Palermo, quartiere Brancaccio: via emiro Giafar è una grigia arteria intasata dai mastini del trasporto pesante che fanno vibrare i vetri dei casermoni della speculazione edilizia che, tutt'intorno, sono spuntati a valle del monte Grifone.
Da quella montagna, nel Mille, l'emiro Giafar Ibn Muhammed mirava un mare di verde cesellato dai fichi d'India del parco della Favara e dagli aranceti della Conca d'Oro. Oggi, secondo l'Operazione Triade, lungo le arterie di asfalto che hanno sostituito gli agrumeti, i Tir portano la droga: hashish marocchino e coca colombiana purissima, al 90 per cento. La droga parte dalla Spagna, transita per Palermo e arriva a Marano, alle porte di Napoli.
Marano è un non-luogo, un dormitorio per chi gravita sul capoluogo; un mare di cemento che ha spazzato via l'identità rurale di un antico centro dedito alla coltivazione di piselli e fragole. Da qui, il clan Polverino controlla e monopolizza il traffico della droga da Malaga a Palermo.
A settembre, l'ultimo atto: la polizia arresta alcuni dei boss del clan maranese che sovraintendono all'asse italo-iberico: finiscono in prigione Pietro Zannella, Vincenzo Marzocchi, Vincenzo Passero e Fabio Allegro. Un duro colpo inferto al clan, dopo che, l'anno scorso, dopo nove anni di latitanza, era stato finalmente acciuffato a Estapona Domenico Verde, broker e luogotenente dei Polverino in Spagna.
Ma, nonostante questi arresti, la posizione del clan di Marano è ancora egemonica: i suoi affiliati sono capaci di trattare le partite di droga, in modo paritetico, direttamente con Cosa Nostra. Non c'è da stupirsi, d'altronde, perché i Polverino sono gli eredi dei Nuvoletta, storici alleati dei Corleonesi e artefici della "mafizzazione" della Camorra rurale, negli anni Settanta dedita soprattutto al controllo criminale del mercato ortofrutticolo.
Il capostipite Lorenzo Nuvoletta, infatti, era affiliato ai siciliani e amico di Totò Riina che si era rifugiato presso la villa-bunker di Poggio Vallesana, a Marano, durante i suoi lunghi anni di latitanza. Riina, d'altronde, mediò personalmente con Cutolo per farlo addivenire a un accordo con la Nuova Famiglia, il cartello di cui facevano parte i maranesi, prima che quest'ultimi si imponessero definitivamente sulla Nuova Camorra Organizzata.
I Nuvoletta, una volta che ebbero soppiantato i cutoliani, misero su un patrimonio immenso, grazie alla cementificazione selvaggia del cratere verde di Pianura, un tempo aggraziato dai filari della Falanghina, della piana fertile di Marano e di Monteruscello, il quartiere costruito per gli sfollati del bradisismo, a Pozzuoli.
Un giro d'affari messo su con il controllo del mercato del calcestruzzo, grazie ad aziende come la Bitum Beton, la Calcestruzzi Puteolana e la Compagnia napoletana calcestruzzi: e con, ovviamente connivenze politiche e perversi intrecci fra Stato e anti-Stato. Lorenzo Nuvoletta fece il salto di qualità con il business del terremoto dell'Irpinia, nel 1980. Il sisma dirottò ingenti risorse sulla Campania, mentre si sperimentavano per la prima volta quelle misure "straordinarie d'emergenza", favorevoli per il malaffare, che abbiamo recentemente visto all'opera alla Maddalena o all'Aquila.
I Nuvoletta, in particolare, furono avvantaggiati e "coperti" dalla politica nella loro ascesa imprenditoriale a seguito di quel patto scellerato fra Stato e Camorra che si realizzò con il caso Cirillo.
La storia del sequestro dell'ex assessore democristiano della Campania Ciro Cirillo, rapito dalle Br nel 1981, rivelò, infatti, come, alla Camorra, contattata dai servizi segreti deviati, in cambio della negoziazione con i brigatisti per il rilascio dell'assessore, fu concessa, in pratica, la possibilità di accedere ai fondi post-terremoto. Chi doveva controllare gli appalti pubblici fingeva di non vedere, mentre l'istituto della "concessione" favoriva le infiltrazioni. Un'operazione politica patrocinata dal "vicerè" democristiano Antonio Gava, beneficiario per sé e per la sua corrente del voto di scambio raccolto dai Nuvoletta e da Carmine Alfieri. Nel caso CoRi, che rivelò il peso dei maranesi nella cementificazione di Pianura, furono coinvolti anche l'allora segretario dell'Msi Giorgio Almirante e il missino Massimiliano Abbatangelo, ex An e fedelissimo di Fini.
