Politica
aprile, 2010

E' nata un'altra Fiat

Settore auto diviso dal resto. Integrazione con Chrysler. Produzione raddoppiata in Italia. E l'obiettivo di 6 milioni di vetture vendute. Ecco il piano di Marchionne per cambiare il gruppo

Sboccia a primavera, la Nuova Fiat. Al Lingotto di Torino, nelle giornate del 20 e del 21 aprile, Sergio Marchionne consolida il ruolo di plenipotenziario e promette di vendere 6 milioni di vetture nel 2014, mentre il giovane John Elkann, 35 anni da compiere, si siede sulla poltrona che fu del nonno Gianni e dello zio Umberto e che, dal 2004 a oggi, è stata occupata da Luca Cordero di Montezemolo. Prima con l'improvvisa conferenza stampa di martedì, con l'annuncio dell'addio alla presidenza di Montezemolo, e il giorno dopo al cospetto di analisti e giornalisti di mezzo mondo convocati per conoscere le strategie del gruppo da qui al 2014, la Fiat ha annunciato di voler essere sempre meno italo-brasiliana e sempre più globale. Anche se l'Italia resta importante: anche se Termini Imerese chiuderà, 26 dei circa 40 miliardi di investimenti previsti nel periodo sono destinati all'Italia. Dove la produzione tricolore dovrà passare dai 650 mila pezzi del 2009 a 1,4 milioni nel 2014. Il 65 per cento delle auto realizzate qui saranno destinate all'export e 350 mila voleranno negli Usa. In Europa, l'aumento di vendite in budget per il 2014 (1,25 milioni di veicoli) è del 64 per cento, con l'Alfa che dovrà sudare per salire a 350 mila unità. Ora cominceranno i tira-e-molla col sindacato per un modello da costruire qui, un turno da aggiungere o togliere là; i calcoli sui vantaggi e gli svantaggi della separazione tra il Fiat Group e i camion e i trattori (lo scorporo sarà concluso entro l'anno); illazioni e rumors sulle future alleanze industriali e forse azionarie. Ma la scommessa è lanciata: un esponente della famiglia Agnelli torna al vertice e il tandem Marchionne- Elkann alza l'asticella. Nel puzzle disegnato col “piano quinquennale” - così, in stile sovietico, è stato scherzosamente definito da Montezemolo durante il passo d'addio - le tessere che lo compongono dovranno essere un po' più simili, in quanto a dimensioni, di quanto non lo siano ora.

Per raggiungere quota 6 milioni - un clamoroso salto del 50 per cento rispetto al 2009 - la Fiat e l'alleata americana dovranno aumentare la propria presenza in paesi ad alta potenzialità di crescita (Cina, Russia, India). L'accordo con la Chrysler, ha detto Marchionne, "ci permette di raggiungere un'adeguata massa critica per ottenere grandi economie di scala, di aumentare i volumi associati alle singole piattaforme, di sfruttare ogni possibile sinergia e di estendere la nostra presenza geografica. Tutto ciò è la più chiara testimonianza che al pessimismo della ragione, che avrebbe indotto molti a rinunciare all'impresa, la Fiat ha messo avanti l'ottimismo della volontà". Una citazione gramsciana che forse ha fatto sorridere i duri della Fiom. Ai quali, invece, non avrà fatto piacere scoprire una nuova sigla, Bcc. Sta per Best cost countries e vuol dire che una delle linee guida si basa sulla volontà di accrescere la percentuale di componenti realizzati nei paesi dove costano meno. Due uffici Bcc sono stati aperti a Shanghai e in India. Nel periodo 2010- 2014, il gruppo prevede di risparmiare 2,9 miliardi, sul fronte degli acquisti, e oltre un miliardo di risparmi sarà ottenuto grazie alle sinergie con la Chrysler. Il piano industriale svelato al Lingotto dice che entro il 2014 saranno lanciati ben 34 modelli nuovi e ne saranno rinnovati 17: due terzi proverranno dai marchi Fiat, il resto dai brand americani. Lancia e Chrysler saranno totalmente integrate e su ogni singola piattaforma del gruppo saranno costruiti molti più modelli. Ogni architettura, così la chiamano i tecnici, nel 2014 avrà 7,6 modelli e ciascuna dovrà viaggiare al ritmo di 800 mila pezzi l'anno. Marchionne vuole che il gruppo conti di più nel segmento C, quello della Bravo, la cui nuova versione sarà pronta nel 2013, come la nuova citycar, che si collocherà sotto la Panda. I monovolume a 5 e 7 posti debutteranno prima, nel 2012. Festa carioca, lacrime asiatiche Il Brasile si è confermata la roccaforte del gruppo, che nel 2009 ha venduto 737 mila vetture su un mercato di oltre 3 milioni di auto.

