Solo dopo la denuncia de 'L'espresso' nello scalo romano si è corso ai ripari: accessi sorvegliati, pattuglie di polizia e carabinieri, uffici blindati

Emergenza Fiumicino

Meno male che era tutto in ordine. E che Fiumicino era un aeroporto sicuro. Dopo l'inchiesta de 'L'espresso' che denunciava falle nei controlli notturni del più grande scalo italiano, Enac e Aeroporti di Roma hanno gettato acqua sul fuoco. Tutto a norma, ripetono. Standard europei rispettati, nessuna anomalia. Il direttore Vitaliano Turrà s'è promosso a pieni voti. Ha spiegato che  le immagini girate all'interno del Terminal 3 erano uno spettacolo normale per un'aerostazione internazionale della Ue.

Non si rilevavano lacune nella sorveglianza, nessun degrado, nessuno stato di abbandono. Tutto normale, come se porte rotte, aree riservate senza custodia, l'accesso a computer e nastri dei bagagli, quadri elettrici abbandonati, una vetrata affacciata sulla pista raggiungibile da chiunque, l'assenza di vigilanza perfino ai metal detector e un popolo notturno che bivaccava dappertutto fossero la prassi. Eppure non è andata così. Mentre il caso Fiumicino arrivava in Parlamento e alla Commissione europea, quegli stessi vertici di Enac e Adr, che in pubblico minimizzavano, hanno dato ordine di rimettere tutto a posto. In fretta e furia. Tanto che a una settimana dal primo viaggio notturno, siamo ritornati a Fiumicino per verificare. E l'aeroporto di Roma aveva già cambiato volto (GUARDA LE FOTO).

Non dev'essere una coincidenza se a mezzanotte le porte automatiche sono state chiuse. Puntuali, come recitano i cartelli appesi dappertutto. Anche le porte che, solo una settimana fa, rimanevano invece aperte a qualsiasi ora e senza vigilanza. Passeggeri e visitatori hanno potuto accedere dall'unico varco funzionante ventiquattr'ore, monitorato dalle telecamere interne. Sulle vie d'accesso alle partenze ecco le pattuglie di polizia e carabinieri. Auto ferme davanti ai terminal, agenti in servizio anche dentro lo scalo. Nessuna militarizzazione, niente a che fare con Tel Aviv e l'allarme rosso delle zone calde, cui proprio Adr aveva fatto riferimento. Semplici e doverosi controlli di routine. Lungo i corridoi, le terrazze, gli accessi alle barriere che portano verso i gate. Proprio per individuare eventuali comportamenti sospetti, magari a ridosso delle zone sterili. Oppure nell'area dei metal detector, oltre la quale un terrorista potrebbe teoricamente lasciare armi o esplosivo per tornare a riprenderli al mattino. Zone che avevamo violato e che adesso sono finalmente presidiate.

Militari in divisa, agenti privati, addetti alla sicurezza girano dappertutto. Al piano rialzato, su e giù dalle scale mobili. Fra mezzanotte e le tre li si incrocia una ventina di volte. Stavolta è impossibile aggirare i banchi dei check in, attivare i computer o il nastro bagagli senza incrociare, nel giro di pochi minuti, una ronda: "Mai vista tanta polizia da queste parti. E poi in questi giorni riunioni dopo riunioni", confida un addetto di Fiumicino in servizio a quell'ora. Parla con un altro. Fa un giro sotto. Poi torna a salire verso la Terrazza Roma. Il bar è aperto, come al solito. Quello che invece è chiuso, per la prima volta, sono gli uffici delle compagnie aeree. Gli stessi che rimanevano incustoditi la scorsa settimana, sono stati blindati: porte sbarrate, ingresso controllato da un badge informatico, codice d'accesso noto soltanto a chi lavora all'interno. Nemmeno al resto del personale. Adr aveva parlato di un'area aperta al pubblico e priva di rischi, ora pare che qualcuno abbia cambiato idea. Visto che tutta la zona, da cui si accede a una vetrata affacciata direttamente sulle piste, è stata resa inaccessibile.