Abbatangelo, d'altronde, è una figura paradigmatica di quella perversa commistione fra politica, mafia ed eversione che ha favorito l'infiltrazione della Camorra nelle istituzioni e che ritroveremo anche in Spagna: egli, benché assolto dall'accusa di strage, è stato condannato per aver fornito al boss della Camorra Giuseppe Misso l'esplosivo con il quale un gruppo di terroristi neri e mafiosi, legati a Pippo Calò, fecero saltare in aria, il 23 dicembre del 1984, il Rapido Napoli-Milano 904, causando 16 morti e 266 feriti.
Dopo il sacco della Campania negli anni 80, nel decennio seguente, la bulimia edile dei camorristi divora la Costa del Sol, in Spagna.
Anche nel caso andaluso, ritroviamo mafia e politica corrotta a braccetto con i fascisti. Nel 1991, Jesus Gil y Gil, imprenditore edile neofascista, diventa sindaco di Marbella e, attraverso lo smantellamento dei piani urbanistici, favorisce la localizzazione di palazzinari pronti a investire nella speculazione. Gil "finge" di non vedere la provenienza di quei capitali e, nel frattempo, offre anche asilo sia agli ex falangisti rifugiatisi in Marocco, arruolandoli come vigili urbani, sia a nazisti-fuggiaschi come Otto Remer e Léon Degrelle. In quel decennio, don Jesus ha successo: diventa presidente dell'Atletico Madrid e della Liga, la lega calcio spagnola. La Camorra, invece, fa affari d'oro con la costruzione di resort e ville. In breve tempo, la Costa del Sol giunge a essere ribattezzata Costa Nosta o Costa del Crime.
Secondo Luigi Cannavale, procuratore antimafia di Napoli ed esperto dei camorristi della diaspora, infatti, il 70 per certo dei ricercati, oggi, si trova proprio in Spagna.
E non ci sono solo i Polverino. In questa geografia del crimine che ridisegna inedite traiettorie, Marano è come Malaga, Secondigliano come Estapona, Marcianise come Fuengirola. A maggio, ad esempio, la polizia e la guardia civil arrestano "lo scissionista" Raffaele Amato, a Puerto Ban; agli Amato-Pagano di Secondigliano vengono sequestrati i proventi del traffico della droga: beni per cinque milioni di euro, proprietà immobiliari a Benalmàdena, a Malaga, la Mer Vacanze Immobiliare Sl di Barcellona, e un conto corrente con tre milioni di euro presso la Banca Monegasca di Gestione di Montecarlo.
A mo' di sincretica sintesi fra la Camorra postmoderna di oggi e quella rurale d'antan, i proventi degli scissionisti venivano ripuliti anche in pescherie e salumifici di loro proprietà, a Casavatore e Mugnano.
A maggio è arrestato anche Claudio Locatelli, del clan Mazzarella, detto "Mario 'e Madrid". A gennaio, invece, erano scattate le manette, a Barcellona, per Paolo Di Mauro e Luigi Mocerino con l'accusa di traffico di droga e riciclaggio. Gli stessi addebiti che hanno appena portato il pm della Dda di Napoli Paolo Di Sciuva a chiedere 492 anni complessivi per venti i imputati del clan Belforte di Marcianise, responsabile del traffico fra la Costa del Crime e le terre dei Casalesi.
Oltre alla droga, comunque, c'è un altro business molto interessante, in Spagna, per la Camorra: il contrabbando d'armi. Il circuito è gestito con i russi e gli irlandesi.
Le armi provengono soprattutto dai mercati dell'Est monopolizzati dalla Bratva. In Costa del Sol, infatti, sono stati arrestati grossi calibri del traffico d'armi, come Alexander Kalashov e Semion Mogilevich, ricercato dall'Fbi. Le armi, dalla Spagna, attraversando il corridoio Puglia-Balcani, controllato da Sacra Corona Unita e mafia montenegrina, arrivano ad al-Quaida, in Afganistan e nel Caucaso, attraverso i corrieri dell'Obishna, la mafia cecena.
La rotta inversa, invece, rifornisce direttamente le mafie italiane e, in ultima istanza, i terroristi irlandesi dell'Ira che, accomunati dalla matrice marxista rivoluzionaria, girano le armi ai terroristi dell'Eta.
Secondo la Federal Research Division del Congresso americano, il primo accordo fra i capi dell'Eta e della Camorra per il traffico d'armi risale al 2000 e fu siglato dai Genovese e Felice Bonneti. I baschi, in cambio delle armi della Camorra, giravano la coca colombiana, di cui disponevano grazie alla vicinanza ideologica con le Farc, e completavano così l'offerta camorristica imperniata sull'hashish marocchino e sull'eroina afgana. 500 anni dopo quel fatidico 1492 che vide gli Aragonesi diventare padroni di Napoli, oggi, è la Camorra a dominare una fetta della Spagna.
Reportage15.02.2015
Palermo, how the Mafia changed