L'obbiettivo è di superare il milione di vendite nel 2014, quando il mercato sarà oltre i 4 milioni. Un balzo da 62 mila a 100 mila macchine è programmato negli altri paesi dell'America latina. Marchionne non ha dimenticato di sottolineare gli obiettivi non raggiunti. Alfa e Lancia avrebbero dovuto vendere 300 mila macchine a testa, quest'anno, e invece sono rimaste lontanissime dal traguardo: nel 2009 entrambe hanno superato di poco le 100 mila unità. A livello geografico, le delusioni sono arrivate da Cina, Russia (11 mila contro 130 mila), Turchia (84 mila contro 150 mila), India (22 mila contro 70 mila). Lusso e motori Dopo un 2010 che si annuncia difficile, Ferrari e Maserati devono ingranare la sesta e dovranno arrivare nel 2010 a fatturare poco meno di 4 miliardi di euro, quasi il doppio rispetto al 2009, incrementando la redditività operativa. Come? Ampliando la gamma per raggiungere nuovi clienti, con il lancio di una nuova vettura all'anno. E se la produzione della Ferrari rimarrà stabile, quella della Maserati dovrà aumentare, anche perché la marca del tridente entrerà nel segmento E, presidiato oggi dai marchi tedeschi premium. Sopra i 10 miliardi di ricavi, con attese di margini operativi tra 6,6 e 7,4 miliardi già nel 2013, è invece proiettata Fiat PowerTechnologies, che sviluppa e costruisce motori e cambi ed è all'opera per realizzare un nuovo turbo a Gpl e declinato anche in modalità ibrida: piacerà molto agli ambientalisti, visto che promette inizialmente emissioni di 80 grammi al chilometro di C02. Il sindacato-socio In America si parla di gruppo Fiat-Chrysler ma spesso si dimentica che, sull'onda del salvataggio da parte del governo americano, il 55 per cento delle azioni della terza casa di Detroit è nelle mani della Uaw, la United auto workers, la potente organizzazione dei lavoratori dell'auto alle prese con un continuo calo di iscritti: nel 2010 i tesserati della Uaw sono scesi del 18 per cento, assestandosi a quota 355 mila, uno dei livelli più bassi di sempre. Il pacchetto azionario della Uaw è gestito dal fondo pensioni Veba, che nel consiglio d'amministrazione della Chrysler ha spedito James Blanchard, un politico che è stato governatore del Michigan, lo stato-simbolo delle quattro ruote yankee.

L'inusuale presenza del sindacato nel capitale di un grande gruppo non preoccupa gli analisti finanziari americani specializzati sull'auto, i quali sono convinti che, al di là delle dichiarazioni ufficiali, il sindacato sia abbastanza allineato con le posizioni di Marchionne. Anche se qualcuno s'interroga sulle effettive potenzialità taumaturgiche rappresentate dal futuro arrivo di modelli di vetture di piccola taglia, che finora non sembrano piacere troppo al pubblico statunitense. Che li riscopre soltanto quando s'impenna il prezzo della benzina. La squadra Il gruppo Fiat-Chrysler è un po' come una formazione calcistica messa insieme, all'oratorio, dal più grandicello, che è anche decisamente il più bravo e pure il proprietario del pallone. Li sceglie tutti inesosarabilmente lui, quelli che devono giocare al suo fianco, dando l'impressione che, volendo, le partite potrebbe anche disputarle da solo. Di fatto, non c'è un vero e prorio numero due, nella prima linea dei top-manager che rispondono a Marchionne, anche se una spanna sopra gli altri si stagliano Harald Wester, Alfredo Altavilla e Stefan Ketter. Il primo, tedesco, è nel gruppo dal 2004 dopo un passato in Volkswagen, Audi e Ferrari: amministratore delegato di Abarth, Alfa Romeo e Maserati, Wester è il responsabile dell'area tecnica; tra i suoi compiti, uno dei più gravosi è quello di coordinare i progetti da cui nasceranno tutti i futuri modelli Fiat e Chrysler, oltre che di armonizzare quelli che già esistono.

Il pugliese Altavilla è il numero uno operativo di Fiat Powertrain Technologie, la società che inventa e costruisce i motori; in coppia con Marchionne, è stato fondamentale per convincere Barack Obama della bontà dei propulsori italiani, i cui bassi consumi sono stati decisivi per ottenere il via libera dell'amministrazione Usa all'accordo con la Chrysler. Ha sempre lavorato in Fiat (dal 1990), piace ai sindacati, che lo considerano "uno davvero capace" e fu in prima fila nelle trattative con la General Motors, nel 2002. L'altro tedesco del vertice (anche si di origine brasiliana), è un arcigno uomo di fabbrica. Da capo del cosiddetto settore manifacturing è toccata all'ingegner Ketter (che si è fatto le ossa in Volkswagen e Bmw) la rivisitazione produttiva della Chrysler: ha già messo alla frusta le fabbriche americane per migliorarne la produttività. Alle spalle del terzetto si collocano Daniele Chiari, uno dei nuovi acquisti, alle prese con l'adeguamento dei motori Fiat ai veicoli Chrysler e viceversa, e Gianni Coda, l'amministratore delegato della società - Fiat Group Purchasing - incaricata degli acquisti di tutte le società del gruppo. Tra i dirigenti d'alto bordo, Coda rappresenta la vecchia guardia, visto che è alla Fiat dal lontano 1979. Tra i nomi nuovi spiccano quelli di due donne: Silvia Vernetti (a capo del business develpoment) e Laura Soave, Madame Cinquecento: in qualità di responsabile del marchio Fiat nell'America del Nord, graverà sulle sue spalle il peso del lancio della citycar negli Stati Uniti, in Canada e in Messico.

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