La sintonia di questo film con l'attualità era imprevedibile". Ma la fortuna ha aiutato l'audace produttore cinematografico Domenico Procacci e il debutto in sala di "Qualunquemente" coincide con le nuove vicissitudini giudiziarie di un uomo politico che, come il personaggio di Antonio Albanese, ama stare con le giovani ed aiutarle anche economicamente. Spessamente. L'Imitatio Silvii di Cetto Laqualunque è incominciata a novembre, con i primi manifesti del Partito du Pilu affissi a Roma e a Milano. La campagna si è conclusa nel fine settimana del 15-16 gennaio con i gazebo nelle piazze di cinque città italiane. Davanti ai gazebo giovani bisognose di aiuto hanno distribuito gadget ai passanti con il sottofondo degli slogan laqualunquisti.
Procacci (Bari 1960) è il fondatore della casa di produzione e distribuzione Fandango, nata nel 1989. Fandango ha debuttato nel 1990 con "La stazione" di Sergio Rubini. Le sue attività collaterali contemplano due case editrici (Fandango libri e Coconino), il Politecnico Fandango, che è una piccola sala cinematografica da 90 posti a Roma, e un caffè letterario Fandango anch'esso in via dei Prefetti, vicino al Parlamento. Ha prodotto, fra gli altri, "Radiofreccia", "L'imbalsamatore", "Le conseguenze dell'amore", "Fascisti su Marte" e "Gomorra". In arrivo "Habemus papam" di Nanni Moretti, che dovrebbe andare al Festival di Cannes.
"Qualunquemente", sottolinea Procacci, "è il mio primo film comico con un comico protagonista".
Lei ha pregiudizi verso i film comici?
"Per nulla. Il cinepanettone di Natale non lo farei, ma non per evitare il pubblico ampio. La nostra linea editoriale è incontrare un pubblico ampio con prodotti di qualità. Posso citare i film di Gabriele Muccino, che per me sono prodotti di qualità, oppure "Gomorra" di Matteo Garrone che, in partenza, era un prodotto da festival, dove non si capisce una parola, con i sottotitoli in italiano, cinque storie intrecciate e un finale drammatico. La scommessa è quella. "Qualunquemente" mi attirava anche per la sua valenza politica".
Il film è distribuito da 01 di Raicinema, ma lei lavora anche con Medusa del gruppo Fininvest che distribuisce la "Versione di Barney", coprodotto da Fandango. Medusa avrebbe distribuito "Qualunquemente"?
"A me hanno detto di sì e ci credo. Medusa lavora in base a una logica del profitto e non ho mai avuto forme di pressione politica da loro. Forse la Rai, che è il distributore con il quale lavoriamo di più, è più sensibile al momento politico, ma neanche lì ho avuto pressioni clientelari. Il nostro obiettivo è essere dentro il sistema, non ai margini. Però abbastanza forti da non compromettere la nostra linea".
Perché non distribuite in proprio?
"Possiamo farlo raramente per i nostri film. Se il progetto ha necessità economiche alte, la prevendita dei diritti tv è fondamentale. Con le due major, Mediaset e Rai, il pacchetto comprende la vendita dei diritti televisivi. Se non distribuiscono loro, non comprano il film per i passaggi in tv. In più, è chiaro che Medusa ha una forza nei confronti degli esercenti che una casa indipendente non ha, perché Medusa può dare alle sale una continuità che noi non garantiamo".
Perché hanno successo i film comici, inclusi i meno pecorecci? È il ritorno della leggerezza predicata da Italo Calvino?
"Un po' è la necessità, soprattutto del pubblico ma anche degli autori, di scrollarsi di dosso la cupezza del momento politico e sociale. Però se ci basiamo solo su quello che il pubblico ci chiede, nei prossimi anni il cinema italiano avrà solo commedie, più pochi autori costruiti negli anni. Parlo dei Bertolucci, Bellocchio, Amelio, Moretti o di Garrone e Sorrentino. Quando la loro vena si sarà esaurita, non ci sarà altro perché non abbiamo fatto crescere nessuno. Un produttore di automobili deve fare le macchine di serie e deve progettare i prototipi. Cioè deve investire in ricerca nella speranza di creare una domanda che ancora sul mercato non c'è. Io non posso finanziare sul mercato qualcosa che il mercato non conosce".
Non spetta allo Stato aiutare questo tipo di ricerca? E se lo Stato non ha soldi?
"Su questo c'è tanta demagogia. La questione viene posta nei termini seguenti: meglio che funzionino gli ospedali o meglio dare soldi al cinema? Così è chiaro che la risposta è obbligata. Ma il finanziamento alle attività culturali è una prassi nel mondo. Non è prassi che cinema e cultura siano oggetto di una campagna mediatica ostile, come in Italia, e non da una sola parte politica. Io non avrei fatto "Caos calmo" e "Gomorra" senza finanziamenti pubblici, ma sono soldi che abbiamo restituito al 100 per cento. Però da noi guadagni consensi se dici: fannulloni, andate a lavorare".
Il film record di Zalone, "Che bella giornata", è stato distribuito da Medusa con 900 copie su circa 3 mila sale in tutta Italia, più o meno una su tre. A Milano o a Roma, si possono scegliere altre pellicole. A Campobasso o ad Agrigento, o vedi Zalone o te ne stai a casa. Poi magari il film è bellissimo, ma non le pare una questione da Antitrust?
"L'Antitrust funziona su un tetto del 25 per cento dell'intera filiera e non sul segmento. Se ragioniamo sulla sola distribuzione, condivido l'osservazione. Aggiungo che in provincia non hai alternative né come spettatore, né come produttore. L'Antitrust dovrebbe servire a rendere civile il mercato che oggi è selvaggio, non ha regole ed è dominato da pochi giocatori".
Se rinasce produttore e può scegliere il posto, dove nasce? Non a Bari, vero?
"Qualche anno fa avrei detto Londra. Oggi dico a Parigi".
Cultura
20 gennaio, 2011Primo weekend nelle sale e subito primo posto al botteghino: «In un momento così cupo per il Paese, la gente ha voglia di ridere sulla politica. Ecco perché sbanchiamo». Parla Domenico Procacci, produttore di "Qualunquemente"
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