Non è un caso isolato. Se n'è parlato durante le riunioni a Fiumicino di questi giorni, dopo il caso interno sollevato dalle immagini della nostra inchiesta cliccate sul Web. Come quegli uffici, anche i magazzini che rimanevano aperti e, dunque, accessibili a chiunque sono stati chiusi. I quadri elettrici senza protezioni adesso sono schermati. Dietro infissi con serratura. E ancora le banche dati e i server collegati alla Rete, a cui era possibile connettersi, sono stati messi sotto chiave. Sulla porta, chiusa, c'è un numero di telefono in vista per chi avesse bisogno di accedere proprio là per ragioni d'ufficio o per depositare qualcosa. "La verità è che i sistemi di controllo e le procedure esistono e, se applicate correttamente, sarebbero sufficienti a garantire un ottimo livello di sicurezza", spiega Flavio Sordi, ex pilota Alitalia ed esperto di sicurezza aerea: "Alla fine, però, quello che appare chiaro è che da una parte c'è un eccessivo accanimento nei confronti del passeggero in partenza, a cui segue invece una carenza generalizzata nel modo in cui le procedure di sicurezza vengono attuate all'aeroporto. Con modi, come si vede, un po' all'italiana". I barboni che popolavano il T3, ora dormono al piano di sotto, agli arrivi. Quasi tutti. Il Poeta e la signora Rosy ci sono. Altri sono spariti. Sopra s'è fatto ordine: "Ci hanno detto che dobbiamo camminare e non distenderci con i bagagli, almeno fino a una certa ora", racconta uno degli homeless veterani dello scalo. Giura di vivere lì da anni. Non ha mai fatto del male a nessuno, lui. "Ma a volte è successo, però. Sono volati anche schiaffi e pugni. È meglio per tutti se non succede più".

Così Fiumicino si risveglia nella normalità. Quasi irriconoscibile. Anche da dipendenti, ex piloti, steward e semplici viaggiatori giungono testimonianze. Gente che racconta più o meno la stessa storia. Chi con nome e cognome, chi in forma anonima, chi con foto e immagini. Porte fuori uso, zone rosse incontrollate, degrado si ritrovano in molte di queste segnalazioni. Per qualcuno sono esperienze quotidiane, per altri occasionali. Viaggi di primo mattino, proprio in partenza dal terminal 3, cominciati però senza quei controlli maniacali che già all'alba dovrebbero garantire invece la bonifica di tutte le aree esposte durante la notte, come hanno assicurato a Fiumicino.

Martedì prossimo Enac e Assoaeroporti saranno ascoltati al Senato. La commissione Trasporti ha disposto le audizioni sul caso ed è probabile che a Palazzo Madama riferiranno direttamente il presidente dell'Enac Vito Riggio e dell'Assoaeroporti Fabrizio Palenzona. Sarà quella la sede per gli approfondimenti istituzionali, come richiesto dal senatore del Pd Marco Filippi. Sicurezza, controlli ma anche immagine internazionale del più importante scalo del Mediterraneo. Su cui la polemica è aperta: "La vicenda dimostra la vulnerabilità degli impianti rispetto al rischio terrorismo alla vigilia dell'introduzione dei body scanner. È utile verificare la rispondenza degli standard di sorveglianza e decoro di tutta la filiera dei controlli aeroportuali", dice l'esponente del Pd. Attende di conoscere l'esito delle indagini avviate dal Viminale. E non è solo. Il fronte è bipartisan. Anche dalle file dei berlusconiani è partita un'interrogazione al ministro dell'Interno, Roberto Maroni. Si chiede di conoscere le ragioni che hanno portato a"situazioni anomale, quando in tutti gli scali europei sono stati intensificati i controlli per scongiurare il rischio che qualcuno possa nascondervi materiali pericolosi. A differenza di quello che si vede dalle immagini de 'L'espresso'", spiega il senatore Ferruccio Saro del Pdl. Immagini che mostrano lo scalo fra l'una e le tre del mattino violabile in molti punti. Un viaggio compiuto due volte, in notti differenti, ma sempre di fronte alla stessa scena. Non se n'è parlato solo in Italia. Se ne discuterà anche a Bruxelles. A sollecitare la Commissione europea è stata l'europarlamentare del Pd, Debora Serracchiani: "Il sistema di sicurezza è efficacie solo se globale", dice. E chiede a Josè Manuel Barroso di intervenire. Magari con un regolamento per l'applicazione comune degli standard di sicurezza. In tutti gli scali Schengen.

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