cibi freschi che forniscono vitamine, come la frutta e la verdura. Le Arance della Salute, arance rosse di Sicilia, servono anche a ricordarci che per stare in salute, secondo le linee-guida dell'Organizzazione mondiale della sanità, è importante mangiare ogni giorno cinque porzioni di frutta e verdura.
Purtroppo possiamo constatare che soprattutto i più giovani non mangiano quasi mai la frutta, ma non è troppo tardi per rilanciare la cultura dei prodotti freschi della terra, dell'olio di oliva al posto dei grassi, e in genere di tutti quei cibi della 'dieta mediterranea' con cui l'Italia ha fatto scuola nel mondo. La nuova sensibilità ecologica può essere volta a una riflessione collettiva sul nostro benessere, perché è un progetto che si pone all'interno di un sistema complesso: riguarda l'aria che respiriamo, l'acqua che beviamo, il suolo su cui viviamo, e il cibo che introduciamo nel nostro organismo. Dobbiamo essere consapevoli non solo che ci sono stili di vita dannosi per la salute, ma che i troppi consumi impoveriscono il resto del mondo. Non si tratta di acconsentire a una banale colpevolizzazione, ma di acquisire una mentalità aperta e onnicomprensiva, che ci faccia vedere la vita sul pianeta come una rete di interrelazioni, spronandoci a fare la nostra parte.
È questo il senso degli allarmati rapporti delle Nazioni Unite sulla fame nel mondo. Sono rimasto pensieroso e ammirato, nel maggio del 2009, quando mi è arrivata la notizia che la città belga di Gand per prima al mondo aveva deciso di essere vegetariana almeno una volta alla settimana, come riconoscimento dei problemi affrontati da un rapporto dell'Onu. Nelle strade sono comparsi manifesti che invitavano la popolazione a questo appuntamento almeno settimanale, e nelle mense scolastiche c'è da settembre la giornata del pasto vegetariano.
Scettici per storia e per cultura come siamo noi italiani, possiamo, beninteso, svalutare l'iniziativa con un'alzata di spalle e con un sorriso ironico, ma io desidererei tanto che non lo facessimo: la storia ha dimostrato molte volte che le 'nuove idee' possiedono spesso una forza inaspettata, e che tante iniziative isolate possono alla fine confluire in un cambio di cultura e di mentalità, che apre la strada ai grandi cambiamenti. Cambiamenti di cui davvero c'è bisogno, e che per ora fermentano nell'inquieto mondo dei giovani, ancora non riconosciuti. Come ho avuto modo di dire recentemente al primo Forum Internazionale del Barilla Center for Food and Nutrition, tra i giovani si sta diffondendo un maggiore sentimento di solidarietà verso l'ambiente e un atteggiamento più maturo verso la natura.
Come sarà il mondo che verrà noi non possiamo saperlo, perché i nostri figli, come dice il poeta Kahlil Gibran: "Abitano nella casa del futuro, dove voi non potete entrare, neppure in sogno". Lo so bene, ma ciò non m'impedisce di sperare che questo mondo che noi non vedremo possa essere una casa accogliente per tutti. In armonia e in pace, con l'aiuto della scienza e della ragione.