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Opinioni
gennaio, 2010

Il futuro per Haiti

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La tragedia del terremoto ci spinge a ripensare le città per un domani più sostenibile

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Che lettura si può dare del terremoto di Haiti? Il Paese più povero dell'emisfero occidentale aveva già subito quattro devastanti uragani alla fine del 2008. Perché alcuni paesi conducono un'esistenza tranquilla e incantevole, mentre altri subiscono una catastrofe dopo l'altra, come colpi di Stato, uragani, genocidi?

Gli haitiani che ho incontrato a New York - dove vivono in 400 mila - hanno studiato, hanno fatto affari e conseguito successo. Smentiscono in tutto e per tutto le dichiarazioni di ignoranti e rabbiosi conduttori di programmi televisivi americani via cavo come Bill O'Reilly e Rush Limbaugh, che accusano il popolo haitiano per la situazione nella quale versa, biasimandolo per la sua stupidità e la sua incapacità a tirarsi fuori dai guai, come se in loro ci fosse qualcosa di geneticamente sbagliato.

Gli haitiani saranno anche un popolo sfortunato, ma non sono ottenebrati mentalmente. Haiti ha alle spalle una storia di orgoglio e fierezza nei Caraibi: nel 1797 Touissant L'Ouverture guidò la prima rivolta di schiavi delle Americhe, sconfiggendo gli eserciti imperiali di Spagna, Francia e Gran Bretagna. Quella rivolta portò alla nascita degli attuali Stati Uniti, in quanto in seguito a essa i francesi rinunciarono alle loro ambizioni imperiali in America vendendo grandi porzioni di territorio - la Louisiana - per 15 milioni di dollari, pari a 3 centesimi di dollaro per acro.

Da allora, però, la storia di Haiti non è stata felice: i francesi hanno dissanguato l'isola esigendo cospicui risarcimenti per la perdita dei loro schiavi. Anche prima che questo terremoto la colpisse, l'isola caraibica era una terra già sconsolatamente povera, vicina molto spesso a diventare uno Stato fallito. Negli ultimi anni le donne nelle bidonville sono arrivate a mangiare 'dirt cake' fatti di fango, sale e olio, e ogni 'tortina' è venduta a due centesimi. "Si tratta di un 'taglia-fame'" ha spiegato una di loro. Da un punto di vista politico, il Paese è passato dal tirannico regime di Papa Doc alla grande speranza sfumata di Aristide.

Haiti ha la fortuna e a uno stesso tempo la sventura di trovarsi vicino al più ricco Paese del mondo. Quando l'America lo ha reputato conveniente, ha inviato i suoi marines ad assumere il controllo dell'isola, e il terremoto ha consentito all'America di far vedere il meglio di sé. Navi costruite per scopi bellici stanno arrivando a Port-au-Prince con armi di pace, ovvero medicinali, viveri, squadre di soccorso e di pronto intervento. Alcuni feriti sono stati trasportati nella vicina base di Guantanamo, e là dove erano state torturate delle persone, altre adesso sono curate e assistite.

Che cosa si prospetta per Port-au-Prince? La grande incognita è capire come dovrebbe essere ricostruita. Lasciare che una massa di consulenti e progettisti internazionali accorra e si paracaduti da queste parti, con le tasche piene dei soldi per gli aiuti umanitari, per ricostruire la città alla bell'e meglio, è quanto di peggio potrebbe accaderle. Quando sarà stata ricostruita, Port-au-Prince dovrà essere una città molto più piccola e molto più sostenibile. Ciò che sta accadendo a Port-au-Prince rimette in discussione quelli che crediamo siano i vantaggi dell'urbanizzazione. Se un numero maggiore di haitiani fosse rimasto nelle campagne, il bilancio dei morti sarebbe stato enormemente inferiore. Le campagne, però, non offrono riparo: solo il 2 per cento del territorio di Haiti è ricoperto dalla vegetazione. Il resto delle foreste è stato abbattuto per saldare il debito con i francesi.

Le città possono essere il motore economico che toglie dalla povertà i paesi più poveri , ma possono trasformarsi in agglomerati di miseria, nei quali si erigono edifici fragili e vulnerabili nei confronti di calamità naturali quali i terremoti o gli uragani. Due dei 9,7 milioni di haitiani vivono nella regione metropolitana di Port-au-Prince: quando un quinto dell'intera popolazione di un paese si ammassa in una sola città, la sostenibilità è messa a durissima prova.

Adesso, dopo il terremoto, gli haitiani stanno tornando nelle campagne, con qualsiasi autobus riescano a prendere.

Ai loro occhi Dio ha inviato loro un messaggio preciso: abbandonate le città della pianura. Il popolo haitiano è parte della grande famiglia umana e in una vera famiglia quando uno subisce una sfilza ininterrotta di disgrazie, non lo si mette sotto accusa. Dovere degli altri componenti è rassicurarlo che non tutto è perduto, che sarà aiutato e sostenuto. Ciò che noi possiamo fare è inviare un aiuto economico. Io ho spedito il mio contributo all'eccellente gruppo Partner in Health, fondato dal dottor Paul Farmer che lavora a Haiti da vent'anni con personale quasi tutto haitiano, quindi gli aiuti saranno più efficaci.

Il Signore opera in modi misteriosi. Se manda uragani e terremoti in uno dei paesi più poveri al mondo, crea anche persone come Paul Farmer e Bill Clinton che sono in grado di lenire le sofferenze arrecate dalle calamità.

traduzione di Anna Bissanti

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