La sagoma geometrica di un bombardiere B-2 sullo sfondo di un impianto nucleare tra le montagne dell’Iran. Al centro qualcosa che sembra un proiettile ma in realtà è una bomba, e un titolo: “Disordine mondiale”. La copertina del nuovo numero de L’Espresso guarda al futuro, al caos geopolitico innescato dalla campagna di Israele e Stati Uniti contro Teheran.
Federica Bianchi ricostruisce gli scenari di un puzzle planetario che rivede le posizioni non solo dei Paesi direttamente coinvolti nel conflitto, ma anche di Cina, Russia e Unione Europea. In una situazione esplosiva che, scrive il direttore Emilio Carelli, può sfociare in una guerra globale alla minima scintilla. Daniele Mastrogiacomo porta nuove prove del bluff sull’uranio, che gli Usa dicono di aver distrutto e che invece l’Iran avrebbe nascosto ben prima dell’attacco israeliano. Siamo nelle mani di incompetenti, si sfoga Leon Panetta, ex direttore della Cia, con Manuela Cavalieri e Donatella Mulvoni, mentre Ettore Sequi, ambasciatore di lungo corso, spiega a Carlo Tecce i limiti della geopolitica fatta con il dito sul grilletto.
I venti di guerra influenzano la politica interna, con la fragile unione dei partiti di opposizione intorno al pacifismo (ne scrive Giuliano Torlontano) e l’appoggio europeo a Kiev sempre più in bilico (di Marco Antonellis). E mentre Sebastiano Messina osserva la nuova metamorfosi dei Cinque stelle, Carlo Cottarelli spiega perché il dibattito sulle spese per il riarmo è un dialogo tra sordi. Sergio Rizzo smaschera i trucchi che permettono ai ministri del governo Meloni di nascondere le loro proprietà, Gianfrancesco Turano trasforma in un romanzo le sue inchieste sulla latitanza di Amedeo Matacena, ex deputato di Forza Italia: e la destra arranca anche in campo culturale, appropriandosi di personaggi come Paolo Borsellino (ne scrive Enrico Bellavia) e facendo piazza pulita degli intellettuali di sinistra senza però avere un Piano B (di Loredana Lipperini).
Le inchieste aprono con un lungo focus sulla Sanità, uno dei problemi più gravi nella vita quotidiana dei lettori. La spesa pubblica aumenta, ma aumentano anche gli italiani che non possono permettersi le cure (ne scrivono Barbara Gobbi e Rosanna Mangano), si spende per l’odissea dei malati da una regione all’altra e i conti non tornano (lo spiegano due articoli di Linda Di Benedetto), si sfruttano gli specializzandi per coprire i vuoti nell’organico (lo denuncia Gloria Riva partendo da un caso al Sant’Andrea di Roma), e i reparti di eccellenza come quello contro i disturbi alimentari di Fermo non bastano a coprire la richiesta (testo e foto sono di Lavinia Nocelli). Intanto da uno studio dell’Istituto Ramazzini arriva la conferma definitiva sulla pericolosità del glisofato (di Ludovica Privitera).
Altro tema caro ai lettori de L’Espresso è l’emergenza carceraria: anche su questo il numero in edicola costruisce un mosaico. Il garante dei detenuti scelto dal governo Meloni chiude gli occhi sui problemi (di Natascia Ronchetti), mentre la Francia, per combattere il narcotraffico, si ispira al carcere duro voluto da Falcone per i capi-mafia (di Giusy Franzese): da noi, intanto, il carcere duro arriva a eccessi come negare all’anarchico Cospito la possibilità di leggere libri (di Marica Fantauzzi). Gennaro Tortorelli racconta il viaggio di un aspirante calciatore libico condannato come scafista, Martino Fiumi spiega l’importanza dello sportello che a San Vittore aiuta i detenuti immigrati, che rischiano di finire inghiottiti da un sistema di cui non capiscono nulla, e Lucrezia Tiberio fa il punto sulla stretta legislativa voluta dalla destra contro le ong. Negli Usa intanto, scrive Diletta Bellotti, due attiviste hanno dato vita a una piattaforma online che aiuta le persone razzializzate a difendersi dai raid della polizia.
Il focus settimanale sulle nuove tecnologie parte da un’inchiesta sulla lentezza italiana nel cammino verso i sistemi di identità digitale (di Alessandro Longo) per poi approfondire la disfida tra Usa e Cina per la produzione di video (di Marco Montemagno). Si parla anche della storia del marchio Bulgari (di Antonia Matarrese) e del primo progetto europeo di educazione finanziaria (di Lorenzo Stasi).
E L’Espresso chiude con una clamorosa novità che riguarda i Bronzi di Riace: un nuovo studio, rivela Marisa Ranieri Panetta, dimostra che non sono stati scolpiti in Grecia ma a Siracusa, cambiando tutta la ricostruzione della loro storia. Escono gli audiolibri di Camilleri (di Valeria Verbaro), i Coma Cose si raccontano a Emanuele Coen, Fabio Ferzetti si fa anticipare dal regista Scandar Copti il suo film sul boicottaggio delle coppie miste in Israele.
Come spunti di conversazione, Massimiliano Valeri parla dell’importanza dei dettagli partendo dal ciuffo di Donald Trump, Marco Grieco visita la Casa Arcobaleno che a Milano accoglie le persone Lgbt discriminate dalle famiglie, Francesca Barra invita a meditare sull’infanzia perduta dai nostri figli iperconnessi ed ansiosi. E un libro di Giovanni Giovannetti sull’attività giornalistica di Pier Paolo Pasolini è l’occasione per rileggere la famosa invettiva contro i sessantottini uscita proprio sull’Espresso: una provocazione sempre attuale, che ancora oggi sembra accogliere chiunque protesti contro l’inquinamento, per i diritti civili o per la pace senza se e senza ma.